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Bce, Draghi non ama gli strappi ma ha un’ampia maggioranza per agire anche senza Bundesbank

Secondo una documentata analisi de Il Sole 24 Ore il presidente della Bce ha un’ampia maggioranza nel board anche senza Bundesbank e i rappresentanti delle banche centrali di Finlandia, Lussemburgo e Olanda e Austria (queste due ultime un po’ più flessibili) per decidere interveti d’emergenza – Già in passato ha deciso a maggioranza.

Bce, Draghi non ama gli strappi ma ha un’ampia maggioranza per agire anche senza Bundesbank

SuperMario Draghi non ama gli strappi e preferisce sempre persuadere i suoi interlocutori ma, in caso d’emergenza, ha un’ampia maggioranza nel board della Bce anche senza la Buba, senza cioè i rappresentanti della potente ma anche un po’ miope Bundesbank. E’ quanto emerge da una documentata ricostruzione che su “Il Sole 24 Ore” di oggi compare a firma di Alessandro Merli, corrispondente da Francoforte del giornale rosa e molto vicino a Draghi. Merli fa un po’ di conti e segnala che, anche mettendo tra i dissenzienti i governatori centrali di Germania, Olanda, Lussemburgo, Finlandia e forse Austria, Draghi ha un’ampia maggioranza nel board della Bce e può decidere rapidamente in caso d’emergenza. D’altra parte, pur preferendo il consenso generale, il Presidente ha già fatto ricorso a decisioni a maggioranza quando lo ha ritenuto opportuno.

E’ evidente che Draghi ci sta pensando in vista del consiglio della Bce dei primi d’agosto e dopo l’incalzare del Fondo Monetario. Tanto più che per decidere basta una consultazione telefonica e che la tempistica delle mosse di Draghi è fondamentale per spiazzare i mercati e moltiplicare gli effetti. Merli nota tra l’altro che negli utimi giorni perfino le posizioni delle banche centrali olandesi e austriache sembrano un po’ più flessibili, ma lo scoglio forte, anche se non insormontabile, è quello tedesco.

Da oltre Atlantico si moltiplicano le sollecitazioni alla Bce a mettere in campo una sorta di quantitative easing, cioè un piano di ampia liquidità come quello della Fed che permetta non solo di dare mezzi alle banche ma di soccorrere, nei modi opportuni e possibili, i titoli di Stato dei Paesi europei virtuosi – come l’Italia – ingiustamente penalizzati dai mercati e dalla speculazione finanziaria.

Draghi non ama essere tirato per la giacca, nemmeno dai governi europei, e ha già avuto modo di dire che la soluzione della crisi dell’eurozona – oltre che il rilancio dlla crescita – richiede una parziale socializzazione dei debiti sovrani dei Paesi europei anche attraverso la rapida attivazione del fondo salva-Stati, che dovrebbe essere dotato di licenza bancaria,  e una garanzia sui depositi bancari come passo decisivo verso l’unione bancaria europea. Queste però sono decisioni politiche che non spettano alla Bce ma Draghi non starà fermo. E il segnale lanciato nell’intervista a “Le Monde” (“La Bce è molto aperta e non ha tabù”) parla chiaro.

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