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Il Tigray è un inferno: testimonianza degli operatori umanitari

Pubblichiamo in forma integrale l’agghiacciante lettera-testimonianza inviata a FIRSTonline da alcuni operatori umanitari che documentano il genocidio in corso nel Tigray, la martoriata regione del Nord dell’Etiopia

Il Tigray è un inferno: testimonianza degli operatori umanitari

Il Tigray, la regione ribelle a nord dell’Etiopia che da oltre un anno è in guerra con il potere centrale, è diventato “un inferno” per chi ancora ci vive. Lo ha detto in un’intervista ad Al Jazeera il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Ghebreyesus, secondo cui “quello che sta avvenendo nella regione è un insulto alla nostra umanità. È terrificante e inimmaginabile – ha aggiunto – che nel XXI secolo ci sia un governo che nega ai propri cittadini da oltre un anno cibo e medicine e quanto serve per sopravvivere”.

Secondo le Nazioni Unite, il Tigray sta subendo un blocco da parte del governo centrale di Addis Abeba, una morsa che impedisce a chiunque, comprese le organizzazioni umanitarie e la stessa Oms, di portare soccorsi a una popolazione ridotta “alla disperazione – continua Ghebreyesus – Non ci sono medicinali, non ci sono medici, non c’è elettricità, né telefoni. Nessun giornale”.

In compenso, ogni giorno ci sono attacchi aerei da parte di droni e da luglio il Tigray è l’unica regione dell’Etiopia in cui non arrivano aiuti umanitari. “Il conflitto non può essere una scusa – sottolinea ancora il numero uno dell’Oms – Le vie umanitarie sono sempre state tenute aperte in ogni guerra”, come è accaduto in Siria e in Yemen. La verità è che il presidente Abyi sta usando ogni mezzo per sconfiggere i dirigenti tigrini che da oltre un anno gli tengono testa per recuperare la loro autonomia.

L’invasione del Tigray, definita “un’operazione di Polizia” da Abyi, è iniziata nel novembre del 2020 per punire i dirigenti della regione che avevano tenuto le elezioni locali nonostante lo Stato centrale avesse deciso di rinviarle a causa della pandemia.

Dopo l’inizio delle operazioni, i militari tigrini – che sono competenti e abituati agli scontri – avevano ribaltato la situazione, uscendo dai loro confini e avvicinandosi pericolosamente alla capitale. Ci erano riusciti anche grazie all’aiuto dagli Amhara, un altro popolo che chiede al presidente maggiore autonomia. Poi è arrivato lo stallo in cui l’intero Paese è ancora bloccato e che ha provocato l’inferno umanitario nel Tigray.

Una situazione che ha aperto un baratro di dubbi e amarezza fra quanti avevano applaudito nel 2018 alla decisione di premiare con il Nobel per la pace Abyi, dopo che, come primo atto da presidente, aveva chiuso la guerra con la vicina Eritrea. Alla luce di quanto è accaduto da allora, non possiamo fare a meno di pensare alla leggerezza con cui è stato concesso quel premio. Sarebbe il caso di tornare su quella decisione e revocare ad Abyi il riconoscimento: è tardi, ma non così tardi.

FIRSTonline ha ricevuto un testo da parte di alcuni operatori umanitari che hanno visto con i loro occhi l’inferno del Tigray e confermano quanto denunciato dall’Oms. Pubblichiamo in forma integrale la loro testimonianza.

Questa è la realtà di cui siamo testimoni oculari e di cui non possiamo parlare. Costretti al silenzio, non per paura, ma per non essere espulsi o imprigionati e lasciare quindi la popolazione senza più alcun riferimento.

Dobbiamo lasciar morire donne e bambini e pazienti recuperabili per mancanza di medicine di base, antibiotici, insulina e anestetico per interventi semplici. Ossigeno.

Dobbiamo scegliere chi far vivere e chi lasciar morire, quando tutti potrebbero essere salvati.

E mancano cibo e acqua potabile, carburanti e combustibili di qualsiasi tipo. È un genocidio compiuto nell’indifferenza e nel silenzio, nei giochi politici, nelle schermaglie diplomatiche.

Mentre ogni giorno subiamo bombardamenti e decine e centinaia di civili muoiono. Il Covid è un killer, ma meno crudele della fame, della sete, della paura.

Bisogna sperare che in futuro la comunità internazionale, quando lo sterminio dei 6 milioni di tigrini sarà completato, non metta in calendario ipocrite celebrazioni “alla memoria”, come succede ogni anno per gli ebrei uccisi dai nazisti.

Non c’è alcuna differenza tra Hitler, Aby Ahmed o Isahias Afeworki: sono tutti assassini colpevoli di crimini contro l’umanità. Hitler ha avuto la decenza di suicidarsi. Noi abbiamo insignito Aby del “Nobel per la pace”. E non abbiamo la decenza di ritirarglielo pubblicamente. Questo ci rende tutti conniventi e colpevoli quanto lui/loro.

E per favore smettetela di considerare noi operatori umanitari “eroi” perché abbiamo deciso di restare e condividere questo dramma.

Chi trova un uomo in mare ha il dovere di soccorrerlo. Idem per noi.

Essere qui ci aiuta a restare umani.

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