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Mercati emergenti, la crisi non colpisce l’Est Europa

Per Suma Chackrabarti, presidente della Bers, i Paesi dell’Est sono al riparo – Gli investitori scommettono sulla ripresa dell’Ovest, che tornerà a comprare beni prodotti dall’Est Europa, trainato dall’export – Dubbi sulla capacità di queste economie di trattenere i capitali: la crescita è bassa e la disoccupazione alta

Mercati emergenti, la crisi non colpisce l’Est Europa

A est dei balcani, la tempesta che ha investito i Paesi emergenti non è arrivata. Parola di Sir Suma Chackrabarti, presidente della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo. Intervistato dal Sole 24 Ore, Chackrabarti ha enumerato una serie di ragioni: “anzi tutto a causa del contagio della crisi dell’euro, questi stati non erano mai diventati la destinazione di portafoglio del’enorme flusso di capitali ora influenzati dalla svolta della Fed. Inoltre, quasi tutti questi Paesi hanno fatto un buon lavoro nel risistemare i conti pubblici”.

In realtà, il dibattito sull’est Europa che non subisce la crisi degli emergenti, ma semmai ne approfitta, tiene banco da tempo, seppur non (ancora) pienamente suffragato dagli indici di Borsa. All’argomento, il Wall Street Journal aveva dedicato qualche settimana fa un ampio approfondimento,

I mercati azionari dell’Europa centro orientale sono cresciuti del 1,2 per cento negli ultimi tre mesi (cifra che sale a 2,3, se si escludono le imprese russe, colpite dal crollo del prezzo delle materie prime), contro il calo di 7 punti e mezzo degli emergenti, stando ai dati Morgan Stanley.

Mentre i mercati asiatici e sud americani non soddisfano, gli investitori stanno cominciando a puntare sul fiorino ungherese e sui titoli bancari della Repubblica Ceca. Scommettono sulla ripresa dell’Europa occidentale, che dopo un anno e mezzo di lunga recessione dovrebbe tornare a comprare automobili, elettrodomestici e altri beni prodotti nell’est del continente.

“L’Europa centro orientale è diventata un rifugio relativamente sicuro all’interno dei mercati emergenti”, ha dichiarato al Wall Street Journal Javier Corominas, capo delle ricerche economiche presso Record Currency Management Ltd, che nel secondo quadrimestre ha investito in fiorino ungherese e zloty polacco.

Secondo Corominas, l’Ungheria è un terreno fertile, in cui le esportazioni superano le importazioni. In realtà, anche se l’eurozona sembra uscire dalla recessione, la crescita nella regione e nelle zone limitrofe resta bassa, mentre la disoccupazione è sempre alta. L’Ocse si aspetta che l’economia della Polonia, quest’anno, cresca di meno di un punto percentuale.

Forse l’est Europa non è abbastanza in salute per trattenere gli investitori, soprattutto con la stretta monetaria della Federal Reserve. E la possibilità di un’altra fiammata nella crisi del debito potrebbe destabilizzare anche i mercati emergenti della regione.

Al momento, le esportazioni stanno trainando l’Europa orientale. L’Ungheria ha avuto un surplus della bilancia commerciale di 3,68 miliardi di euro nella prima metà dell’anno. A giugno Varsavia ha riportato un surplus di 574 milioni di euro, contro un deficit di 1,09 miliardi dell’anno precedente.

Stando alle statistiche pubblicate lunedì, le vendite al dettaglio della Polonia a luglio sono cresciute del 4,3 per cento rispetto allo stesso mese dello scorso anno, superando le attese. L’economia ceca è ripartita dopo 18 mesi di recessione quando il suo Pil è aumentato dello 0,7 per cento tra aprile e giugno rispetto al quadrimestre precedente.

Da maggio, gli investitori hanno puntato 230 milioni di dollari in fondi che acquistano principalmente titoli polacchi.

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