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Haiti allo sbando: crisi umanitaria senza precedenti, parte la missione dell’Onu

Il Paese caraibico, ex colonia francese, è allo sbando dal 2021, quando è stato assassinato il premier Moise. Dilagano povertà e violenze e l’Onu dà via libera al peacekeeping guidato dal Kenya, con l’obiettivo è aiutare il governo transitorio fino alle elezioni del 2026. Ma è polemica sui finanziamenti

Haiti allo sbando: crisi umanitaria senza precedenti, parte la missione dell’Onu

Se è vero che l’attenzione della comunità internazionale è tutta su quello che accade tra Ucraina e Palestina, poco si parla di un’altra area del mondo che sta vivendo una pagina tragica della sua storia. In quel caso non è stata l’invasione di un altro Stato ad innescare l’inferno ed evidentemente l’interesse geopolitico ed economico è ben inferiore, ma tutti dovrebbero quanto meno sapere che Haiti sta attraversando da qualche anno una crisi umanitaria senza precedenti. Tutto è iniziato nel 2021 con l’omicidio del presidente Jovenel Moise, che ha portato il Paese caraibico, ex colonia francese e primo Stato latinoamericano ad ottenere l’indipendenza già nel 1804, ad un’escalation di violenze, miseria e instabilità politica, al punto che l’Onu ha dato il via libera ad una missione internazionale di stabilizzazione, guidata dal Kenya e che accompagnerà il governo transitorio del premier Fritz Belizaire e del presidente Edgard Leblanc fino alle elezioni del 2026 (dieci anni dopo le ultime, nel 2016). Ma persino su questa missione ci sono dubbi e polemiche, con il Brasile che accusa gli Usa. Partiamo però dall’inizio.

La crisi senza fine: Haiti nel 2023 tra povertà, violenza e disastri economici

Haiti nel 2023 aveva una popolazione di quasi 12 milioni di abitanti, 40% in più rispetto al 2000 e in grandissima parte giovani, con un’età media di 24,3 anni ma una aspettativa di vita da terzo mondo, inferiore ai 65 anni. Il tasso di scolarizzazione è bassissimo, al punto che metà degli haitiani di almeno 15 anni di età è analfabeta, secondo Human Rights Watch, e secondo la Banca Mondiale il 63% degli haitiani vive con meno di 4 dollari al giorno: nel 2023 in più di 5 milioni si sono addirittura trovati in stato di emergenza alimentare, il 20% in più rispetto al 2022. Questo ha fatto sì che i giovani si dessero facilmente al crimine, organizzati in gang che si attaccano tra loro e che seminano il terrore in tutto il Paese, con violenze e saccheggi, tanto che l’anno scorso il tasso di omicidi è raddoppiato, salendo a 41 ogni 100 mila abitanti, uno dei più alti al mondo. Al di là della povertà dilagante e delle disuguaglianze, è l’intero sistemo economico ad essere andato a rotoli: in passato Haiti godeva per lo meno di una certa autosufficienza agricola, che però è stata distrutta da una politica sempre più pericolosamente votata alle esportazioni a favore del ricco mondo occidentale. Oggi dunque l’isola è costretta ad importare quasi tutto quello che consuma e non ha le risorse per farlo, dato che il Pil è in recessione da quattro anni consecutivi.

Missione per Haiti: un’iniziativa internazionale per la stabilità e la sicurezza

Le dimensioni della crisi si sono parecchio aggravate negli anni recenti, ma le origini vanno cercate, come sempre, nella colonizzazione e nel suo lascito di razzismo e disuguaglianza sociale. Da oltre due secoli Haiti assiste infatti al susseguirsi di regimi anche formalmente democratici ma sempre caratterizzati da una forte militarizzazione e dai privilegi riservati ai bianchi e appunto all’esercito. La missione che sta per partire sotto l’egida dell’Onu (ma che in realtà sarà solo di appoggio alle istituzioni locali, viene specificato) si propone pertanto di riportare il Paese ad una condizione di sicurezza e di ordine costituzionale, con un’iniziativa che vedrà il Kenya mandare mille militari ad Haiti nelle prossime settimane, ma che viene finanziata principalmente da Usa, Canada e Francia. Alla missione hanno detto di voler aderire anche Paesi come Giamaica, Benin e Argentina, mentre giocherà un ruolo chiave il Brasile, che aveva già guidato una precedente operazione di peacekeeping ad Haiti, nel 2004. Il gigante sudamericano non manderà uomini ma si è detto disposto ad aiutare nella logistica, nell’addestramento dei militari e nel trasporto del personale che da altri Paesi caraibici dovrà raggiungere l’ex colonia francese.

La missione “agita” il Brasile

Proprio il Brasile ha però sollevato una polemica, sollecitando gli Stati Uniti a contribuire maggiormente all’iniziativa, visto che Washington ha versato nel fondo istituito per sostenere la missione internazionale appena 6 milioni di dollari, rispetto ad un costo totale previsto tra i 500 e i 600 milioni. In realtà, ha ribattuto la diplomazia Usa, il contributo già dato in termini di armamenti, munizioni e veicoli è quantificabile in 300 milioni. La missione ha ricevuto la benedizione anche del presidente Joe Biden, che entro maggio riceve il premier keniota William Ruto: “L’obiettivo – ha scritto la Casa Bianca in un comunicato – è rinforzare l’impegno comune per la pace e la sicurezza e rimanere uniti nella difesa dei valori democratici”. Parole già sentite, intanto Haiti aspetta.

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