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Borsa o obbligazioni? Le occasioni da non perdere per chi investe oggi: parla Antonio Cesarano di Intermonte

Scongiurato, per ora, lo shutdown Usa e in attesa della valutazione di Moody’s venerdì notte, il Chief Global Strategist di Intermonte disegna lo scenario internazionale e indica alcune strade da seguire per comporre il proprio portafoglio, sia nel mondo del reddito fisso, dai titoli di stato ai financials, sia in quello dell’azionario, con un pizzico di oro

Borsa o obbligazioni? Le occasioni da non perdere per chi investe oggi: parla Antonio Cesarano di Intermonte

Ci troviamo davanti a un curioso scenario di “divergenze parallele” dice Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte osservando i mercati statunitensi ed Europei: la maggior parte è concorde nel ritenere che ci sarà un’inversione di tendenza sui tassi, ma sul quando e sul quanto c’è molta disparità di vedute. Ma nonostante uno scenario così incerto, non mancano strumenti finanziari molto interessanti da mettere in portafoglio. Ecco come valutare la situazione e come muoversi.

Come legge l’attuale scenario economico e finanziario? Da una parte ci sono investitori molto preoccupati i tassi elevati, ma anche per l’eventualità di una recessione. Dall’altra però le borse sono molto effervescenti e altri investitori prevedono al massimo un soft landing. Chi ha ragione?

“Il quadro generale mostra incertezze, oscillazioni e percezioni diverse. L’ultimo sondaggio mensile condotto da Bofa/Merrill Lynch mostra che il 75% degli intervistati vede più probabile un soft landing o addirittura un no-landing, il 10% in più rispetto alla stessa indagine di un mese fa. Guardando poi ad altri studi le opinioni sono molto diverse. Ubs ritiene che ci sarà una forte recessione negli Usa e che quindi la Fed dovrà tagliare i tassi in modo consistente. Goldman Sachs invece dice che gli Usa sono forti e lo saranno ancora il prossimo anno, così i primi tagli potranno semmai arrivare alla fine del 2024. C’è Morgan Stanley che sta nel mezzo vedendo un’economia che non sta molto bene e che avrà bisogno di un taglio dei tassi già dalla metà del prossimo anno. E poi abbiamo sentito Mario Draghi che, da ex-banchiere centrale, ha ipotizzato una recessione, ma non profonda. Quindi ci troviamo davanti a divergenze parallele: tutti concordano sul fatto che siamo vicini a un taglio dei tassi, ma divergono sul quando e sul quanto. Tutto dipenderà dai dati che emergeranno nelle prossime settimane”.

Come valuta le azioni restrittive delle banche centrali, a fronte di comportamenti invece decisamente espansivi di certi governi, statunitensi in particolare, ma anche europei?

“La confusione presente tra gli operatori può derivare dall’incertezza delle banche centrali che continuano a perseguire un approccio dipendente dai dati macro, senza delineare una prospettiva. Queste del resto, mentre cercavano di raffreddare l’economia per contenere l’inflazione, si sono trovate spiazzate davanti alle consistenti manovre governative espansive e di stimolo, in particolare negli Usa. Abbiamo visto per esempio il governo di Joe Biden agire a sostegno del pagamento delle rate degli student loans, pari a circa 500 dollari medi al mese, consentendone il non pagamento da marzo 2020. Da ottobre però la moratoria viene meno e i consumatori Usa dovranno riprendere a pagare le rate sugli student loans”.

Visto che occorre analizzare con attenzione i dati, come leggere quelli del terzo trimestre e i primi dati del quarto trimestre che stanno arrivando?

“Proprio grazie a quegli strumenti di stimolo erogati dal governo, gli Stati Uniti hanno registrato un Pil nel terzo trimestre al 4,9%. Ma da ottobre è terminata la moratoria sui super loans, anche se Biden ha addolcito la pillola dicendo che chi non paga non sarà perseguito nei prossimi 12 mesi. E alcuni dati stanno già reagendo al venire meno di questi stimoli. Per esempio le richieste di sussidi di disoccupazione nelle ultime 4 settimane stanno salendo, mentre l’inflizione, risultata stabile a ottobre, mostra un dato annuale sceso al 3,2% sotto e stime di 3,3%”.

I soldi non crescono sugli alberi, si sa, e maggiori stimoli significano di solito maggior debito e maggior deficit. Come valuta la situazione di un debito Usa, mai visto a questi livelli?

“Si inizia a pagare il conto delle manovre super espansive e le agenzie di rating se ne stanno già accorgendo: Fitch si è mossa con un downgrade del rating, Moody’s con un outlook negativo. Certamente non è un problema di solvibilità per gli Usa. Ma certo il problema di un deficit pubblico così alto, e che tale resterà fin verso il 2033/34, è da affrontare: prima del Covid ogni trimestre il Tesoro Usa ricorreva al mercato con aste di titoli per circa 300/400 miliardi, ora si viaggia intorno agli 800 miliardi, al trimestre. Tanto più che c’è il tema della spesa per interessi: non s’era mai visto che oltre il 20% delle entrate fiscali venisse utilizzato per pagare gli interessi. E il prossimo anno sarà, come per l’Italia, un anno importante per il cosiddetto “muro di scadenze”, per il venire a scadenza di ammontari molto consistenti di titoli di Stato oltre che di titoli soprattutto corporate High Yield Usa”.

