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Il governatore della Banca centrale del Perù Velarde: “Ecco perché il tapering non ci fa paura”

INTERVISTA A JULIO VELARDE, GOVERNATORE DELLA BANCA CENTRALE DEL PERU’ – “Grazie al fiscal surplus e ai tassi di interesse ancora alti abbiamo gli strumenti per fronteggiare un periodo di flussi di capitali in uscita” – Mentre sul tapering si consuma al G20 una nuova divisione tra Brics e Paesi sviluppati suona la riscossa dei piccoli emergenti

Il governatore della Banca centrale del Perù Velarde: “Ecco perché il tapering non ci fa paura”

Non tutti i Paesi emergenti temono allo stesso modo il tapering, ossia la riduzione degli stimoli monetari da parte della Fed. Mentre i Brics lanciano il grido d’allarme sui contraccolpi della riduzione degli stimoli sulle loro economie, c’è un gruppetto di Paesi che sta facendo bene e che è ben attrezzato per affrontare i prossimi mesi di turbolenze tra cui Paesi come Perù e Cile. Da Cernobbio, dove è in corso il workshop Ambrosetti di Villa d’Este, Julio Velarde, governatore della Banca centrale del Perù, distingue tra emergenti ed emergenti. “La differenza la fanno il fiscal surplus, il debito, se c’è spazio per politiche monetarie e i fondamentali dell’economia. I Paesi che vengono più colpiti sono quelli con i fondamentali deboli” spiega Velarde a Firstonline a margine dei lavori del workshop Ambrosetti. “Il Perù nel 2012 ha registrato un fiscal surplus del 2,2% del Pil e ci aspettiamo un surplus anche nel 2013. Si tratta di risorse che possiamo utilizzare se c’è un rallentamento dell’economia agendo sulle politiche fiscali. Inoltre, anche i tassi di interesse sono al 4,25% e possono essere ridotti per sostenere la crescita se ci fosse bisogno. Al momento  comunque non ne abbiamo necessità”. Mentre il Brasile è in affanno, in America Latina anche il Cile ha le carte in regola per affrontare con maggiore serenità il tapering: ha conti in ordine, non ha debito pubblico e il pil cresce del 5,6% all’anno. Prospettive a cui ha contribuito probabilmente la strada di apertura al mercato intrapresa dai due Paesi insieme a Colombia e Messico che hanno costituito un mercato comune a quattro con dazi doganali a zero nel 2015. Un segnale non da poco in tempi di venti protezionistici che acquistano forza tra le difficoltà economiche mondiali.

“Nel complesso il Perù ha le munizioni per resistere a un periodo di deflussi di capitali”, puntualizza Velarde.  Il timore dei Paesi emergenti, e in particolare dei Brics, nasce proprio dagli ingenti deflussi di capitali che queste economie hanno sperimentato dopo l’annuncio da parte di Ben Bernanke, presidente della Fed, sull’inizio della riduzione degli stimoli. Gli investitori stanno rivedendo le posizioni di rischio e stanno ritirando gli investimenti da molti Paesi emergenti  attratti dalle prospettive di rendimenti più alti nei Paesi sviluppati (il venir meno degli stimoli comporta un rafforzamento dei tassi del reddito fisso come i titoli di Stato). Il tapering mette così a rischio shock finanziari Paesi come Cina, Russia, India e Brasile in una fase in cui queste economie per diversi motivi stanno fronteggiando difficoltà. E c’è già chi si domanda se siamo agli inizi di una crisi degli emergenti. Non a caso  proprio al G20 di San Pietroburgo, i leader di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica hanno concordato la creazione di un fondo da 100 miliardi di dollari per fronteggiare gli shock finanziari e disequilibri sia dal punto di vista macroeconomico che valutario. Un problema che è stato portato sul tavolo del G20. Ma che rischia di acuire le divisioni tra emergenti e Paesi eviluppati, mentre sul fronte delle relazioni internazionali si consuma la tensione tra Obama e Putin sulla crisi siriana. Di fatto, il messaggio uscito dal summit è stato l’invito ai Brics di mettere oridne a casa propria. “Degli effetti del tapering sugli emerging markets ne discutiamo dall’anno scorso – spiega Velarde – Il mercato scommette che il tapering incominci già il 18 settembre e penso ci sia la probabilità che succeda. Il che è positivo ma deve essere graduale. I Paesi più colpiti dal tapering sono quelli con i fondamentali deboli. Ma non c’è alternativa, i grandi emergenti sono destinati a rallentare a causa dei loro problemi interni che devono essere risolti e non si può dire quanto durerà questa fase. Si tratta in alcuni casi, come in India per esempio, anche di scelte politiche. In ogni caso molti Paesi hanno aumentato le riserve in questi anni e possono usarle contro gli shock finanziari”.

Il problema quindi è che il tapering si aggiunge ad altri problemi sul tappeto: ci sono come detto i problemi strutturali delle grandi economie emergenti ma anche lo scenario di riduzione dei prezzi delle commodity che potrà creare problemi ai Paesi esportatori di commodity. Non solo per il rallentamento della Cina che diminuisce la domanda di materie prime ma anche perché se, con il tapering della Fed, aumentano i tassi di interesse le commodity perdono attrattività come asset finanziari, come è successo per l’oro. Per Velarde tre sono i rischi che più lo preoccupano: 1) la possibilità che il rallentamento della Cina si traduca in hard landing: il ribilanciamento dell’economia verso l’economia richiede infatti tempo e ci vorranno ancora 2-3 anni; 2)il rischio che i segnali positivi che stiamo vedendo sull’economia scompaiano. “Credo che la ripresa ci sia – precisa – ma non si può ancora esserne certi”; 3) Nuovi problemi nell’Eurozona. “Ora la crisi dell’Eurozona è sullo sfondo ma non può essere dimenticata”.

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