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Banca Marche e l’importanza di una banca del territorio: ora tocca agli imprenditori locali muoversi

La crisi di Banca Marche è un test formidabile sull’importanza di una banca del territorio e sulla maturità della classe dirigente locale: tocca agli imprenditori marchigiani farsi avanti e sostenere, insieme al nuovo management, una ricapitalizzazione che, dopo la pulizia dei conti, può ridare slancio a un istituto cruciale per la regione adriatica.

Banca Marche e l’importanza di una banca del territorio: ora tocca agli imprenditori locali muoversi

Rispondendo all’invito del presidente della Regione Marche, Spacca, ho avuto modo di illustrare recentemente alcune mie riflessioni sul caso della Banca Marche ma come economista che da molti anni si occupa del sistema bancario e non certamente come consigliere della stessa banca quale sono. Si tratta quindi di opinioni e analisi di un economista dell’Università Politecnica delle Marche che vuole contribuire a chiarire il caso della Banca Marche nel quadro del contesto bancario nazionale e con l’occhio rivolto a tre aspetti dell’istituto marchigiano:

  1. La redditività di esercizio (o meglio le perdite…)
  2. La patrimonializzazione
  3. Le prospettive
  1. 1.    REDDITIVITA’

La crisi e l’innalzamento dei criteri di stabilità delle banche per prepararle alla introduzione dei parametri di Basilea III hanno fortemente contribuito a ridurre la redditività.

Se consideriamo le 16 maggiori banche italiane, gruppo che include Banca Marche (BM), risaltano alcuni dati significativi:

  • Al 30 giugno 2012  i bilanci semestrali registrarono 1,4 miliardi di utili netti complessivi
  • Al 31 dicembre 2012 i bilanci annuali si sono chiusi con 3 miliardi di perdite nette complessive

In questo quadro, nel quale il 75% delle banche considerate peggiora la propria redditività, va inserita la situazione di Banca Marche che ha sorpreso in negativo l’opinione pubblica:

  • Chiusura semestre 2012: utili per 43 milioni
  • Chiusura anno 2012: perdite per 526 milioni

La tendenza è in linea con il sistema bancario, anche se l’ammontare delle perdite è certamente esorbitante. Lo è ancor più perché si tratta del primo deficit di bilancio registrato da BM. I risultati negativi sono dovuti a forti perdite sui crediti deteriorati, che hanno comportato svalutazioni delle garanzie e maggiori accantonamenti. Confrontiamo i dati del gruppo di riferimento con quelli di BM:

            Perdite su crediti                  dicembre 2011         giugno 2012              dicembre 2012

  • 16 maggiori banche                        -14,8 miliardi             -7,8 miliardi               -23,8 miliardi
  • Banca Marche                      -136 milioni               -79 milioni                 -1,039 miliardi

 

Ciò significa che la BM è in buona compagnia. Le perdite del primo semestre 2012, raddoppiate per riportarle su base annua, sono ancora in linea con quelle dell’anno precedente, poco sopra. Il risultato effettivo di chiusura del 2012 è invece molto peggiore. Peggioramento nel quale la BM si distingue in misura esorbitante: supera di 6,5 volte la proiezione semestrale contro 1,5 volte quella del gruppo considerato (nel quale incide anche il valore di BM).

In questo si caratterizza la situazione di BM, come risultato di più fattori concomitanti. In parte, le Marche rientrano tra le regioni che più sono state colpite dalla crisi. In questo ambito il settore immobiliare marchigiano è quello che è stato penalizzato da maggiori svalutazioni. A questi fattori esterni si aggiungono fattori interni di gestione di BM, ben noti al rinnovato CdA e molto “pubblicizzati” verso l’opinione pubblica. In sintesi:

  • la necessità di rivedere le valutazioni sui crediti e sulle garanzie,
  • l’eccessiva concentrazione sull’immobiliare e, nel suo ambito, su pochi onerosi progetti, avviati in periodi precedenti alla crisi e con prospettive ben diverse
  • la necessità di rivedere il processo di selezione, redistribuzione e controllo dell’intero portafoglio crediti, conseguente necessità di maggiori accantonamenti,
  • accantonamenti sollecitati anche dal nucleo ispettivo della Banca d’Italia.

