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Le Borse e l’high tech rimbalzano: un tweet di Savona infiamma la Consob

Tutti in ripresa i listini azionari, con Milano la miglior Borsa d’Europa – Respira il Nasdaq – A Piazza Affari i titoli più acquistati sono Tim, Enel e Amplifon – Vendite su Saipem, Eni e Stellantis – Savona, accusato di non decidere su Generali, replica duramente contro “la vecchia Consob mi tiene in scacco”

Le Borse e l’high tech rimbalzano: un tweet di Savona infiamma la Consob

l rimbalzo dei titoli tech, favoriti dalle mosse espansive della banca centrale cinese, da Hong Kong (+3,42) a New York (dove il Nasdaq rialza la testa in avvio, +1,6%) incoraggia i tentennanti indici europei, che chiudono in moderato progresso, con l’eccezione di Londra -0,9%.

Piazza Affari si apprezza dello 0,73% a 27.570 punti, grazie alle utility e a Telecom, che ritrova il segno più dopo le perdite delle scorse sedute. Si conferma vivace Generali, mentre si accende lo scontro sulla Consob, arbitro della partita finanziaria più importante degli ultimi anni.

Nel resto d’Europa Francoforte sale dello 0,64%, insieme a Madrid +0,46%, Amsterdam +0,74% e Parigi +0,3%.

PIAZZA AFFARI, RIFLETTORI SU CONSOB E GENERALI

In Piazza Affari tornano dunque gli acquisti su Telecom, +3,34%, dopo le recenti perdite. In spolvero le utility a partire da Enel, +2,82% mentre il governo si appresta a varare misure per affrontare i rincari dell’energia e calmierare le bollette.

In evidenza A2a +2,18%; Hera +1,68%; Terna +1,88%.

Buzzi sale dell’1,88%, con Morgan Stanley che ha alzato il target a 23,5 da 23,2 euro. 

Le prese di beneficio pesano sui titoli petroliferi, reduci da una serie di sedute in rialzo. Saipem -1,32%; Eni -0,97%. In calo l’automotive con Pirelli -1,1% e Stellantis -1,03%.

Trascurata Atlantia, -0,2%, dopo la presentazione dei conti.

Moderatamente positivi i titoli finanziari, tra i quali resta sotto i riflettori Generali +0,83%, dove si sta giocando un’importante partita per il controllo tra l’attuale board e gli azionisti riuniti in un patto di consultazione, cioè Caltagirone, Del Vecchio e Fondazione Crt. La sfida chiama in causa la Consob, anche a seguito di una serie di quesiti posti dallo stesso Caltagirone, cui l’autorità non ha ancora risposto. Nei giorni scorsi il Foglio ha aperto il fronte con un articolo dal titolo “Non solo Generali. Così Savona tiene in ostaggio la Consob”.

E oggi il presidente della Consob, Paolo Savona, in un messaggio su Twitter, riversa la questione sugli organi dell’autorità che presiede: ”Non avendo tempo per rispondere agli amici che mi manifestano la loro solidarietà – scrive – desideravo far sapere che non sono io a tenere in scacco la Consob ma è la vecchia Consob a tenere in scacco Savona”. “È in corso – aggiunge – l’eterna lotta tra la conservazione e l’innovazione su cui si va giocando il futuro dell’Italia”.

BCE DIVISA, MA LAGARDE TIRA DRITTO

L’attenzione degli investitori resta inoltre concentrata sull’inflazione e sulle mosse delle banche centrali.

In particolare agisce in controtendenza la banca centrale cinese, che abbassa i tassi di riferimento sui prestiti ipotecari mentre le autorità monetarie intensificano gli sforzi per sostenere il rallentamento dell’economia, dopo che i dati all’inizio della settimana hanno indicato un peggioramento delle prospettive per il travagliato settore immobiliare del paese.

In Europa Christine Lagarde ribadisce il suo punto di vista su inflazione e politica monetaria, nonostante dai verbali dell’ultima riunione della Bce emergano divisioni all’interno del board. L’inflazione scenderà gradualmente nel corso dell’anno, non appena i fattori principali che l’hanno provocata, come l’aumento dei prezzi dell’energia e i colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento, si allenteranno come da attese – sottolinea la presidente della banca centrale europea. La Bce – sostiene – non ha bisogno di operare in maniera audace come la Federal Reserve, poiché la situazione è diversa. “Il ciclo della ripresa economica negli Stati Uniti è più avanti rispetto a quello europeo. Abbiamo quindi tutte le ragioni per non muoverci alla stessa velocità e con lo stesso impeto che ci si potrebbe aspettare dalla Fed”.

Eurostat intanto certifica che il tasso annuo dell’inflazione nell’eurozona si è attestato a dicembre a +5% (da +4,9% di novembre), oltre il doppio dell’obiettivo prefissato dalla Bce. 

In Germania inoltre i prezzi alla produzione dei prodotti industriali sono cresciuti a dicembre del 5%, con un aumento del 24,2% sullo stesso mese nel 2020. Secondo Destatis, l’Ufficio federale tedesco di statistica, l’aumento è il più forte dall’inizio delle rilevazioni nel 1949, sia su base mensile che annuale.

Dal fronte Usa invece arrivano dati macro contrastanti: le nuove richieste settimanali dei sussidi di disoccupazione sono aumentate per la terza settimana consecutiva (+55.000 a 286.000), raggiungendo i massimi da ottobre e contro attese inferiori. L’indice calcolato dalla Federal Reserve di Philadelphia sul settore manifatturiero è salito invece più del previsto, da 15,4 punti di dicembre a 23,2 punti, contro attese per un dato a 18,5. Si tratta della ventesima lettura positiva consecutiva, dopo i minimi toccati nell’aprile e maggio del 2020.

Cresce così l’attesa per la riunione della Fed della prossima settimana. L’appuntamento non dovrebbe riservare sorprese, sotto il profilo del tassi, visto che la prima azione in questo senso è prevista a marzo. La sfida sarà tenere assieme il diavolo e l’acqua sante,  riconoscere i rischi di rallentamento dell’economia, connessi alla nuova ondata di contagi sostenuta dalla variante Omicron di Sar-Cov-2 e al tempo stesso proseguire nella decisione di combattere l’inflazione. 

SCENDE LO SPREAD

In questo contesto oggi i rendimenti dei titoli di Stato appaiono poco mossi. Il Treasury decennale, dopo aver superato quota 1,9% nei giorni scorsi, si muove in lieve rialzo rispetto alla chiusura di ieri intorno a 1,832% (+0,3%).

Il secondario italiano chiude in verde, con tassi in leggero calo.

Il Btp 10 anni segna +1,3%, mentre il Bund -0,07%, per un differenziale a 136 punti base, in ribasso rispetto a ieri del 2,57%.

ANCORA SUGLI SCUDI IL PETROLIO

Mentre il mercato valutario appare incolore e l’euro dollaro tratta sui valori di ieri, intorno a 1,134, il petrolio riparte dopo un breve rallentamento.

Al momento il Brent sale dello 0,5% A 88,88 dollari al barile; Wti +0,7% 86,4 dollari al barile.

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