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Borletti: “Dalla Rinascente a Grandi Stazioni e al polo del lusso a San Marino”

INTERVISTA A MAURIZIO BORLETTI, ultimo erede di successo della famiglia che fondò la Rinascente e che ora tenta la scalata a Grandi Stazioni e sta lanciando un polo della moda e del lusso a San Marino, che verrà presentato in settimana e sarà pronto nel 2018, come la nuova Rinascente di Roma – Con Internet il paradigma è cambiato: ora bisogna puntare su luoghi di grande transito.

Borletti: “Dalla Rinascente a Grandi Stazioni e al polo del lusso a San Marino”

Dalla Rinascente a Grandi Stazioni. E’ la nuova avventura tentata da Maurizio Borletti, ultimo erede di successo di una lunga dinastia di imprenditori italiani: da Romualdo, che nel 1875 fondò il “Linificio e canapificio nazionale”, creando così una delle prime e maggiori società tessili d’Italia e d’Europa, passando per Senatore, zio di Maurizio, che nel 1917 fonda La Rinascente, un affare di famiglia per quasi un secolo. Ceduta negli anni ‘70 al gruppo Fiat, l’attività è stata infatti riacquistata da Maurizio del 2005 e rivenduta a una cifra record a un fondo thailandese, dopo averne rigenerato conti e immagine.

Il Gruppo Borletti è ora l’unico concorrente italiano rimasto in gara per la cessione di Grandi Stazioni Retail, la società controllata da Fs e Eurostazioni (società privata partecipata da Benetton, Caltagirone, Pirelli) che gestisce – dopo lo scorporo – le attività relative allo sfruttamento economico degli spazi commerciali, media & advertising, deposito bagagli, servizi igienici nelle 14 principali stazioni ferroviarie italiane. Al momento, tra le offerte non vincolanti, la più alta risulta essere quella della cordata guidata da Deutsche Bank, dalla quale si sta ritirando l’altro player italiano sin qui coinvolto, Poste Vita. Si parla di oltre 800 milioni, a fronte dei circa 730 messi ad oggi sul piatto dalla cordata formata dalla famiglia Borletti insieme ai fondi francesi Antin e Icamap, che si occupano rispettivamente di infrastrutture per autostrade e immobiliare. La partita è però ancora apertissima: l’ad di Grandi Stazioni Paolo Gallo ha detto di aspettarsi le offerte definitive entro la fine di maggio, prima della quale data vanno però fornite ulteriori informazioni ai soggetti interessati. E nel frattempo Maurizio Borletti rilancia, con un progetto di oltre 100 milioni per un polo della moda e del lusso a San Marino, che sara’ presentato in settimana.

Dai grandi magazzini alle grandi stazioni: perché, dopo decenni di attività nei grandi magazzini e dopo aver rilanciato La Rinascente, puntate a questo nuovo business?

“Con Internet il paradigma è cambiato: ora bisogna puntare ai luoghi di grande transito, non a quelli – come una volta – dove i clienti devono recarsi di proposito. Il Giappone questo lo ha capito decenni fa, costruendo stazioni che erano già pronte ad essere utilizzate come centri commerciali. In Europa siamo indietro, anche se devo dire che l’attività di Grandi Stazioni è una delle più avanzate tra i competitor continentali”.

Quanto vale, in termini di potenziali clienti, il transito turistico nelle principali stazioni ferroviarie italiane?

“Si parla di 700 milioni di viaggiatori ogni anno. Per darle un parametro, nel recente periodo d’oro La Rinascente è arrivata a 15 milioni di clienti l’anno e Printemps, i grandi magazzini francesi sempre di nostra proprietà, arrivano a 20 milioni. E’ vero che chi si reca in un negozio è di solito più intenzionato ad acquistare rispetto a un semplice viaggiatore che passa di lì, ma i numeri sono questi”.

Al momento la vostra offerta sembra non essere vincente, ma quale è il valore aggiunto che sareste in grado di offrire a Grandi Stazioni, oltre all’italianità del progetto?

