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OSSERVATORIO AGICI – L’utility del futuro pone al centro il territorio e il cliente

OSSERVATORIO AGICI – Il settore energetico sta vivendo cambiamenti epocali e impone alle utility una profonda revisione delle strategie tradizionali recuperando il rapporto con il territorio e dando centralità al cliente – Tre le direttrici di fondo – L’orizzonte delle aggregazioni e dell’internazionalizzazione e il banco di prova delle Città Metropolitane

Il settore energetico è investito da mutamenti epocali e pervasivi in tutte le fasi della filiera. Le imprese devono gestire intensi processi di cambiamento avendo ben presente che o cavalcano il trasformazione o si candidano alla sparizione. In Europa le fonti fossili sono in crisi: nel 2014 l’80% della capacità addizionale è rinnovabile, mentre il ruolo dei grandi impianti è sempre più marginale. Il vecchio modello di generazione distribuzione consumo è stato affiancato da uno nuovo. In Italia ben 31 GW (oltre il 50% della domanda di picco) sono allacciati alle reti locali; in Germania questo valore sale a 71 GW (85% del picco). La dinamica di cui sopra sta influenzando anche le reti elettriche, con la crescente rilevanza del ruolo delle local grid.

Anche sul fronte dei consumi sfide e problemi non sono pochi. La contrazione della domanda di elettricità e gas dopo il 2008 è stata forte e nel gas si è addirittura accentuata nel 2014. La possibilità di ripresa è improbabile: in Europa il consensus è su un progres¬sivo calo fino al 2035 anche perché si diffondono efficienza energetica e stili di consumo responsabili. Si afferma poi la figura del prosumer (produttore e consumatore assieme) sia a livello individuale sia collettivo (es. SEU): in Italia oltre il 10% dell’elettricità consumata è autoprodotta in loco ma il dato potrebbe crescere di molto. 

Continua poi la discesa dei prezzi di elettricità e gas; nascono sistemi di accumulo non convenzionali (come le batterie, ma non solo), nuovi trader molto aggressivi entrano nella vendita di gas ed elettricità, cresce il “nazionalismo energetico” con politiche che puntano sempre più alla autosufficienza.

Questi sono solo alcuni dei punti del cambiamento che impongono alle imprese e al policy maker serie riflessioni strategiche. A rompere il ghiaccio è stata E.On che, con il piano annunciato i primi di dicembre 2014, si propone di separare nettamente, creando una nuova azienda, quello che loro chiamano il “Mondo tradizionale” dal “Mondo nuovo” per poi cedere il “Mondo tradizionale”. Ma tutte le aziende del settore stanno rivedendo i piani di sviluppo focalizzando gli investimenti su rinnovabili, reti e servizi al cliente, oltre che nei paesi con più elevati potenziali. La Rivista Management delle Utilities e delle Infrastrutture (vedi: www.rivista-utilities.com) seguendo i nuovi piani delle imprese; nello scorso numero abbiamo esaminato quello de Hera e di E.On; nel prossimo quelli di Enel, Terna, Eni e Snam il poker delle aziende energetiche di Stato.

L’IMPATTO SULLE AZIENDE

Le dinamiche accennate hanno impattato su conti economici e stati patrimoniali dei principali player del settore. Non in egual misura, però: sulle performance incidono dimensione, presenza internazionale, posi¬zionamento sulla filiera, mix tecnologico e settore di attività. Ad esempio, nel 2014 i 42 grandi gruppi energetici pan-europei analizzati dall’Osservatorio reggono grazie al portafoglio tecnologico e geogra¬fico diversificato. Ricavi e redditività, rispetto al 2013, rimangono immutati su livelli piuttosto elevati (ROS medio 15%) ma sono molto inferiori rispetto agli anni pre-crisi. Le previsioni al 2016 vedono continuare una situazione di stabilità. 

