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Golf, la dura legge del Masters

Willet ha vinto il Masters perché è stato il più bravo, ma in quanti in realtà l’hanno perso? Il numero uno del mondo Jason Day, crollato il primo giorno, il favorito Rickie Fowler, incapace persino di superare il taglio, Rory McIlroy, mai a fuoco nei putt decisivi, Jordan Spieth, con una sola buca giocata male su 72 buche giocate bene.

Golf, la dura legge del Masters

“Ci sono cose più importanti del golf” ironizza amareggiato Jordan Spieth, pochi minuti dopo aver perso il Masters. Il 22enne texano ha ragione, ci sono cose più importanti, ma non c’è un gioco più bello e impossibile di questo. Lo si è visto domenica scorsa, quando il numero due del mondo, dopo 66 buche di dominio assoluto, dopo circa 15 ore di swing, è finito per ben due volte in acqua e una volta in bunker, in un insidioso, ma corto par 3 di 145 metri, consegnando la vittoria al 28enne inglese Danny Willet. Ed è proprio Spieth, campione Masters 2015, che ha dovuto mettere la giacca verde sulle spalle del rivale.

“Questo farà male a lungo” ammette Jordan. Cosa succede nella testa di un giocatore, quando perde il controllo dopo aver imbucato decine di putt ad alta tensione come se nulla fosse? Mistero. Forse, a un certo punto, la voglia di arrendersi diventa più forte della voglia di vincere. Di scene da brivido al Masters se ne sono viste molte: oltre al “suicidio” in diretta di Spieth, resterà memorabile il 9 segnato da Ernie Els al par 4 della buca uno. Per chi non segue il golf è bene sapere che il sudafricano Els è un signore che ha vinto 4 major e che ha uno degli swing più belli che si possano vedere. Percorre con estrema facilità centinaia di metri, ma intorno alla buca va in tilt e pochi centimetri per lui possono diventare un ostacolo insormontabile.

Willet ha vinto il Masters perché è stato il più bravo, soprattutto l’ultimo giorno e ha riportato il trofeo in Europa dopo quasi vent’anni. Ma quanti in realtà l’hanno perso? Lo ha perso il numero uno del mondo Jason Day che, dopo una partenza scoppiettante, è crollato il primo giorno nelle seconde nove buche e non ha più trovato il giusto il feeling. Lo ha perso il favorito Rickie Fowler, incapace persino di superare il taglio. Lo ha perso Rory McIlroy, mai a fuoco nei putt decisivi. Lo ha perso Spieth in una sola buca giocata male su 72 buche giocate bene. Il golf è bello, ma crudele, umiliante e non solo al Masters.

Ne sa qualcosa per esempio Tiger Woods, che ha chiuso la sua carriera di fenomeno (non di campione) a soli 32 anni, nel 2008, all’epoca del suo ultimo major. Tiger, per dieci anni, è stato un dominatore assoluto, sempre solido nei momenti decisivi, laddove i rivali mostravano e mostrano fragilità. Ma alla fine ha ceduto, fiaccato dagli scandali e dagli acciacchi. Per Tiger si è parlato persino di yips, il temibile tic dei golfisti in grado di distruggere qualunque carriera, qualsiasi cosa sia restano negli occhi le immagini delle ultime apparizioni della tigre, balbettante sui colpi corti come un giocatore della domenica.

E che dire di Matteo Manassero? Ha solo 22 anni, ha battuto tutti i record, ha vinto quattro tornei del tour Europeo e poi è sparito. La scorsa settimana ha fatto la gara dei pro italiani, bela, ma non proprio un major, e anche lì si è fermato a metà classifica. La sua discesa negli inferi del ranking sembra non finire più: questa settimana è numero 869 del mondo. Ci sarà un fondo dal quale risalire? Jim Hermann, il giocatore di 39 anni che un paio di settimane fa ha vinto a Houston per la prima volta in vent’anni di carriera, potrebbe rispondere di sì. Ma nessuno sa quando e se il gioco tornerà nelle mani di questi atleti. Ogni settimana potrebbe essere quella buona

Allora, chiuso il Masters 2016, archiviato il primo major dell’anno, è il momento di voltare pagina e di cercare una nuova chance. Il tour europeo approda oggi finalmente nel Vecchio Continente e fa tappa in Spagna, nientemeno che al Real Club Valderrama, circolo di grande prestigio vicino a Marbella, sede della Ryder Cup del 1997, tracciato splendido quanto difficile, immerso in un bosco secolare. In pista ci sono il favorito Sergio Garcia, l‘ex numero uno del mondo Martin Kaymer e anche sette italiani sui quali riporre le speranze azzurre: Matteo Manassero, Renato Paratore, Edoardo Molinari, Nino Bertasio, Francesco Laporta, Nicola Ravano e Guido Migliozzi, dilettante di Montecchia. Il montepremi è di 2 milioni di euro, 333mila per il vincitore. la gara viene trasmessa in diretta, in vari orari, su Sky Sport.

Il Pga Tour si sposta invece in Sud Carolina, a Hilton Head per l’RBC Heritage dove giocherà Francesco Molinari, dopo due settimane di sosta, in parte forzata, visto che non aveva i punti per partecipare al Masters. Calamita l’attenzione l’australiano Jason Day, numero uno del mondo, che ha rinunciato alla rituale settimana di riposo dopo Augusta, al contrario di molti big. Il field è di buon livello e comprende, fra gli altri, Zach Johnson, Matt Kuchar, Webb Simpson, Brandt Snedeker, Paul Casey, Ian Poulter, Luke Donald,e Bryson DeChambeau, vincitore dell’ultimo U.S. Amateur, miglior dilettante ad Augusta (21°) e appena passato professionista. Il montepremi è di 5,9 milioni dollari; prima moneta di 1,062 milioni di dollari.

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