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Londra 2012, storie a cinque cerchi: dalle favelas alle Olimpiadi, la favola di 5 atleti brasiliani

Campioni nello sport, ma ancor di più nella vita: sono i tanti atleti brasiliani che dopo una vita di difficoltà hanno trovato nello sport una forma di riscatto sociale – E oggi sono i portabandiera verdeoro alle Olimpiadi di Londra 2012 – Aspettando di ricevere gli applausi del pubblico di casa a Rio 2016.

Londra 2012, storie a cinque cerchi: dalle favelas alle Olimpiadi, la favola di 5 atleti brasiliani

Dalle favelas ai Giochi olimpici di Londra: è il filo rosso che unisce molti atleti brasiliani. Nati e cresciuti in situazioni di grande disagio sociale, la vita ha riservato loro durissime sfide da affrontare: e anche se a Londra dovessero rimanere a bocca asciutta, la loro personale medaglia d´oro l´hanno già conquistata.

Come Davide Kleberson, di 27 anni, che da ragazzino lavorava nei campi alla periferia di San Paolo raccogliendo arance insieme alla madre e ai fratelli. Oggi è sponsorizzato dalla Nike e dalla Oakley ed è considerato uno degli atleti brasiliani più promettenti: nel suo palmares vanta già due medaglie d´argento conquistate ai giochi Panamericani del 2007 e del 2011.   

“All´inizio, allenandomi, guadagnavo 50 reais al mese (circa 20 euro, Ndr) – racconta – Lavoravo tutto il mese e arrivavo a casa con 50 reais, soldi con cui non ci facevamo nulla. Oggi il mio successo e le mie conquiste le devo a mia madre che mi ha sempre incentivato nonostante tutte le difficoltà. All´epoca non avevo i soldi per comprare niente, nemmeno una maglietta. Oggi la mia realtà è completamente diversa, ho una casa, una macchina, grazie alla dedizione di tutti questi anni”.

La stessa dedizione di Rubens Valeriano, 32 anni, dello stato del Minas Gerais, l´unico ciclista di mountain bike brasiliano qualificatosi per Londra 2012. Fino al 2001 faceva il muratore per sopravvivere e pagarsi i pezzi di ricambio della bicicletta: “Lavoravo in cantiere e con i soldi guadagnati mi pagavo l´iscrizione alle competizioni – spiega – Per alcuni anni ho conciliato il lavoro con gli allenamenti e le gare, fino a quando non sono più riuscito a fare tutto. Ho dovuto scegliere tra il lavoro e il ciclismo e ho scelto lo sport”.

Una scelta vincente. La stessa compiuta da Mauro Vinicius da Silva, 26 anni. Un´adolescenza passata tra mille difficoltà a Presidente Prudente, piccola città nello stato di San Paolo, fino alla svolta sportiva e ad una carriera di successo. A 16 anni, dopo aver abbandonato il sogno di giocare a calcio, cominciò a svolgere vari lavori: dal portiere di condominio all´imballatore in un supermercato, fino alla consegna a domilio di medicine di una farmacia. “Consegnavo i medicinali a bordo di una bicicletta – ricorda – faceva un caldo infernale e usavo dei pantaloni scuri, pedalavo molto, non era facile”.

Fino ad un anno fa era praticamente uno sconosciuto. Poi a Instanbul ha vinto l´oro nei campionati mondiali indoor nel salto in lungo con 8,23m. L´obiettivo per Londra è arrivare a 8,50m e entrare nella storia dei giochi olimpici. Per rimanere in forma (nonostante l´altezza di 1,83m pesa solo 69kg) conduce una dieta piuttosto particolare per un atleta, soprattutto se brasiliano: il suo piatto preferito infatti sono gli spaghetti al pomodoro con i wurstel tagliati a cubetti.

Chi cerca il bis olimpico a Londra, dopo l´oro di Atene 2004, è invece Sérgio Dutra Santos, meglio conosciuto come Serginho, libero della seleção di volley. Nato a Diamante do Norte, piccolo municipio nello stato meridionale del Paranà, da ragazzo si rifiutò di diventare uno spacciatore, una “carriera” di facile accesso per chi nasce in situazioni di degrado sociale. Invece cominciò a giocare a pallavolo, ma alla metà degli anni ´90 la squadra per cui giocava fallì e Serginho si ritrovò a fare lavori di fortuna, come vendere candeggina e mettere la carta da parati. La fortuna girò dalla sua parte quando la Federazione Internazionale di Volley inventò la posizione di libero. Improvvisamente molte squadre si ritrovarono senza giocatori adatti a quel ruolo e Serginho potè fare il suo rientro in campo.

Nella delegazione brasiliana non mancano nemmeno belle storie in rosa, come quella della ventenne Rafaela Lopes Silva. Lottatrice di judo, cresciuta nella Città di Dio, una delle favelas più famigerate di Rio de Janeiro, nel 2011 ha vinto l´argento ai campionati mondiali. Imparò a lottare per strada, quando era ancora una bambina, durante le liti con i coetanei vicini di casa. Poi Geraldo Bernandes, il suo allenatore, le insegnò a trasformare la rabbia in medaglia: “Le feci capire che poteva incanalare la sua energia nel judo. Nel judo non é importante quante volte cadi, ma quante volte ti rialzi”. Oggi Rafaela è uno degli oltre 4.000 sportivi brasiliani che riceve dal governo la Bolsa Atleta, un contributo economico, che oscilla tra i 100 e i 1.000 euro mensili a seconda dei risultati ottenuti, per sostenere gli atleti più promettenti del Paese: nel 2012 il ministero dello Sport ha stanziato 60milioni di reais (circa 20 milioni di euro). Soldi che, uniti alla forza di volontà e alla passione per lo sport, permettono di scrivere straordinarie storie di successo.

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