Dalla nascita del web, la comunicazione digitale è stata spesso interpretata come tecnicalità. Blog, post, Facebook, hashtag, hanno preso il sopravvento sul contenuto. Che è diventata una commodity, ossia un qualcosa che poteva essere usato indifferentemente attraverso più strumenti tecnici. Il rischio è stato vendere l’anima ai numeri, in una rincorsa alle visualizzazioni e alla “viralità”. Ma, dopo l’ubriacatura iniziale, la comunicazione digitale sta riscoprendo il proprio naturale mondo di appartenenza: le Relazioni Pubbliche, ossia il pensiero strategico che studia le dinamiche del mercato e che avendone assimilate le competenze, si avvale delle infinite possibilità del mondo del web.
E il recente ingresso in Assorel, l’associazione delle agenzie di Relazioni Pubbliche, di una società digitale come Doing, digital agency italiana, nata dall’unione di Dnsee, Hagakure e Banzai Consulting marca proprio questo importante passaggio nel modo di porre in relazione comunicazione digitale e relazioni pubbliche. Lo spiega a FIRSTonline Filomena Rosato, vicepresidente di Assorel e imprenditrice, in prima linea nelle problematiche dell’evoluzione della professione con Assorel Academy, l’area dell’associazione dedicata alla formazione.
Qual è il significato dell’ingresso di una società come Doing in Assorel?
“Ha il valore della riconoscibilità di Assorel come associazione di rappresentanza della industry delle PR che pone punti fermi sulla comunicazione di livello e di questa si fa garante interpretando e assecondando le esigenze del mercato. Il dialogo tra Assorel e Doing è stato possibile proprio a partire dal confronto sui processi evolutivi della professione e dall’impegno testimoniato, anche con la formazione, di un’associazione che vuole essere luogo di costruzione del pensiero, viva e proiettata verso il futuro nella definizione di nuovi modelli di business. Doing si è sentita a proprio agio in questa dimensione associativa ed è questa la migliore risposta agli sforzi fatti finora”.
Come l’avvento del web ha cambiato il mondo della comunicazione e delle Relazioni pubbliche?
“In un mercato già saturo, sebbene sempre più globale e competitivo, l’avvento del web è stato lo shock forse necessario per resettare tutto e mettersi alla prova entrando all’inizio in un mondo senza regole, senza confini, senza parametri di riferimento assoluti. Questo ha provocato grande disorientamento per il nuovo e grande confusione. Il tutto ha coinciso con la grande crisi finanziaria ed economica che ha imposto un ripensamento dei modelli economici, dell’impresa e quindi anche degli investimenti. Le aziende si sono iniziate a interrogare sul rendimento giusto di un investimento e quali scelte comunicative fare. Tutto doveva cambiare, ma la domanda era ‘come’ cambiare senza snaturare se stessi”.
In che senso?
“Le grandi trasformazioni aprono nuovi spazi e portano nuove opportunità di affermazione per chi sembra avere la soluzione a portata di mano. Molto pragmaticamente per il mondo della comunicazione e per il mercato di riferimento questo ha voluto dire avere come interlocutori nuove tipologie di professionisti e nuove specializzazioni, talvolta difficili da comprendere. Il fenomeno delle web agency, che è durato a lungo, è stata la risposta più semplice e immediata al cambiamento, fondata inizialmente sulla capacità di saper usare i nuovi tecnicismi e le nuove opportunità offerte dal web talvolta in modo istintivo, talvolta a scapito di contenuti coerenti con la filosofia dell’azienda committente, con i suoi assett di valore. In questa fase della comunicazione digitale l’importanza dell’ascolto delle ‘voci’ nella blogosfera non era ancora emersa e il contenuto è stato dato come commodity”.
E ora?
“Proprio la necessità di una governance della conversazione nella rete, la costruzione della reputazione aziendale e della sua tutela esaltano il ruolo identitario delle PR nel mondo digitale, come pensiero strategico e guida nello sviluppo dello storytelling aziendale, nella tutela della reputazione. Le PR hanno compreso da tempo le tecnicality e i nuovi linguaggi del web, li hanno assimilati professionalmente, li hanno fatti propri nella consulenza verso l’esterno inserendoli in una progettualità funzionale ai bisogni della domanda aziendale di consulenza e servizi. E del resto sono nel dna delle PR la progettualità e l’ampiezza di visione, la capacità di saper essere inclusive a favore della conoscenza più globale al servizio dell’impresa e per i suoi obiettivi di successo”.
Che cosa non è stato compreso?
Forse il pregiudizio di voler identificare spesso le Relazioni pubbliche solo con l’ufficio stampa o con la pura gestione di un evento. Sul superamento di questo gap Assorel ha lavorato molto negli ultimi anni e sviluppato la sua attività di formazione. Dopo l’exploit dei tecnici su internet e dell’accumulo frenetico dei like, siamo entrati nella fase in cui il contenuto è centrale anche nella comunicazione digitale e il know how tecnologico è al servizio della qualità e del messaggio. L’estrema accessibilità fa sembrare tutto facile nel web, creare da sé un sito o la propria pagina Facebook, attivare un proprio account Twitter, caricare video su Youtube ma la disintermediazione conseguente è il vero problema nella strategia per il proprio posizionamento. C’è discrepanza tra la facilità e l’accessibilità al web e la difficoltà di comprensione da parte delle aziende delle competenze che servono per fare comunicazione con quegli strumenti. Ora l’importanza del pensiero strategico nell’impatto con gli stakeholder nella rete è diventato centrale anche nelle competenze digitali esaltando proprio il ruolo delle Relazioni Pubbliche e dei comunicatori d’impresa.
Eppure sembra che siamo vittime di una “dittatura dei like”
Qui entra in gioco il complicato rapporto tra qualità e quantità, nodo gordiano da sciogliere nella trasformazione in atto. Oggi la comunicazione digitale sembra essere fatta per una rincorsa ai numeri, globali, stratosferici. Ma il problema è veicolare l’informazione su canali rilevanti per il committente non mettere un video su Youtube, o 100mila like su Facebook, magari comprati da un server. In realtà va recuperato il rapporto tra qualità e quantità, anche attraverso la formazione dei comunicatori e delle imprese, un fronte su cui Assorel sta lavorando da tempo.
Come si è posta Assorel in queste fasi di cambiamento della comunicazione?
Ha iniziato già otto anni fa ad approfondire le tematiche legate al digitale creando Assorel Academy e ponendosi alcuni obiettivi fondamentali: 1) come interpretare il cambiamento senza snaturare l’essenza della professione; 2) come mantenere bilanciato il rapporto tra qualità e quantità della consulenza e dei servizi di fronte alla contrazione e modifica degli investimenti del mercato in comunicazione.
Assorel ha compreso il bisogno dei suoi associati di dover essere competitivi in un mercato sempre più orientato a una domanda di comunicazione digitale e la formazione è il luogo in cui coltivare e ‘costruire il pensiero’ acquisendo competenze e conoscenze, non solo nel digitale, esaltando il dna della professione. La mission di Assorel Academy è mantenere alta la qualità della consulenza e dei servizi nel cambiamento, con iniziative di formazione rivolte sia agli associati sia al mercato. Il compito più alto oggi è infatti anche aiutare i nostri interlocutori a comprenderci e a comprendere i cambiamenti.