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Gatti: “Liberalizzazione luce e gas: basta rinvii, decidere subito”

Il presidente di Energia Concorrente, l’associazione in competizione con Assoelettrica, scende in campo alla ripresa della discussione al Senato sul Ddl Concorrenza. Tempi stretti per la definitiva apertura del mercato che deve scattare il 1° gennaio 2018. “Semplificazione, confrontabilità delle offerte e molta informazione: i tre passi fondamentali”. I nodi aperti: aste e capacity payment.

Gatti: “Liberalizzazione luce e gas: basta rinvii, decidere subito”

“Per la liberalizzazione definitiva di luce e gas servono decisioni in tempi ormai molto ravvicinati. E’ necessario, al più tardi entro settembre, avere norme chiare su come avverrà il passaggio dal mercato tutelato al mercato libero per circa 20 milioni di famiglie. Altrimenti le aziende si ritroveranno con l’acqua alla gola in vista della scadenza del 1° gennaio 2018 e scatterà il consueto gioco italiano del rinvio. Bisogna assolutamente evitarlo”. A lanciare l’allarme è Giuseppe Gatti, manager dal lungo cursus honorum nel mondo dell’energia e oggi presidente di Energia Concorrente, l’associazione che si muove in competizione con Assoelettrica, e consigliere d’amministrazione di Engie Italia, il nuovo marchio con cui opera Gdf Suez. L’intervista a FIRSTonline avviene alla vigilia dell’attesa ripresa dell’iter parlamentare del disegno di legge Concorrenza al Senato, rimasto nuovamente bloccato dopo le dimissioni dell’ex ministro allo Sviluppo Federica Guidi e che dovrebbe ripartire ora che Carlo Calenda ha preso in mano il dicastero. 

Entro un anno e mezzo, stando alla regole europee che l’Italia deve recepire, la stragrande maggioranza delle famiglie italiane dovrà passare sul mercato libero anche per elettricità e gaas, come è avvenuto per i telefoni. Siamo a buon punto? 

“Al contrario, siamo già in ritardo e per capirlo occorre fare un passo indietro. Gli ultimi dati ufficiali ci dicono che a fine 2014 erano poco meno di 25 milioni i consumatori elettrici domestici. Più precisamente, si tratta di 30 milioni di contatori di cui 21 sul mercato tutelato, in cui è l’Autorità per l’Energia a determinare il prezzo dell’energia e 9 milioni sul mercato libero. Il passaggio dalla maggior tutela al mercato libero sta avvenendo al ritmo di circa 1 milione di consumatori l’anno: di questo passo ci vorrebbero vent’anni per completare il percorso. E invece la scadenza è ormai dietro l’angolo ma la migrazione massiccia di 21 milioni di clienti non è cosa da poco: occorre prestare molta attenzione ai meccanismi con i quali si attuerà questo passaggio cruciale”. 

Cosa serve, a suo avviso, per gestire questa ennesima rivoluzione nell’energia? 

“Sono tre i requisiti fondamentali per un’operazione così complessa: serve un’opera di semplificazione delle bollette, occorre rendere le offerte più confrontabili fra loro e non può mancare una massiccia campagna di informazione”. 

Spesso le offerte commerciali, per esempio nella telefonia, sembrano fatte apposta per non essere confrontabili fra loro. Nel caso dell’energia, poi, non si percepisce una decisa convenienza economica a saltare il fosso e vi anche è il timore che la liberalizzazione porti con sé il rischio di un aumento dei prezzi. Tutto ciò ha contribuito a rallentare la piena liberalizzazione? 

“Bisogna distinguere. Capisco l’esigenza degli operatori di differenziare le offerte, ma l’esigenza di confrontarle è un fatto che non possiamo ignorare. Altra cosa è dire che il mercato tutelato sia più conveniente di quello libero: mi sembra piuttosto una leggenda metropolitana. La ragione sta nel fatto che si confrontano cose diverse: sul tutelato abbiamo un solo prezzo, indicizzato a quello della Borsa elettrica; sul libero invece abbiamo due prezzi: quello indicizzato e quello fisso. 

 E’ chiaro che quest’ultimo non è conveniente in una fase di prezzi calanti mentre lo diventa quando i prezzi salgono. Il prezzo indicizzato invece consente risparmi anche di 100 euro l’anno per i contratti che abbinano luce e gas, come dimostra con periodicità regolare un osservatore indipendente come SoS Tariffe. Ma questo vantaggio sul prezzo dell’energia si ridimensiona se guardiamo al complesso della bolletta elettrica perché su una spesa media annua di 600 euro a famiglia, circa il 55% se ne va in oneri di sistema per ripagare la distribuzione, la trasmissione e gli incentivi alle rinnovabili. Sui restanti 300 euro se anche la convenienza rispetto al tutelato fosse del 10 o 15 per cento, rappresenterebbe in valore 30-40 euro l’anno. E anche se il servizio migliora in qualità, è una spinta insufficiente per convincere i consumatori più adulti a cambiare. I giovani invece si muovono di più. C’è però un’altra insidia da affrontare e risolvere”. 