Ha spesso messo in relazione la situazione Usa con quella italiana. Quanto sono vicine le due economie?

“Fatto salvo ovviamente per il diverso rating, ci sono diverse analogie. Il titolo a 10 anni italiano rende il 4,54%, non lontano è quello Usa che è a 4,60%. La vita media del debito è di circa 7 anni per l’Italia e di 6 anni per gli Usa. Inoltre, come abbiamo detto entrambi i paesi si trovano a dover far fronte a conti da pagare per coprire le spese eccessive passate e a enormi quantitativi di aste in scadenza l’anno prossimo”.

Sulla scacchiera del debito la politica Usa sta giocando una partita ai ferri corti. Repubblicani e democratici si stanno misurando sul tema del maggior rigore sulle spese statali. Come potrebbe evolversi la situazione?

“Recentemente è stato approvato alla Camera un provvedimento proposto dal neo leader repubblicano alla Camera Mike Johnson che prevende di fatto l’autorizzazione alla spesa per alcuni dipartimenti fino al 19 gennaio e per altri (tra cui la difesa) fino al 2 febbraio. Da questa proposta è escluso il pacchetto di aiuti di oltre 100 miliardi di dollari richiesto da Joe Biden per Israele ed Ucraina. Johnson ha dichiarato che di questo pacchetto si terrà conto in altro provvedimento. Molto probabilmente pertanto lo shutdown (ossia chiusura di diversi uffici pubblici) verrà evitato fino agli inizi del 2024, ma è altrettanto evidente la strategia dei repubblicani: costringere i democratici a continue negoziazioni fino alle prossime presidenziali di novembre 2024, con lo scopo di ottenere tagli alla spesa che alla fine potrebbero risolversi in un fattore positivo per il mercato obbligazionario molto sensibile all’evoluzione del deficit pubblico”.

Alla luce di questi scenari, qual è la posizione di Intermonte?

“Con il venir meno degli stimoli che abbiamo detto, vediamo possibile un rallentamento nel quarto trimestre, che diventerà più consistente nel primo semestre del prossimo anno. La Fed quindi dovrebbe aver terminato la politica di rialzo dei tassi, alla luce anche dei segnali di rallentamento dell’inflazione. Al limite potrebbe fare ancora una mossa, solo per prudenza, nel caso di eventi straordinari esterni soprattutto sul fronte geopolitico”.

Quali sono gli investimenti più adatti?

“In questo scenario i bond restano un investimento interessante soprattutto nella parte a 3-5 anni, ma con qualche allungamento tattico di scadenze. Buoni anche gli investimenti in titoli emessi dal comparto finanziario in modo particolare italiano, visto che le banche hanno per lo più destinato gli extra profitti al rafforzamento del capitale, fornendo così maggiore sicurezza all’investitore obbligazionario”.

E per l’azionario?

“Occorre puntare su quei titoli che hanno maggiore liquidità e/o che generano molta liquidità e che quindi possono sopportare anche fasi prolungate di tassi alti. Ad avere queste caratteristiche è soprattutto il settore delle big tech USA: le aziende non solo hanno molta cassa in portafoglio e offrono molti buy back, ma stanno ora raccogliendo i frutti degli investimenti fatti in passato, vedi per esempio l’Intelligenza artificiale. Altri settori con buona liquidità sono le utility, le banche e in parte anche gli energetici”.

Come vede l’investimento in oro?

“Terrei un 5-10% investito nel metallo giallo. Il mercato dell’oro sta vivendo un momento di domanda record delle banche centrali globali, perché, dopo il caso-Russia, vogliono diversificare le loro riserve valutarie dal dollaro. Inoltre si sta avvicinando il capodanno cinese, il 10 febbraio, che quest’anno sarà dedicato al drago. Stagionalmente la domanda d’oro cinese (la Cina è il primo consumatore al mondo) tende a salire nei due mesi antecedenti il capodanno lunare”.

Il prossimo venerdì sarà una data chiave anche per il debito italiano, visto che intorno alle nostre ore 23 si attende il giudizio di Moody’s, il cui rating attualmente è proprio sulla soglia tra investment e no investment grade. Che cosa prevede che accada se ci dovesse essere un downgrade?

“Moody’s potrebbe seguire le atre agenzie confermando rating ed outlook basandosi soprattutto sull’impatto sulla crescita del PNRR. In ogni caso in caso contrario potrebbe esserci nel brevissimo volatilità sullo spread, ma credo che poi potrebbe rientrare, visto che le altre tre agenzia hanno confermato rating ed outlook. In ogni caso si tratterebbe di un segnale importante anche per al fase finale di approvazione della legge di bilancio, oltre che per la negoziazione sul fronte nuovo patto di stabilità”.

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