Sono i mid-sized players focalizzati sull’energia, invece, a scontrarsi con una situazione di grave, in particolare quelli focalizzati su un singolo paese e con una forte presenza nella generazione a gas. La redditività complessiva di un campione rappresentativo dei principali player italiani è in costante declino dal 2008. I trader indipendenti analizzati nel rapporto appaiono fragili patrimonialmente ma accrescono molto i ricavi: per i primi 4 player italiani l’aumento è del 400% nel periodo 2008-2013; per il 2014 è prevista ancora una forte crescita. La redditività è piuttosto bassa ma è compensata dai grandi volumi di energia intermediata. 

Ancora, il rapporto 2015 dell’Osservatorio evidenzia come ricavi e utili delle multi-utility italiane nel 2014 siano allineati rispetto all’anno pre¬cedente anche se inferiori al 2008; le stime al 2016 sono convergenti nel ritenere che questa situazione di stagnazione proseguirà. Va evidenziato che senza la presenza di business regolati, come l’idrico, rifiuti o le reti di distribuzione, la situazione sarebbe in vari casi ben peggiore. Un’ulteriore criticità per questi soggetti risiede nell’elevato indebitamento. 

QUALI STRATEGIE PER BATTERE LA CRISI?

Per gli operatori dell’energia non si rileva, vista anche la complessità della situazione, una strategia univoca per fronteggiare i profondi cambiamenti in atto. In ogni caso, vi sono tre direttici di fondo:

1) Razionalizzazione delle attività esistenti. Molte aziende puntano a massimizzare l’efficienza anche attraverso sinergie tra i diversi business e mercati. Molti player stanno modificando la struttura organizzativa, alleggerendo le holding e introducendo gestioni ottimizzate o standardizzata degli asset e dei processi anche in una ottica di flessibilità. Razionalizzare significa anche selezionare i settori in cui operare e cedere quelli ove non si è in grado di raggiungere livelli di eccellenza. In questo quadro si innestano azioni con anche un contento simbolico, come la chiusura di 23 centrali elettriche da parte di Enel (ovvero la loro conversione ad altro), a cui probabilmente ne seguiranno altre da parte di altri operatori (ad esempio, A2A ci sta pensando).

2) Reindirizzo delle attività esistenti allo scopo di rispondere meglio alla domanda. Soprattutto ove vi è concorrenza, come nell’elettrico e nel gas, appare sempre più rilevante soddisfare la domanda con nuovi o migliori servizi. Fondamentale è la centralità del cliente: la soddisfazione dei consumatori, che anche per i processi di digitalizzazione diventano sempre più esigenti, e alla base della customer retention e dell’allargamento della clientela. L’estensione dell’offering costituisce una strada già battuta e che, se ben strutturata, da sicure soddisfazioni. Anche il customer engagement, rilevante in altri settori, sta diventando fondamentale per le utilities.  

3) Infine, puntare allo sviluppo di nuove attività sinergiche come i servizi di efficienza energetica, la mobilità elettrica e ad idrogeno o lo sviluppo del teleriscaldamento “senza combustibile”. I gruppi maggiori, anche a livello internazionale, perseguono il sentiero della diversificazione sinergica sia attraverso accordi di cooperazione (come ad esempio con Siemens o con GE che appaiono molto attive nel comparto) oppure attraverso acquisizioni spesso di aziende piccole ma portatrici di interessanti prodotti innovativi tipicamente per il web, ma non solo. 

Insomma, l’innovazione gestionale e tecnologica appare a tutti i livelli una strada che le migliori aziende stanno percorrendo: si pensi ai Virtual Power Plant, per mettere a sistema come una unica centrale elettrica impianti non programmabili; ai sistemi informatici per le previsioni meteo allo scopo di meglio gestire le rinnovabili non programmabili; le smart grid, per meglio gestire i carichi di rete e i flussi bidirezionali tra produttori e consumatori. 