Qual è? 

“Il mercato tutelato dell’elettricità, diversamente dal gas dove chiunque può offrire il prezzo tutelato, è rimasto sostanzialmente monopolizzato dall’Enel con una quota dell’80% e dalle municipalizzate per il restante 20%. Se la migrazione sul libero avvenisse con queste stesse proporzioni, si perpetuerebbe un monopolio. Per questo servono strumenti in grado di rompere questo schema”. 

Per esempio?
 
“Si può pensare ad un effetto stimolo come è stato fatto in Francia: chi al 1° gennaio 2018 non passa sul mercato libero può restare sul mercato salvaguardato per un periodo ulteriore sapendo però che più aspetta e più cara pagherà l’energia. In pratica un disincentivo a restare”.
 
Il presidente della commissione Industria del Senato ha proposto un meccanismo di aste con le quali pacchetti di clienti vengono offerti all’operatore che pratica il prezzo più conveniente. La questione ha fatto passi avanti? 

“Si tratta un’estrema ratio per accelerare la  migrazione ma occorre conoscere la dimensione dei lotti di clienti, quali caratteristiche avranno le aste. Si tratta di informazioni indispensabili perché ciascun operatore possa preparare l’offerta e organizzarsi in termini di capacità di fatturazione, centri di assistenza alla clientela. Serve almeno un anno di lavoro preparatorio. Per questo bisogna accelerare il passo in Parlamento. Inoltre siamo già in ritardo su altri due adempimenti preliminari: il Sistema informativo integrato non è ancora pienamente funzionante; e c’è una forte resistenza sul brand unbundling, il divieto sostanziale di usare lo stesso marchio o marchi simili –come invece avviene –  per distribuire e vendere energia”. 

I tempi effettivamente sono stretti e dopo il Senato il Ddl Concorrenza dovrà tornare nuovamente alla Camera. Siamo proprio sul filo? 

“Consideriamo che il Ddl Concorrenza è del 2014, in attuazione di una legge del 2009 mai attuata prima: se Matteo Renzi voleva un argomento contro il bicameralismo perfetto, qui l’ha trovato”.  

L’altra questione aperta è il capacity payment ovvero la remunerazione della capacità installata per gli impianti termoelettrici a fronte dell’avanzata delle rinnovabili. Non si rischia di tenere in vita impianti fuori mercato? 

“Attenzione. Non stiamo parlando di impianti obsoleti ma dei nuovi impianti efficienti a ciclo combinato a gas costruiti dopo il Duemila. Si tratta di 30 mila MegaWatt, di cui 9-10 mila in eccesso per effetto dell’avanzata delle rinnovabili. Stiamo parlando di 30 miliardi circa che non ripagheranno gli investimenti in quanto se si calcola a 7200 ore/anno il tempo di funzionamento ottimale di un impianto, oggi molti di questi impianti non arrivano a 2.000 ore. A fronte di questo, dobbiamo considerare che un anno è fatto di 8760 ore mentre un impianto solare è attivo, in Sicilia, 1500 ore e la ventosità in Italia arriva a poco meno di 2.000 ore. Rimangono circa 6.500 ore in cui non abbiamo né sole né vento ma la luce dobbiamo accenderla ugualmente. Per questo serve la capacità termoelettrica, per stabilizzare il sistema”.
 
E Bruxelles accoglierà questo meccanismo? Si parla ormai di batterie per stabilizzare il sistema… 

“Sia chiaro, sono contrario a creare forme di sussidio generalizzato per tenere in vita impianti fuori mercato. E sono ben consapevole che Bruxelles vigila attivamente che non vi siano aiuti di Stato o aiuti impropri alle imprese. Ma il back up elettrico per le rinnovabili è un’esigenza tecnica reale almeno fino a quando la tecnologia delle batterie non sarà stabilizzata. Bisogna intanto definire un meccanismo che premi la flessibilità degli impianti e che individui un numero di MegaWatt adeguato da mettere a gara, ridimensionando il parco disponibile. Una parte dovrà andare in naftalina”. 

Ultima domanda: Assoelettrica sta trattando con Assorinnovabili e si va verso un’unica associazione in prospettiva. Energia concorrente resterà a guardare? 

“Le rispondo così: i nostri soci – Axpo, Engie, Tirreno Power e Repower con circa 8.000 MegaWatt di capacità di generazione elettrica – sono già integrati, tutti operano anche nelle rinnovabili. Con Assoeletrica ho cercato di riaprire il dialogo, senza trovare una disponibilità sostanziale finora. Siamo tuttavia pronti a considerare tutte le possibili opportunità di lavoro insieme”

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