“La nostra famiglia ha una lunga esperienza in questo settore, fatta di grandi successi. Il management di GS si è posto l’obiettivo di raddoppiare la redditività attuale (50 milioni di Ebitda) entro 5 anni: io dico che si può fare molto di più con gli interventi giusti. Prendete ad esempio Milano: ha 300 mq di superficie di rendita, ma potrebbe averne il doppio”.

Il vostro know how è certamente più coerente rispetto a quello offerto da grandi fondi internazionali che non conoscono l’attività e le dinamiche italiane. Concretamente, quale potrebbe essere uno dei primi obiettivi per migliorare la qualità delle attività commerciali nelle stazioni?

“Senza dubbio il CRM (Customer relationship management), ovvero la gestione delle relazioni con il cliente attraverso un attento sviluppo della base dati. E poi con un’offerta di qualità ma varia: noi abbiamo una buona esperienza anche nel lusso, ma una stazione ferroviaria non è via Montenapoleone”.

Sulla scia del successo ottenuto rilanciando La Rinascente, in particolare nello storico centro di piazza Duomo a Milano?

“Abbiamo un legame storico con quel marchio, e mi è anche dispiaciuto doverlo vendere nel 2011, ma nella cordata che lo acquistò nel 2005, per 800 milioni di euro, c’erano anche dei fondi di private equity che non avevano interesse a prolungare l’investimento. Così è arrivata un’offerta irrinunciabile da Central Retail Corporation, un fondo thailandese: pagarono 13 volte l’Ebitda, immobili esclusi, un record per l’epoca. Comunque è stato un bellissimo quinquennio: investimmo in tutto un miliardo, compresi i 200 milioni di investimenti per riconcepire il negozio di Milano da capo a piedi. All’epoca Rinascente fatturava 6 miliardi, di cui 5,2 miliardi nella parte food e solo 0,8 per tutto il resto. Abbiamo un po’ voluto riportare il commercio di fascia alta al centro del progetto, sul modello di grandi magazzini internazionali come Harrod’s e Printemps, dedicando però al food la perla dell’ultimo piano con terrazza, dove ogni anno si recano circa 7 milioni di persone: quasi la metà dei nostri clienti annui arrivano a salire fino all’ultimo piano. E’ una rarità per un centro commerciale”.

I risultati si sono visti, anche sul piano finanziario.

“Il negozio del Duomo, che da solo rappresentava già metà del fatturato societario, ha aumentato le vendite del 70% in cinque anni. Un risultato eccezionale se si pensa che quelli sono stati anche anni di crisi: abbiamo venduto nel 2011, nel pieno della recessione”.

Oltre alla cessione, ha qualche altro rimpianto?

“Sì, quello di non essere riusciti ad aprire il negozio di Roma in via del Tritone: lo abbiamo acquistato nel 2006, doveva essere pronto nel 2011 e invece lo sarà solo nel 2018. Questo fa capire quanto sia difficile, certe volte, lavorare in Italia”.

Sembra sia andata meglio col nuovo progetto a San Marino, però.

“Assolutamente si. In soli tre anni abbiamo ottenuto i permessi per costruire, da zero, un centro commerciale da 25.000 mq interamente dedicato al lusso: 100 negozi, per un totale investito di oltre 100 milioni di euro. Il concetto è quello dell’outlet stile Castelromano o Serravalle, andando a coprire una zona, quella adriatica, che non ha ancora grandi aree di questo tipo. Il centro sarà anche ben posizionato, in un punto strategico di grande transito sulla superstrada che collega San Marino a Rimini, e dunque all’autostrada adriatica. Sarà pronto nel 2018, come La Rinascente di Roma, e questa attività rappresenterà da sola il 10% del Pil della piccola repubblica sanmarinese. Presenteremo il progetto alla stampa e a tutti i sammarinesi mercoledì 4 maggio a San Marino”

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