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Petrobras ancora nella tempesta: Lula silura il Ceo del colosso petrolifero e il titolo crolla in Borsa

Il colosso petrolifero brasiliano, di cui il governo è primo azionista, cambia i vertici per la sesta volta in tre anni. Jean Paul Prates era stato scelto dallo stesso Lula, sarà sostituito da Magda Chambriard per una svolta più “statalista”

Petrobras ancora nella tempesta: Lula silura il Ceo del colosso petrolifero e il titolo crolla in Borsa

Non trova pace Petrobras, il colosso petrolifero brasiliano che fattura 100 miliardi l’anno e distribuisce dividendi come nessuno al mondo, per la gioia dei suoi azionisti. Azionisti che però sono sempre più preoccupati dalle scelte del governo, che con la sua quota del 28,67% è il primo azionista e dunque nomina i vertici. Martedì 14 maggio il presidente Lula, non come un fulmine a ciel sereno perché i dissapori esistevano da tempo, ha silurato il ceo Jean Paul Prates, da lui stesso scelto l’anno scorso con una chiara missione: essere sempre meno generosi con i dividendi, puntando invece a difendere gli interessi nazionali e ad investire nella transizione energetica, sulla quale Petrobras è parecchio indietro visto che ancora pretende di estrarre petrolio in aree protette come la foce dell’Amazzonia. Proprio per dare una svolta “statalista”, mentre Prates continuava a difendere gli interessi del mercato e degli investitori privati (il 25% di Petrobras è in mano a fondi esteri e l’azienda elargisce decine di miliardi di euro di dividendi), Lula ha indicato per la successione Magda Chambriard, ingegnera e già presidente dell’Agenzia nazionale di petrolio, gas e biocombustibili sotto il governo di Dilma Rousseff, dello stesso partito di Lula.

Lula licenzia il capo di Petrobras e il titolo crolla in Borsa

L’obiettivo di Lula è di portare Petrobras a non rispondere solo alle esigenze del mercato ma a contribuire maggiormente allo sviluppo economico del Brasile e in particolare al maxi piano per la transizione energetica nel quale, secondo i piani del governo e dunque dell’azionista di riferimento, Petrobras dovrà avere un ruolo centrale, investendo su fonti di energia rinnovabili, idrogeno verde e biocombustibili. Il mercato però non l’ha presa affatto bene: nella seduta di mercoledì 15 maggio, all’indomani del colpo di mano di Lula, le azioni ordinarie Petrobras cadevano nella tarda mattinata di oltre il 7%, dopo che già a marzo la Borsa aveva bocciato le reticenze del governo a distribuire l’extra dividendo da circa 9 miliardi di euro, bruciando in poche sedute l’equivalente di oltre 10 miliardi di euro. L’esecutivo ci aveva poi ripensato dando il via libera, anche perché ne avrebbe beneficiato incassando l’equivalente di 3 miliardi di euro, da destinare alle casse dello Stato. La ferita però non si è mai rimarginata, il ceo Prates è stato lasciato “rosolare” fino alla decisione di silurarlo. Gli economisti vedono questo ennesimo cambio al vertice con preoccupazione, temendo una sempre maggiore ingerenza della politica nell’azienda quotata in Borsa: “È un segnale che genera incertezza e allontana gli investitori esteri”, sintetizza la Folha de Sao Paulo. Ma Lula tira dritto: “Petrobras appartiene a 200 milioni di brasiliani”, aveva già detto qualche tempo fa.

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