Le esorbitanti perdite su crediti vanno interpretate come una profonda azione di risanamento, che ha creato le premesse per la messa in sicurezza e il rilancio consistente e sostenibile di BM.

Lo slogan che mi viene alla mente è “non gettare via il bambino con l’acqua sporca”.

Questa azione di pulizia e di selezione tra ciò che non ha funzionato e ciò che funziona va vista in prospettiva con fiducia e sostegno da parte di tutti i portatori di interessi della banca. Vanno opportunamente vagliate le responsabilità di ciò che non ha funzionato, ma sapendole circoscrivere entro i precisi confini di ciò che è individuabile lasciando eventualmente questo compito alle sedi competenti.

Sia però chiaro che la BM ha pagato un esorbitante danno di reputazione, che va immediatamente sanato con azioni concrete di risanamento e rilancio che correttamente e in piena trasparenza debbono essere comunicate alla opinione pubblica. La storia delle crisi insegna che, se non si riesce a evitarle, i danni sono gravi, ma anche che offrono l’opportunità di correggere gli errori passati. Chi ci riesce può ripartire più forte di prima. La crisi impone di fare di necessità virtù per ripartire. Questo vale a tutti i livelli: l’Europa, l’Italia, i governi, le banche e la BM.

È anche necessario ricordare che tutte le maggiori banche italiane, BM compresa, sono state sottoposte a prove di stress, chieste dagli organismi internazionali, in particolare dal Fondo Monetario Internazionale.

Nella relazione della Banca d’Italia del 31 maggio 2013, il governatore Visco riconosce che:

  • “Il canale bancario costituisce la fonte principale di finanziamento della nostra economia. Alla fine del 2012 i prestiti bancari hanno rappresentato il 94% del PIL”.
  • Tra i vari fattori che hanno irrigidito il credito va inserita “la debolezza del mercato immobiliare”
  • “Per le banche italiane non ci sono rischi immediati di liquidità”

Queste tre considerazioni valgono anche per il caso specifico della BM: che opera in contesti di piccole imprese che vivono di credito bancario, che ha subito la crisi dell’immobiliare, che non ha rischi immediati di liquidità (grazie soprattutto al finanziamento triennale ottenuto dalla BCE).

Visco aggiunge che le banche debbono ridurre i costi operativi e decidere di cedere le attività non strategiche. Queste sollecitazioni sono in linea con quanto prevede il nuovo piano strategico di BM.

 

  1. 2.    PATRIMONIALIZZAZIONE

Per mettere in sicurezza le banche dinanzi agli scossoni di una crisi senza eguali per gravità e durata è necessario rafforzare la base patrimoniale, anche per adeguarsi ai criteri prudenziali di Basilea III (su questi criteri ci sarebbe molto da discutere, ma non è questa la sede).

Quanto è stato sinora chiesto ai risparmiatori per sostenere il patrimonio delle banche italiane? Vediamo alcuni dati riferiti agli aumenti di capitale portati a termine entro il 2012:

  • Unicredit                               9 miliardi
  • Banca Intesa                        5 miliardi
  • Monte dei Paschi                 2 miliardi
  • Banco popolare                   2 miliardi
  • UBI                                         1 miliardo
  • Carige                                               1 miliardo
  • Banca Marche                      180 milioni

L’apporto di nuovo capitale che BM ha chiesto ai propri sottoscrittori è stato in confronto molto ridotto e, con il senno di poi, si poteva chiedere di più. Se ciò non è stato fatto è stato anche per il vincolo di non diluizione della proprietà posto dalle Fondazioni di riferimento. Vincolo che nella situazione attuale del 2013 non è stato più posto, per inadeguatezza di risorse. La necessità di nuovo apporto di capitale va posta su due piani di valutazione:

