Nessuno ha ancora capito quali saranno esattamente gli effetti sull’Ops Unicredit-Banco Bpm del pronunciamento critico della Ue sul Golden power e di quello del Tar ma due aspetti sono chiari fin da ora:1) i divieti del Golden power hanno oggettivamente zavorrato fino forse a neutralizzarla l’operazione della banca guidata da Andrea Orcel; 2) i presupposti del Golden power, nella concezione del Governo, evidenziano un paio di difetti che si vedono a occhio nudo. E’ quanto mette in luce un acuto intervento su “La stampa” dell’ex Direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi. Il primo difetto dei divieti del Golden power è pensare che la sicurezza nazionale del risparmio ci sia solo se a gestirlo è una banca italiana, ma questo cozza contro la realtà perché – osserva giustamente Rossi – non conta la nazionalità di chi gestisce il risparmio ma il fatto che al risparmio venga assicurato il maggior rendimento e la maggior tranquillità possibile. Secondo difetto: il Governo considera Unicredit una società straniera perché la maggior parte delle sue azioni sono in mani straniere ma “la nazionalità è data dal luogo in cui quell’impresa ha la sua testa e, da questo punto di vista, è fuor di dubbio che Unicredit sia italiana”. I ragionamenti di Rossi sono cristallini, il resto è ideologia e sete di potere.
Golden power sull’Ops Unicredit-Banco Bpm: Salvatore Rossi ne smonta i due presupposti fondamentali
Quali saranno i reali effetti del pronunciamento della Ue e del Tar sul Golden power applicato all’Ops di Unicredit su Banco Bpm non l’ha ancora capito nessuno ma una cosa è chiara: i presupposti del Golden power messo in campo dal Governo non hanno senso comune, come dimostra l’analisi dell’ex Direttore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi
