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Effetto Ucraina sulle Europee: popolari sorpassano socialisti, balzo degli euroscettici

L’analisi è dell’istituto di sondaggi Poll Watch, che lo definisce “effetto Putin”: sulle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo del 25 maggio, la situazione ucraina dovrebbe influire a svantaggio delle sinistre e a favore di Popolari ed euroscettici.

Effetto Ucraina sulle Europee: popolari sorpassano socialisti, balzo degli euroscettici

I sondaggisti dell’istituto Poll Watch lo chiamano informalmente “L’effetto Putin” sulle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo del 25 maggio.

A quaranta giorni dalle elezioni europee più controverse ed incerte della storia moderna del Vecchio Continente è arrivato a scompaginare le previsioni il vento dell’Est, quello che soffia sul fuoco delle divisioni interne nelle sterminate steppe ucraine e che preoccupa i mercati globali, i tedeschi e i paesi europei di confine con Kiev, molti ex satelliti dell’URSS. Si tratta dell’effetto sui sondaggi delle elezioni europee che sta avendo la crisi con la Russia e relative sanzioni economiche.

Se fino alla scorsa settimana i rilevamenti davano in lieve vantaggio il partito socialista e democratico (l’ex Pse che ha cambiato nome in tutta fretta dopo l’ingresso del Pd di Matteo Renzi in Socialisti e democratici), con il candidato alla presidenza della Commissione europea nella persona del tedesco Martin Schulz, il sentimento dell’opinione pubblica europea è girato all’improvviso nell’ultimo sondaggio reso noto il 16 aprile.

L’istituto Poll Watch ha registrato un cambiamento di rilievo del sentimento dei votanti: il Ppe è tornato in testa ai socialdemocratici, con 13 seggi di vantaggio (222 contro 209). Certo si tratta solo di sondaggi che possono ancora cambiare e che hanno un margine d’errore rilevante ma per il socialdemocratico Schultz è un segnale da non sottovalutare. Da almeno 70 giorni i sondaggi lo davano in testa al plotone, con 17-20 seggi di vantaggio sui popolari, sostenuti tra gli altri, dal cancelliere tedesco Angela Merkel, una che non è abituata a perdere. Mai, soprattutto contro un tedesco socialdemocratico come Schulz. Una manciata di seggi in più che era considerato il contributo dell’adesione del Pd “targato Matteo Renzi” che aveva sciolto l’impasse e fatto confluire il partito democratico nelle file dell ’ex Pse ora denominato S&D.

Ma l’effetto italiano si è sciolto come neve al sole, superato dai timori e dai venti freddi sulla crisi Ucraina e il rinascente nazionalismo russo, che spingerebbe i moderati europei verso le posizioni del Ppe e della Merkel (soprattutto in Polonia, in Slovenia e in Ungheria, tutti già satelliti di Mosca che cominciano ad innervosirsi soprattutto dopo l’annessione della Crimea senza colpo ferire). Anche in Germania gli elettori si stanno innervosendo rispetto al rinascente nazionalismo russo del presidente Vladimir Putin, ex agente del Kgb di stanza negli anni della Guerra Fredda proprio nella Germania dell’Est.

Quindi riepilogando: se si votasse oggi per il rinnovo del Parlamento europeo il gruppo dei popolari europei (con il candidato alla presidenza della Commissione europea nella persona dell’ex premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, nonché ex presidente dell’eurogruppo) avrebbe un totale di 222 seggi, i Socialisti e democratici (candidato Martin Schulz) 209 seggi, i liberali dell’Alde (candidato Guy Verhofstadt, ex premier belga) 60 seggi al terzo posto, i Verdi (candidato Ska Keller) 58 seggi, il gruppo europeo dei conservatori e riformisti (57), la Sinistra Unita (candidato Alexis Tsipras) 35 seggi. Questi i risultati del sondaggio elaborato da PollWatch 2014 di VoteWatch Europe, il 16 aprile.

Senza dimenticare una novità di rilievo che evidenza l’avanzata dei cosiddetti partiti euroscettici. Se guardiamo all’attuale Parlamento europeo, il gruppo dei cosiddetti Non Iscritti, cioè le formazioni che non si associano a nessun gruppo tradizionale dei partiti europei, salirebbe – dice sempre il sondaggio Poll Watcht – da 30 a 93 seggi in aula.

Come mai un balzo così rilevante? Ma è ovvio. Si tratta della tanta temuta e annunciata avanzata delle liste antieuro che prenderebbero forza dai vari partiti nazionali euroscettici come il Danish People Party, partito danese euroscettico e anti-immigrazione soprattutto dai paesi a maggioranza musulmana, che alle elezione europee potrebbe ottenere il 15% dei voti in Danimarca, l’Fpo austriaco di Heinz Christian Strache (erede di Jorg Heider) in testa nei sondaggi, al francese Front National di Marine Le Pen agli italiani M5S di Grillo e Lega Nord di Salvini. 

A spese di Ppe, che scende nei sondaggi dai 274 seggi del 2009 ai 222 dell’ultima rilevazione mentre i Socialisti aumentano, seppur di poco, da 195 a 209. Senza contare i liberali europei dell’Alde (terza forza in Europa) che sono previsti in calo dagli 83 seggi del precedente parlamento ai 60 odierni. Guy Verhofstad, 61 anni, il candidato liberaldemocratico alla commissione, pugnace federalista, dovrà lottare duramente contro gli euroscettici se vuole risalire la china nella popolarità degli europei stanchi e delusi da una lunga crisi economica e da una governance europea risalente al Trattato di Maastricht, che va rivista in tutta fretta prima che sia troppo tardi.

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