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Coworking, una nuova filosofia di lavoro che si sta diffonendo anche in Italia

Nato in California, il coworking è una filosofia di lavoro che si sta estendendo anche da noi: permette di dividere le spese d’ufficio e creare nuove relazioni – Ecco chi fa coworking in Italia.

Coworking, una nuova filosofia di lavoro che si sta diffonendo anche in Italia

L’unione a volte fa anche l’ufficio. E’ il coworking, l’idea nata in California che consente a chi non ha un luogo di lavoro di condividere con altri locali, servizi e spese, colmando lacune di aziende e pubbliche amministrazioni. Con il felice corollario che spesso proprio dall’intreccio di relazioni con i co-inquilini d’ufficio eterogenei nascono nuove idee ed opportunità. Una nuova filosofia di lavoro che in Italia sta proliferando.

Il lavoro è poco e sporadico. Se si è costretti a una spending review personale, emerge subito che le spese per mantenere un ufficio sono le più gravose e comunque non sono compensate dall’introito. Una soluzione è lavorare da casa, certo. Oppure in auto, usando il volante come tavolino. Oppure stazionare in un bar con wifi gratuito. Un’idea alternativa l’ha avuta Brad Neuberg, un programmatore informatico di San Francisco che ha deciso di creare il primo spazio di lavoro condiviso nel quale ospitare altri freelance come lui.

Il fenomeno si sta espandendo a macchia d’olio, tra i più giovani e i meno giovani. Nasce la figura del co-inquilino d’ufficio con cui condividere locali, servizi e spese. Ma il tema interessante non è solo nel lato economico. 
“Quando si parla di coworking si tende sempre a mettere in evidenza l’elemento del risparmio” dice Ivana Pais, docente di Sociologia economica alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano. “Osservando i luoghi di coworking e ascoltando il linguaggio dei coworkers stessi, ho potuto notare una affiliazione a un modo di pensare il lavoro, una vicinanza fra le persone che prescindono dalla condivisione degli spazi: i coworkers tendono dunque a sentirsi parte di una community. Inoltre, intessendo reti di relazione si creano anche nuove opportunità di lavoro alle quali, stando chiusi in casa propria da soli, non si avrebbe accesso. Spesso il lavoro c’è, ma domanda e offerta non si incontrano. Il coworking stesso diventa una forma di business, uno spazio di progettualità che viene coltivata”.

Il coworking può dunque essere visto come una nuova filosofia, una cultura del lavoro. I coworkers vivono questa realtà “con apertura mentale, con l’idea di condivisione di idee e progetti” dice ancora Pais. “Soprattutto fra persone che svolgono professioni differenti: molti coworkers raccontano che questa esperienza permette loro di entrare in relazione con professionisti che altrimenti non avrebbero mai cercato e con i quali non avrebbero mai pensato di interagire. E da questa relazione nasce lo stimolo a progettare, creare, innovare“. E’ il prodotto del modello a rete tipico della società dell’informazione in cui si crea uno spazio di condivisione, si creano contatti e relazioni molto eterogenee, mentre singolarmente si continua a svolgere la propria professione. 

Ma come funziona?

Le formule sono molte e ce n’è per tutti i gusti. La base ovviamente è che ci siamo dei locali dove ognuno può avere una postazione. Ci può essere una sola grande stanza open-space dove tutti lavorano insieme. Oppure possono esserci stanze più piccole dover ritirarsi per una telefonata importante o per ricevere un cliente. Alcuni co-office offrono anche dei locali per riunioni oppure offrono singole stanze in via esclusiva per chi ha necessità di lasciare documenti e archivio ingombranti.

E veniamo ai servizi. Anche in questo caso ci sono offerte di base: una connessione wifi, una stampante e un domicilio postale. Ma poi possono aggungersi altri co-servizi che vanno dalle consulenze legali e fiscali, al segretariato, a strumenti tecnici, a sale di rappresentanza con apparecchiature per video-conferenze e altro ancora a seconda delle richieste. Per esempio c’è anche la versione rivolta a genitori con bimbi piccoli che possono trovare lì strutture dove lavorare e, nella stanza accanto, lasciare i piccoletti nelle mani di una educatrice che li fa giocare, sorpassando alla grande le imprese che non sono disposte a concedere spazi per i figli dei dipendenti. Ma non c’è ufficio che non abbia anche un’area dedicata alle pause dal lavoro e anche il co-working può offrire un’area di co-relax che va dalla semplice macchinetta del caffè, alla disponibilità di una cucina, all’utilizzo di una servizio cathering. Iprezzi variano a seconda delle strutture.

Come trovare un coworking?  

Un buon punto di riferimento per iniziare la ricerca è il portale www.Coworkingfor.com creato da Claudia Merlini, il primo motore di ricerca per il co-working dove, in quattro lingue, si incrociano domande e offerte di spazi si incontrano e dove è possibile prenotare un ufficio, una postazione oppure una sala riunioni, per periodi brevi o lunghi. Oppure su www.coworkingproject.com affiliato in 98 strutture in 58 città italiane. Nei giorni scorsi (il 6-7 dicembre) si è tenuta a Firenze la terza edizione della ‘nonConferenza’ Espresso Coworking (www.espressocoworking.it) organizzata dal centro di coworking alessandrino Lab121, insieme ai fiorentini Combo Project, Impact Hub e Multiverso. Qui si sono ritrovati i coworking manager di tutta Italia: Milano, Gallarate, Alessandria, Pordenone, Brescia, Borgo San Lorenzo, Firenze, Roma, Cagliari, Padova e Matera.

