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Bene l’azione Fiat all’indomani della salita al 46% nel capitale di Chrysler

di Ugo Bertone – Il titolo sale a Milano, dopo l’annuncio di ieri – Ma le agenzie di rating restano diffidenti a causa dell’indebitamento – Il gruppo Usa un fardello? In realtà potrebbe aiutare Fiat a risalire la china

Bene l’azione Fiat all’indomani della salita al 46% nel capitale di Chrysler

La Fiat consoliderà i conti di Chrysler fin dal prossimo 1° giugno. E’ stato lo stesso Marchionne, con un’eloquente etichetta con su scritto “we paid” appesa al solito maglionicno blu, a confermare la notizia anticipata da “The Wall Street Journal”. Come promesso nella lettera ai dipendenti, l’ad di Fiat intende accelerare i tempi della “creazione di un costruttore di auto mondiale”. In questa cornice, il consolidamento, deciso prima ancora di raggiungere entro l’anno la quota del 51% nel gruppo di Detroit (obiettivo che sarà centrato entro il 2011), ha un sapore che va al di là del semplice “passaggio finanziario e tecnico”.
Con il consolidamento di Chrysler, infatti, per la Fiat quotata in Piazza Affari “cambia tutto”, come aveva spiegato a margine dell’assemblea Exor lo stesso John Philip Elkann. Dal punto di vista industriale il Lingotto raddoppia le dimensioni, passando a 4 milioni di vetture prodotte, 190mila dipendenti (6mila le assunzioni recenti in Chrysler, di poco superiore il saldo dell’impianto Fiat di Betìm in Brasile) e un posizionamento geografico globale in cui gli unici “buchi” sono la Cina, per cui è già in atto una strategia per recuperare il tempo perduto contando sull’appeal del marchio jeep e della nuova “500”, e la Russia che Marchionne promette di colmare a breve.

La vera sfida, apprezzata dai mercati che stamane premiano Fiat (+3,4%), nonostante l’andamento negativo del comparto auto e dagli analisti di Citi, i più lesti a lanciare una raccomandazione “buy”, riguarda ovviamente la finanza. La posizione di Fiat, che ha scaricato all’atto dello split la fetta più consistente dell’indebitamento alla sorella Industrial, registra a fine marzo debiti (prevalentemente legati alla parte commerciale) per 12,066 miliardi di cui 9,983 legati ai servizi finanziari, mentre Chrysler, che si è sgravata del pesante fardello dei debiti verso Washington ed Ottawa, comportando spese per interessi per 2 miliardi di dollari circa dal 10 giugno del 2009, a fine marzo accusava 13,4 miliardi di debiti. Questi numeri, combinati con la storia finanziaria turbolenta alle spalle, giustificano la cautela delle agenzie di rating. Moody’s e S&P hanno appena rilasciato la prima pagella alla nuova Chrysler a livello di BBB- sotto l’investment grade. Ma va rilevato che, dopo gli elogi di Obama agli sviluppi del turnaround di Detroit (una “pietra miliare” per l’auto Usa) , sembrano più vicini i fondi del Department of Energy (3,2 miliardi) a tasso agevolato. In ogni caso, a fronte della somma dei debiti delle due case il fatturato risulta raddoppiato: agli 11,2 miliardi di Fiat al termine del primo trimestre vanno aggiunti i 13,5 miliardi di dollari di Chrysler.

Insomma, da una parte si può sostenere che una Chrysler ancora fragile andrà a pesare sui conti Fiat. Ma cresce il partito di chi pensa che, al contrario, la casa Usa, se rispetterà le previsioni di crescita, possa accelerare i tempi della ripresa di Fiat, dopo un anno e mezzo assai duro sul piano delle vendite e della gamma dei modelli. In ogni caso, l’orizzonte è completamnete cambiato. Finora la quota Chrysler era iscritta con il metodo del patrimonio netto, previsto per le collegate, ad un valore pari a zero. Ora, dopo esser diventata azionista di controllo con il 46% (con un esborso di 1,268 miliardi di dollari per il 16%), la posta contabile dovrà essere aggiornata. In particolare, i conti di Chrysler dovranno essere tradotti nei principi contabili Ifrs adottati da Fiat. Ma è tutt’altro da escludere che, sempre nello spirito di accelerare i tempi del nuovo gruppo, non si proceda, per inverso, ad utilizzare pure i criteri Us Gaap sia per Chrysler che Fiat. E’ facile che la questione si ponga solo più avanti, quando si procederà alla fusione “che ha senso ma non è all’ordine del giorno nell’immediato” come ha detto Marchionne.

Oggi non resta che prender atto che la vecchia Fiat, che solo un anno fa era la fotocopia della conglomerata costruita nei decenni per affrontare il mercato domestico, è diventata una navicella adatta ad affrontare i mercati globali. (u.b.)


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