Rilevanti sono ancora le possibilità in Italia, ma pure in Europa, di realizzare crescite attraverso aggregazioni tra imprese omogenee per sfruttare le relative economie di scala. Non sembra però probabile in questa fase storica che si sviluppino mega mergers, cioè aggregazioni tra grandi, mentre è verosimile che si assista a progressivi assorbimenti di imprese minori da parte di grandi operatori.Lo sviluppo internazionale è anche una strada di sicuro interesse, anche se non priva di complessità. Ma certamente è percorribile solo (con pochissime eccezioni) per i gruppi maggiori. Enel, ad esempio, sta progressivamente sbilanciando il proprio impegno sull’estero dove, come detto, si hanno i più significativi potenziali di crescita. Vi anche l’opportunità di valorizzare tecnologie e competenze delle imprese italiane, come è avvenuto ad esempio nelle rinnovabili ove molti operatori anche non grandi si sono espansi nei paesi in via di sviluppo o negli Stati Uniti. 

Le strategie sono poi fortemente condizionate dalle situazioni finanziarie. Spesso le aziende in esame hanno robusti indebitamenti che spingono alle accennate razionalizzazioni; se è pur vero che i tassi oggi sono molto bassi è anche probabile che prima di procedere ad importanti processi di crescita molte aziende debbano riassestare gli equilibri economici e patrimoniali. Cogliendo questa situazione, si rileva l’ingresso nel settore energetico a vele spiegate degli investitori istituzionali (ad esempio: assicurazioni, fondi infrastrutturali e sovrani, fondi pensione) che si spingono non solo all’acquisto di business regolati o quasi-regolati (tipicamente le reti di trasporto e di distribuzione oltre che le rinnovabili) ma anche dei business liberi. Esempio eclatante e primo in assoluto è di fine dicembre 2014 con Macquire che ha acquistato la divisione Iberica di E.On. per 2,5 miliardi di euro. Insomma, i fronti sono ampi e articolati e qui ne abbiamo ricordati solo alcuni dei molti discussi nei rapporti dell’Osservatorio.

STRATEGIE, NUOVI BISOGNI DEI TERRITORI E CITTA’ METROPOLITANE

Nel riassetto strategico, secondo molti, e noi siamo tra questi, è importante recuperare il senso del rapporto tra utility e territorio, senso che ne legittimò la nascita nei primi anni del ‘900. Il territorio va visto come asset fondamentale e leva strategica. La relazione con gli stakeholder locali va rafforzata con un approccio strutturato e inclusivo, in modo da offrire adeguato ascolto alle istanze del cliente-cittadino, le quali devono essere messe al centro dell’azione strategica. In questo quadro importante è anche il contributo che l’utility può dare allo sviluppo economico e sociale dei territori in una prospettiva di incremento delle loro attrattività da tutti i punti di vista possibili: ambientale, sociale, economica, produttiva, ecc.

Ad esempio, rispetto ai nuovi possibili servizi, l’utility come gestore di infrastrutture, può essere soggetto abilitante della smart city agevolando e coordinando altri attori idonei a sviluppare applicazioni innovative. Nel fare ciò, non bisogna perdere di vista il focus sulle attività tradizionali in un’ottica di eccellenza, implementando rapidamente e efficacemente nuove soluzioni e tecnologie. Insomma, fondamentale è ricercare un equilibrio dinamico tra bisogni attuali e prospettici del territorio, economicità e cambiamento tecnologico. 

La Città metropolitana rappresenta banco di prova della capacità del sistema di cambiare e di contribuire al progresso. Ai confini geografici più ampi deve corrispondere una crescita dimensionale degli operatori, una capacità di guardare al futuro e di garantire anche l’efficienza operativa. Anche in questo senso vanno fatte aggregazioni che abbiano senso industriale, che generino economie di scala, che creino sinergie, che consentano la gestione dei servizi ad un minor costo. L’execution risk non è trascurabile: alcuni soggetti, a tal proposito, devono ancora rendere pienamente effettive le integrazioni passate.

In sintesi, attenzione al territorio e progetti industriali seri (anche di aggre¬gazione) sono una chiave strategica per fronteggiare con successo la crisi e l’aumento della competizione. In questo senso vale il concetto di “back to basics”: tornare alle origini per trovare un nuovo slancio per lo sviluppo. Gli sforzi saranno però vani senza un’adeguata cornice legislativa, che abbia regole definite, semplificate, stabili.

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