  1. La richiesta di 300 milioni porta in un’ottica biennale 2012-2013 l’apporto di nuovo capitale a 480 milioni, ancora meno della metà di quanto chiesto è ottenuto da UBI e Carige, per non dire delle altre banche. L’aggiunta di altri 100 milioni mantiene la necessità di apporto di capitale per BM ancora al di sotto delle cifre richieste e ottenute alle altre banche.
  2. Nel 2013 molte altre banche hanno deliberato, come BM, nuovi aumenti di capitale: Etruria 100 milioni, Banca popolare di Vicenza 600 milioni, Carige 800 milioni (che si aggiungono al miliardo del periodo precedente), Popolare di Milano 500 milioni, MPS 1 miliardo. Senza considerare tutte le conversioni di obbligazioni convertibili.

Questa è la giusta collocazione del problema delle nuove necessità di capitale che il CdA di BM ha espresso:

  • non siamo gli unici ad avere necessità di copertura patrimoniale,
  • condividiamo il problema con molte altre banche italiane ed europee
  • ovunque la crisi ha messo in evidenza errori di valutazione e conseguenti necessità di intervento.

Di questo è necessario convincere l’opinione pubblica, con trasparenza e senso di responsabilità. Il problema comune non significa ”mezzo gaudio”, ma certamente serve a ridimensionare l’allarmismo scandalistico nei confronti di BM che è stato propinato all’opinione pubblica. 

Diverse banche che chiedono aumenti di capitale hanno nel frattempo beneficiato dell’uso di sistemi interni di rating, approvati dalla Banca d’Italia, che consentono di ridurre il fabbisogno di capitale.

BM ha messo a punto un modello di rating interno che se verrà approvato da Banca d’Italia consentirà di attenuare il vincolo patrimoniale, con beneficio dei maggiori spazi di credito per la clientela.

L’esigenza di confronto per mettere meglio a fuoco le situazioni individuali è stata manifestata anche dal governatore Visco nell’ultima relazione annuale. Cito testualmente:

“Il divario negativo di capitalizzazione dei nostri intermediari rispetto alla media europea, scesa a circa 2 punti percentuali, riflette in ampia misura le massicce ricapitalizzazioni bancarie effettuate con fondi pubblici in altri paesi. Lo scorso dicembre i sostegno dello Stato alle banche ammontava all’1,8% del PIL in Germania, al 4,3% in Belgio, al 5,1% nei Paesi Bassi, al 5,5% in Spagna, al 40% in Irlanda. In Italia l’analoga quota è pari allo 0,3% includendo gli interventi per il MPS”

Il governatore cita anche l’Autorità bancaria europea che raccomanda l’intervento di mezzi patrimoniali pubblici straordinari e temporanei!

Due considerazioni in merito:

  1. Anche da noi l’intervento pubblico “temporaneo e straordinario” sarebbe necessario. Faccio un semplice calcolo: basterebbe aggiungere l’1% del PIL per salire a 1,3% (quindi meno della Germania), contribuendo con 17-18 miliardi a risanare il patrimonio delle banche italiane in crisi e rilanciare l’economia con maggiori prestiti. Lo Stato riprenderebbe nel giro di tre anni i soldi investiti, anche con un rendimento (il prestito subordinato a MPS remunera il 9%, se ricordo bene). Ma è una azione impopolare, perché è stata in modo miope alimentata una campagna contro le banche “speculatrici”. Quando è invece dimostrato che a parte casi di malversazione (MPS docet) le banche italiane non sono certo responsabili della crisi attuale. Laddove le banche sono state considerate responsabili (vedasi USA e UK) i governi sono intervenuti pesantemente, addirittura con nazionalizzazioni temporanee!
  2. In mancanza di capitale, dobbiamo ricorrere a banche tedesche o francesi che, dopo essere state risanate con fondi pubblici, ora hanno le risorse per fare shopping, dando lezioni di buona gestione alle nostre “disastrate” banche.

Questo conferma che chi sa gestire bene le crisi e sa coglierne le opportunità, senza pregiudizi, ne esce vincitore. USA, UK e, aggiungo, Svezia, paesi paladini del liberismo, hanno saputo ricorrere alle nazionalizzazioni temporanee delle loro principali banche in caso di estrema necessità. Salvano le banche per salvare l’economia nella quale operano.

