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Brasile: boom degli investimenti stranieri in M&A, anche grazie alla cura Lula. Ecco perché

Boom M&A cross-border in Brasile: nei primi 9 mesi del 2023 sono state il 61% del totale, rispetto al 31% al 2022. I motivi? La ritrovata credibilità internazionale con Lula, le tensioni politiche Usa-Cina e in Ucraina, e la crescita del Pil sopra le attese.

Brasile: boom degli investimenti stranieri in M&A, anche grazie alla cura Lula. Ecco perché

Il Brasile torna ad attrarre investimenti esteri. Sarà la cura-Lula, che da quando è tornato alla presidenza si sta spendendo per riposizionare il Paese nella comunità internazionale dopo l’isolazionismo bolsonarista, saranno i tassi d’interesse in calo, sarà il dollaro ancora forte sul real, fatto sta che nei primi nove mesi del 2023 la percentuale di operazioni di fusione e acquisizione cosiddette cross-border è praticamente raddoppiata, dal 31% dello stesso periodo del 2022 al 61%. Anche in termini assoluti, il valore dovrebbe risultare più o meno raddoppiato alla fine dell’anno, per lo meno in proiezione, visto che nell’intero anno solare 2022 i deal M&A hanno raggiunto il valore complessivo di 38 miliardi di dollari, e dal 1° gennaio al 30 settembre di quest’anno siamo già a quota 26 miliardi di dollari, di cui quasi 16 miliardi con denaro proveniente dall’estero. 

I due fattori di appeal del Brasile

Secondo gli esperti, questo rinnovato appeal del Brasile è dovuto, oltre ai fattori già citati, principalmente a due motivi: la crescita del Pil oltre le aspettative (quest’anno secondo l’Ocse chiuderà al 3%) e le tensioni geopolitiche provocate dalla guerra in Ucraina e dai rapporti ai minimi storici tra Usa e Cina, che dunque favorirebbero lo spostamento dell’asse globale verso altre aree, in particolare da parte di Pechino che mette sempre più le mani su Africa e America Latina. 

Il continente sudamericano è ancora quello che meno beneficia di investimenti esteri diretti, con solo l’8% sul totale, ma è proprio il Brasile a fare la voce grossa: già nel 2022 si è accaparrato il 41% degli investimenti stranieri dell’intera area dal Messico in giù, e il dato è destinato a crescere quest’anno grazie proprio al boom delle operazioni M&A fatte con operatori di altri Paesi. 

Le operazioni più importanti

Per citare alcune delle operazioni importanti, il colosso svizzero Nestlè è tornato a fare affari in Brasile dopo due decenni, acquisendo la catena di negozi di cioccolatini Copenaghen, per un valore vicino al miliardo di dollari secondo il cambio attuale. Sempre in ambito alimentare, ma più nello specifico in quello della agricoltura biologica, è di quest’anno anche l’acquisto dell’85% di Biotrop da parte della belga Biobest, per circa mezzo miliardo di euro. Ancora in Europa, dalla Francia L’Oréal ha recentemente rilevato il luxury beauty brand australiano Aesop, fino a quest’anno nel portafoglio della holding brasiliana Natura&Co. Valore del deal 2,3 miliardi di euro, ad oggi l’operazione M&A più grande messa a segno dal gruppo transalpino. 

Restando nel mondo occidentale: per un miliardo di dollari l’americana Visa ha acquisito l’impresa tecnologica brasiliana Pismo, mentre l’azienda di consulenza finanziaria Boa Vista, la seconda più grande del Paese lusofono, si è fusa con la statunitense Equifax, per un valore di circa 600 milioni di dollari. 

Brasile primo partner commerciale della Cina per materie prime e prodotti industriali

A testimonianza di un crescente interesse sul Brasile anche da parte del “nuovo ordine mondiale”, ovvero quello che fa capo alla Cina attraverso i Brics e al mondo arabo, va segnalato che in generale, al di là delle specifiche operazioni di M&A di quest’anno, il Brasile da un paio d’anni è saldamente il primo partner commerciale di Pechino, per scambio di materie prime (soia e carne dal Sudamerica all’Asia) e di prodotti industriali (nella direzione opposta), e anche per la vendita di asset strategici a imprese cinesi e ad esempio per la recente intenzione del colosso Petrobras di aprire una filiale in territorio cinese. 
Infine, va ricordata un’operazione già riportata da FIRSTonline: il gigante minerario brasiliano Vale ha venduto il 13% della sua unità sui metalli rari, determinanti per la transizione energetica, al fondo saudita Manara. Nell’operazione, da 3,4 miliardi di dollari, è rientrato anche il fondo statunitense Engine No 1. 

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