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Borse in forte ribasso ma non solo per il tapering: la Cina affonda il lusso

Il tapering della Fed, che potrebbe scattare entro l’anno, offre lo spunto ai mercati per prese di beneficio dopo il rally ma sulla discesa dei listini azionari pesano anche la variante Delta, le incertezze geopolitiche e la stretta cinese, oltre alla necessità di riallineare gli indici ai fondamentali dell’economia – A Piazza Affari bene le utilities, male il lusso e la galassia Agnelli (tranne la Juventus): crolla Moncler

Borse in forte ribasso ma non solo per il tapering: la Cina affonda il lusso

La stretta cinese sui ricchi, le probabilità di un avvio di tapering da parte della Fed entro fine anno, la variante Delta e le tensioni geopolitiche si riflettono oggi sui mercati finanziari mondiali, con gli investitori che approfittano della congiunzione astrale per riallineare gli indici ai fondamentali dell’economia e fare cassa, dopo i lauti guadagni degli ultimi mesi. 

L’avversione al rischio sostiene il dollaro, affonda il petrolio e lascia titubante l’oro, mentre i metalli vanno giù. 

Dopo il calo delle Borse asiatiche, chiudono così in rosso i listini europei. Oltreoceano però Wall Street, partita con il segno meno, è ora in ripresa sorretta dai dati macro. Nasdaq ed S&P 500 sono al momento in verde, anche se i titoli energetici restano in ribasso.

In Europa il bilancio è più grave causa dei titoli del lusso, che strapazzano Parigi -2,43% per il secondo giorno consecutivo (Lvmh -6,38%). I cali sono oltre il punto percentuale a Londra -1,5% e Francoforte -1,27%; meglio Amsterdam -0,73% e Madrid -0,69%.

Piazza Affari perde l’1,62% e scende a 25.928 punti, trascinata al ribasso da Moncler -6,12%, in maglia nera anche ieri. La regina dei piumini, come i colleghi d’Oltralpe soffre la possibilità che il governo di Pechino imponga una tassa sui super ricchi o, al motto di compra cinese, imponga dazi sulle firme europee. Nel comparto vanno giù per la stessa ragione Cucinelli -6,21%, Tod’s -5,04%, Ferragamo -4,74%.

Nel paniere principale pesa inoltre il calo dei titoli oil: Tenaris -4,64%; Eni -2,8%; Saipem -2,75%.

Nuove perdite per la galassia Agnelli, con Exor -3,46% e le partecipate Cnh -3,9%, Stellantis -3,56%, Ferrari -2,8%.

Vendite su Campari -2,74% e sulle banche. Tra le dieci blue chip peggiori del giorno trova spazio infatti Unicredit -2,71%. Fuori dal listino principale non fa molto meglio Mps, -1,91%. Secondo Bloomberg il Tesoro starebbe valutando un aumento di capitale per la banca senese fino a 3 miliardi di euro allo scopo di rafforzarne la solidità patrimoniale e assecondare la richiesta di Unicredit di rendere l’acquisizione neutrale per i suoi ratio di capitale. La strada preferita dal Mef, sostiene l’agenzia, sarebbe quella di un aumento in opzione, in modo che gli azionisti possano sottoscrivere e non veder diluire la loro quota.

Tengono i titoli difensivi, in particolare le utility: Italgas +1,22%; Terna +0,9%; Enel +0,85%; A2a +0,26%; Hera +0,51%. Acquisti anche su Amplifon +0,79%; Nexi +0,77%; Recordati +0,35%; Diasorin +0,11%.

Qualche tensione si registra sull’obbligazionario, con lo spread tra decennale italiano e tedesco in crescita a 106 punti base (+2,5%) e il tasso del Btp che sale leggermente a +0,57%.

La stessa parabola non si riscontra invece sui titoli di Stato Usa, i cui prezzi al momento sono in rialzo e i rendimenti in calo, nonostante le minute della riunione di fine luglio della Fed autorizzino a ipotizzare un avvio del ritiro del suo enorme sostegno finanziario all’economia (120 miliardi al mese) a partire dalla fine dell’anno. Molti banchieri pensano che il target dell’occupazione, vera stella polare della politica monetaria, potrà essere raggiunto quest’anno e i dati pubblicati oggi  dal dipartimento del lavoro supportano ulteriormente quest’idea, perché le richieste di disoccupazione settimanali sono al minimo di 17 mesi: 348.000 (-29mila sulla settimana precedente), contro stime per 365.000. Un risultato che fa esultare il presidente Usa Joe Biden via Twitter.

In attesa di vedere cosa uscirà dal meeting di Jackson Hole, che riunirà il gotha della finanza mondiale la prossima settimana, molti analisti stimano che la Fed annuncerà il suo piano per ridurre gli acquisti di asset già nella riunione politica del 21-22 settembre.

A compensare un po’ i timori che questa scelta impatti criticamente sulla ripresa economica, già messa a rischio dalla recrudescenza della pandemia, arriva oggi invece il superindice dell’economia statunitense (LEI) (redatto dal gruppo di ricerca privato Conference Board,) cresciuto a luglio dello 0,9% a 116 punti, dopo il +0,5% di giugno (in ribasso dall’iniziale +0,7%) e il +1,2% di maggio. Le attese erano per un rialzo dello 0,7%. Già ad aprile, l’indice LEI aveva recuperato pienamente dalla contrazione provocata dal Covid-19, superando il precedente picco dell’indice, raggiunto nel gennaio 2020. Scende invece l’indice manifatturiero della Fed di Philadelphia ad agosto, anche se le condizioni del settore si mantengono positive.

In questo contesto indice del dollaro si rafforza dello 0,3%. Il cambio euro-biglietto verde scende in area 1,169. Il petrolio s’inabissa, zavorrato dalla forza della valute americana. Il Brent tratta in ribasso del 3% circa a 66,20 dollari al barile; il Wti cede il 3,3%, 63,05 dollari al barile.

L’oro spot perde lo 0,27%, 1783,30 dollari l’oncia. 

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