“L’obiettivo principale della ‘nonConferenza’ era capire come sfruttare al meglio i centri di coworking, eco-sistemi di incontro di professionalità, crescita di competenze, sviluppo di progetti di rilancio economico e professionale. Per lavorare in rete, ognuno nei propri territori.” dicono a Espresso Coworking che cita alcuni numeri: i centri in Italia per ora sono 190 al nord, 55 al centro e 40 al sud; la Lombardia è la prima regione con 87 centri cowo, seguita da Veneto (31) ed Emilia (29).

È un fenomeno in crescita: solo da marzo a maggio di quest’anno sono stati mappati 20 nuovi centri (o di prossima apertura). Il 53% dei coworkers sono freelance, il 29% imprenditori (o startuppers); più uomini, ma le donne sono in crescita del 5% ogni anno. Uno dei temi di discussione è stato lo smart working; ovvero la creazione di progetti innovativi che hanno impatto sociale sul territorio. “Perché i valori di apertura e condivisione che contraddistinguono il movimento del coworking stanno contaminando positivamente non solo le community che vi si aggregano, ma anche i territori circostanti” dicono.”Si sta delineando la creazione di una nuova economia” dice Andrea Paoletti di Casa Netural – Matera. “Attorno ai coworking gravitano aziende in cerca di talenti, investitori che ritrovano in questi luoghi antenne per sondare nuovi mercati e persone che anziché fuggire all’estero, condividono le loro competenze professionali nei territori di appartenenza, privilegiando la qualità di una vita bilanciata tra famiglia e lavoro”.

Ed ecco alcuni degli esempi di coworking già avviati:

E’ nato da poco a Milano lo spazio di coworking Qf (Quoziente Famiglia) – fondato da Erika Martinazzoli, web designer, e Raffaella Cesi, psicologa, in via Procaccini 11 – è un luogo multifunzionale con postazioni di lavoro e vaste aree per il tempo libero, compresa una zona dedicata ai più piccoli: i bambini possono essere affidati alle cure di personale esperto consentendo alla madre, al padre, o ai nonni di lavorare in autonomia nella stanza accanto. Erika e Raffaella si erano conosciute durante il corso di preparazione al parto dei loro bimbi. Tornate a casa, le due “colleghe” hanno presto agito dove le istituzioni e le imprese latitano. “Volevamo tornare a lavorare presto” dicono “ma nello stesso tempo volevamo stare vicino ai nostri bimbi. E abbiamo capito che questa stessa esigenza era sentita da molti altri. Da qui l’idea di aprire questo spazio, in cui comunque arrivano anche persone senza bimbi”. Frequentano infatti Qf persone di diversa provenienza. “Mi è piaciuta subito l’idea. Io non ho il problema di portare i figli. Avevo invece quello di trovare un posto dove lavorare qui a Milano per il mio datore di lavoro che è a Roma. Questa formula è azzeccata. Qui ho tutto ciò di cui ho bisogno per lavorare. Molto meglio che lavorare in uno studio da sola o, peggio, a casa. E poi è un posto bello, con dei bei colori, delle belle luci,insomma, molto confortevole “.

Con lo stesso spirito di aiuto a liberi professionisti con bambini piccoli è il romano? L’Alveare nato nell’ambito dell’associazione “La città delle mamme”.

Open Campus
, nato a maggio 2010, è uno spazio di coworking che nasce all’interno di Tiscali, a Cagliari. Spazio dedicato alle startup digitali, con focus sulla promozione della cultura d’impresa.
Con sede in provincia di Varese, a Gallarate, B-Smart center ha come macro obiettivo la creazione di un “link tra la latitudine di Milano e quella di Gallarate”. Oltre alla gestione di uno spazio tecnologico grazie a partnership con brand digitali, sviluppa una community multiprofessionale realizzando varie attività, da aperitivi tematici a corsi di formazione che spaziano dall’enologia al digitale. Tra i progetti realizzati di forte impatto il lancio di un concorso per premiare idee imprenditoriali del territorio.

Officina Lieve
 è a 30 km da Firenze in un contesto di campagna, agricoltura, boschi e una rete molto forte legata al territorio. Trova nell’autoscotruzione e nei materiali naturali il cuore del suo progetto. Così forte il rapporto artigiano-costruttore, da dar vita ad una cooperativa. Sono work in progress!

Cobox
 è stato inaugurato il 27 di novembre a Cremona, all’interno di un progetto per la creazione di un polo tecnologico. Si tratta di un modello di business verticale che predilige l’ICT, questo per attrarre figure professionali particolarmente ricercate, come i programmatori.

Let’s Make
 è un’associazione di promozione sociale, che ha dato vita ad un coworking a Roma, nato da circa un anno. “Schede di prototipazione rapida, arduino, innovazione, cultura della fabbricazione digitale”, sono la parole chiave dei fondatori di Let’s Make. Nel coworking è stata introdotta una moneta battezzata Let’s coin, per generare un ciclo virtuoso di scambio di servizi e conoscenza. Tra i progetti germogliati nel coworking, un libro illustrato per non vedenti e uno strumento per insegnare in modo semplice l’arte della programmazione.

Restiamo ancora a Roma, con Cowo360, spazio che ha una seconda vita; dopo l’avvio da parte di Stefano Borghi, si è trasformato sempre più in una community gestita da un’associazione. La rinascita è caratterizzata da un focus forte sull’economia collaborativa che in breve ha attratto oltre 15 cowoker.

LOFT350
 spazio aperto a Modena. L’avventura inizia con la ristrutturazione di un grande capannone utilizato in origine da un artigiano, non senza intoppi burocratici. La realizzazione, come spesso accade nel coworking, è stata possibile grazie ad una community multiprofessionale di lavoratori nomadi.

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