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DERBY DI MILANO/2 – Milan, solo il derby può addolcire l’annus horribilis

IL DERBY DI MILANO VISTO DALLA SPONDA ROSSONERA – La stracittadina è diventata una guerra tra poveri ma non riduciamola a una faida tra miserabili – Non basta essere davanti agli indonesiani dell’Inter e Galliani e Inzaghi promettono solo incubi – Ma vincere il derby di domenica è l’unico modo per addolcire l’annus horribilis dei rossoneri

DERBY DI MILANO/2 – Milan, solo il derby può addolcire l’annus horribilis

La settimana del derby e’ iniziata cosi’. Gazzetta dello sport di martedi’ 14 aprile, titolo: “Dieci motivi per vedere Inter-Milan”. Diamo un’occhiata. Motivo numero uno, scrive il giornalista: la metropolitana. Non ci posso credere. La ragione piu ‘ importante per andare a San Siro e’ che ci si arriva con la nuova linea del metro. Non vi sembra demenziale? Certo, e’ demenziale, ma e’ persino peggio, perche’ la metropolitana, la famosa lilla, ancora non c’e’, sara’ inaugurata (pare) il 29 aprile e tocca quindi andare col solito bus, o a piedi, in bici o in motorino.

Mercoledi’ 15. Galliani rincuora la tifoseria rossonera. “Inzaghi restera’ anche il prossimo anno sulla panchina del Milan”. Allora, uno si chiede: ma l’Isis, inteso come il Califfato, fa proprio cosi’ schifo? E si immagina la scena: Galliani in ginocchio sulla sabbia, con la tuta arancione, e tu li, vestito di nero che reciti la sentenza. E squilla il cellulare, sono gli amici: “Dai, Guido, anche se parli arabo e hai il cappuccio in testa ti abbiamo riconosciuto. Lascia perdere, e’ vero, Galliani fa una cazzata dietro l’altra, ma in fondo e’ un tifoso rossonero, e poi e’ solo un gioco…”.

Perche’ il derby si puo’ vincere, si puo’ perdere o si puo’ pareggiare ma una cosa e’ sicura. Alla fine Pippo andra’ davanti alle telecamere e dira’ sempre la stessa cosa , ovvero “sono soddisfatto della partita che hanno fatto i ragazzi”. Sempre la stessa solfa. Lui non sta a sottilizzare sul risultato, perche’ se sottilizzasse vorrebbe dire che capisce qualcosa del gioco, ma non e’ cosi’ e non e’ mai stato cosi’. Anni fa, quando era un celebrato centravanti, un commentatore di cose calcistiche ebbe a dire: “Inzaghi non gioca a pallone, gioca a gol”. Nel senso che lui si piazzava sulla linea dei difensori, e cercava nello scatto breve, nel rimpallo, nella carambola, nel suo straordinario fiuto per farsi trovare al posto giusto nel momento giusto, il senso della sua presenza in campo: il gol. Il resto, schemi, aperture, rientri, raddoppi, ovvero tutto quanto ha a che fare con il gioco del calcio, gli era assolutamente estraneo.

Il suo Milan e’ la proiezione di questa idea. Sette-otto passaggi per superare faticosamente la meta’ campo, poi qualcuno azzarda un lancio verticale per Menez e se il “falso nueve” e’ in giornata o la marcatura e’ lasca, succede qualcosa. Altrimenti palla agli avversari, tutti indietro, lui si sbraccia dalla panchina e via cosi’ nel silenzio attonito dei sempre piu’ scarsi tifosi rossoneri sulle gradinate.

In questa stagione da incubo, resta un solo, piccolo, miserabile motivo di soddisfazione: siamo sempre davanti agli indonesiani. Per un solo punto, d’accordo, ma pur sempre davanti. E se e’ poco per noi, e’ molto per loro. Perche’ per riuscire a starci dietro di una sola incollatura, i nostri disgraziati avversari le hanno provate tutte. Hanno cacciato Mazzarri, hanno riportato in panchina Mancini, allenatore che nel cuore degli interisti sta dietro solo a Mourinho, hanno fatto una campagna di gennaio faraonica e, come e’ nello stile di Tohir, senza cacciare un euro (diritti di riscatto, obblighi di riscatto, te li do’ ma non lo so, ci vediamo a giugno, eccetera).

Questo apre un piccolo ma spassoso capitolo sugli accrocchi finanziari del cosiddetto tycoon di Giakarta. D’accordo che non e’ quotato a Piazza Affari e non ha obblighi di informazione, ma qualcuno ha capito quanto ha messo fin qui Tohir? La sola cosa sicura e’ che ha scorporato il club calcistico dalla societa’ sportiva, dandolo in garanzia alle banche per i debiti passati e futuri, con cio’ evitando di ricapitalizzare e condannando l’Inter, un po’ come la Grecia, a essere un’osservata speciale del fair play finanziario. Per questo fa un po’ sorridere l’accusa di bancarotta piovuta insettimana sulla testa di Mancini. Qui “il meglio deve ancora venire” per citare il titolo della non memorabile autobiografia di Mazzarri (sfortunatamente licenziato qualche tempo dopo).

Peraltro, anche il Milan rischia di imboccare questa triste china. Broker thailandesi, cordate di cinesi, Berlusconi sembra aver ripreso l’antico vizietto di frequentare le cattive compagnie. Perche’ un conto e’ Abramovic o il sultano del Brunei, che magari non sai come hanno fatto i soldi ma non ci sono dubbi che li hanno, un altro e’ trattare con gente che rappresenta una cordata di altra gente, che in 10 o 15 forse mettono insieme quello che serve. Per avere un finto ricco del genere Tohir, teniamoci un ex mecenate e oggi pitocco come Berlusconi. Prendiamo coscienza della triste realta’. La Juve dell’era Marchionne ha assunto ormai una dimensione globale che le consente di trovare amici no solo tra i consueti arbitri italiani, ma anche tra quelli internazionali, come abbiamo visto nei dettagli consentiti dall’alta definizione nella partita con il Monaco. Il derby e’ diventato una guerra tra poveri, non riduciamo a una faida tra miserabili. E soprattutto, quella guerra tra poveri cerchiamo di vincerla. Perche’ si possa a dire, anche tra molte stagioni: certo, il 2015 e’ stato l’annus horribilis del calcio milanese, ma almeno nel derby…

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