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Borgonovi: “I mercati finanziari sono i nuovi dittatori”

L’Italia ha fatto i compiti a casa e ha avviato la strategia delle riforme ma l’arbitrio dei mercati la espone al contagio della Grecia prima e della Spagna adesso – Ma la vera partita che dominerà i mercato dopo le elezioni americane a fine anno e in Germania e in Italia nel 2013 sarà quella tra il grande debitore americano e il grande creditore cinese

Borgonovi: “I mercati finanziari sono i nuovi dittatori”

Ci sentiamo dire continuamente che le manovre fiscali e altri tipi di intervento sono in un certo senso una via obbligata in quanto occorre dare fiducia ai mercati finanziari, salvo accorgersi che tali misure non sono mai sufficienti e che i mercati finanziari sembrano essere vigili e pronti ad affossare qualsiasi manovra. L’Italia ha svolto i compiti suggeriti dall’Europa e si presenta con le carte in regola, come ha più volte affermato il premier Monti, ma oggi si trova a rischio di contagio non solo dalla Grecia ma anche e soprattutto dalla Spagna. Rischio di contagio che si è solo temporaneamente attenuato, ma non è certo sparito, a seguito della decisione presa nel fine settimana dai ministri economici europei di destinare 100 miliardi al salvataggio delle banche spagnole. Il presidente Obama sta facendo una pressione sull’Europa e in particolare sulla Germania chiedendo maggiore coraggio nelle politiche di crescita, ma a sua volta non è stato in grado di portare in porto la riforma dei mercati finanziari (di Wall Street) a causa delle opposizioni della lobby finanziaria mondiale. Alcuni economisti, che non hanno saputo prevedere l’enorme rischio dei subprime e che ancora nel 2005 ne promuovevano lo sviluppo come motore di un benessere generalizzato, oggi criticano il Governo che sarebbe poco coraggioso nel prendere drastiche misure di risanamento e di rilancio dell’economia e vogliono far credere che i partiti e le lobby italiane non riescano a staccarsi dalle vecchie logiche, non riuscendo a capire che siamo ancora sull’orlo del burrone.

Ad essi non passa nemmeno per la testa che forse sull’orlo del burrone ci stanno tenendo proprio quei mercati finanziari, che poi significa poche centinaia di persone che pensano (e finora sembrano riuscirci) di avere in pugno il mondo, o perlomeno il mondo occidentale. Non vorremmo che essi determinassero una tragedia simile, anche senza morti sul campo, come quella determinata dal “grande dittatore”, che nel famoso film di Charlie Chaplin giocava con il mondo. Non voglio essere accusato di essere un nuovo (e assai modesto) economista e studioso di management, per giunta con l’aggravante di essermi occupato per 40 anni di ricerche e di formazione per tentare di immettere nelle amministrazioni pubbliche una cultura della funzionalità, della qualità, delle politiche pubbliche e dei servizi, dell’efficienza, del migliore rapporto benefici (per la collettività) e costi/spesa pubblica, quando mi pongo qualche semplice domanda e propongo delle risposte che derivano dalla mia conoscenza della realtà e non da astratti modelli.

Sono stupidi, poco accorti o simili a cicale i milioni di italiani (e anche europei) che stanno soffrendo per le misure di risanamento della finanza pubblica o sono da mettere nel mirino le poche centinaia di speculatori che assomigliano a moderni Dracula, continuamente desiderosi di sangue? Se è vero che chi è indebitato deve stare attento alle attese di chi ha finanziato questi debiti, è proprio vero che i paesi indebitati non possono fare nulla per togliere il capo dalla ghigliottina o dal cappio? Quando vi è un creditore e un debitore, il primo deve stare attento ma anche il secondo non può tirare troppo la corda poiché se muore il debitore anche lui ci perde. Era inevitabile seguire la Merkel nelle sue politiche di rigore per non irritare lei e i suoi elettori tedeschi o era possibile mandare qualche mese fa segnali più decisi a favore della crescita economica? Dobbiamo parlare solo di crescita economica, misurata dall’incremento del Pil o sarebbe meglio parlare di sviluppo economico e sociale per non correre il rischio di avere una ripresa del Pil senza ripresa dell’occupazione? Dobbiamo continuare a sperare che l’Europa “abbia un sussulto di orgoglio” per trovare una armonizzazione del sistema finanziario, delle politiche fiscali, delle politiche del lavoro e abbia istituzioni forti capaci di sostenere l’Euro (processo che richiede almeno 5 anni)? O dobbiamo prendere atto che questo è solo un auspicio o un’utopia non realizzabile nel breve periodo e quindi dobbiamo pensare ad altre soluzioni in grado di salvare l’euro?

Si tratta di domande per certi aspetti retoriche, in quanto le risposte implicite sono legate all’idea che è assolutamente necessario trovare soluzioni innovative e dirompenti rispetto alle dinamiche del passato. Si parla tanto di riforme strutturali dell’economia, della pubblica amministrazione, dei sistemi di rappresentanza, mentre si parla poco delle riforme strutturali del rapporto tra economia reale, economia finanziaria, economia virtuale (quella collegata alle attese degli analisti, in genere interessati a determinare certe dinamiche). Riforme che dovrebbero aiutare a togliere il cappio della finanza globale attorno al collo dei paesi e di intere aree geo-economiche, come nel caso dell’euro. Senza dimenticare che sullo sfondo ci sta una grande domanda cui dovremmo cercare di dare una risposta in via anticipata senza attendere la prossima “crisi sistemica”.

Dopo le elezioni di novembre negli USA e dopo le elezioni del 2013 in Germania e in Italia la vera partita dei mercati finanziari non si giocherà tra le due sponde dell’Atlantico ma si giocherà tra il grande debitore USA e il grande creditore Cina. E allora l’Europa cosa farà?

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