In Italia chiediamo alle banche di salvarsi da sole, restringendo il credito e chiedendo il sostegno del capitale privato. Risultato: si aggrava la crisi dell’economia, si diradano i risparmi privati, con conseguenti difficoltà a sostenere le banche, e si accresce la nostra dipendenza dalle banche estere (risanate da capitali pubblici).

 

  1. 3.    PROSPETTIVE

Le nostre banche, quindi anche la BM, debbono contare sulla fiducia dei risparmiatori e laddove non basta sulla acquisizione delle “virtuose” banche straniere.

Il rapporto di fiducia espresso dal territorio è ovviamente prioritario. Visco attribuisce un ruolo cruciale agli azionisti nel sostenere finanziariamente le banche:

“saranno ricompensati dalla redditività nel più lungo periodo”.

È quanto la BM chiede al proprio territorio.

Visco ancora:

“Le fondazioni bancarie, al pari di ogni altro azionista devono promuovere la selezione degli amministratori sulla base della competenza e delle professionalità, con criteri trasparenti”.

È di nuovo quanto è stato fatto a partire del maggio del 2012 con il rinnovo del CdA e del top management di BM.

Questo rinnovo è stato completato con l’inserimento al vertice della banca del professor Rainer Masera, un economista-banchiere di alta reputazione nazionale e internazionale. Ora però tocca al territorio e alla classe dirigente marchigiana fare la propria parte contribuendo alla ricapitalizzazione necessaria alla banca per il suo rilancio e per la difesa della sua autonomia.

In conclusione, vorrei proprio ricordare perché l’autonomia di BM è importante. Pochi sintetici punti:

  • Come ogni banca, BM è una impresa, una grande impresa che opera nei territori delle Marche e delle regioni limitrofe. Una impresa con 3200 dipendenti, la maggior parte qualificati (laureati e diplomati) e giovani. In quanto impresa BM ha bisogno di imprenditorialità. Il contributo in tal senso degli imprenditori è fondamentale: chiedano e offrano un apporto di imprenditorialità per affiancare l’azione di risanamento del nuovo top management.
  • Come fanno le imprese e gli imprenditori, la banca e chi la dirige devono sapere scegliere, in particolare devono sapere dire dei sì, ma anche dei no, nell’accordare il credito: in passato BM ha interpretato male il proprio compito di banca del territorio dicendo troppi sì e pochi no laddove era necessario. Ma questo fa parte del senno di poi.
  • Una rete articolata ed efficiente di banche del territorio è fondamentale per l’economia italiana dove predominano le piccole e medie imprese. Importanza che ad esempio è riconosciuta in Germania, dove accanto alle grandi banche c’è una cintura di molte piccole e medie banche, ben protette da capitale pubblico quando è necessario. È quanto meno singolare e controproducente che proprio in Italia dove ce n’è più necessità questa importanza sfugga.
  • BM è una grande banca del territorio. Come tale è una tipica banca commerciale, orientata a un modello di business basato sul credito alle imprese e alle famiglie. I suoi problemi non a caso vengono dal credito deteriorato. Ma non vengono da investimenti finanziari speculativi.
  • Avere una banca del territorio competitiva ed efficiente, come BM può e deve essere, offre due grandi vantaggi, come abbiamo dimostrato in numerosi studi compiuti con il mio gruppo di ricerca (si veda il nostro sito MoFiR):
    • Attira la competizione di altre banche, soprattutto esterne alla regione, sui problemi di sviluppo locale: chi ad esempio vuole sottrarre quote di mercato nell’area dei calzaturieri o dei mobilieri deve saper competere con la conoscenza contestuale degli operatori di BM e non limitarsi a raccogliere il risparmio e investirlo altrove
    • È una grande impresa che offre importanti sinergie funzionali, perché mantiene il centro direzionale nel territorio, contribuisce a creare una classe dirigente di operatori bancari che debbono affrontare problemi di gestione strategica, in breve: eleva la qualità del lavoro svolto nella regione, a differenza di quanto avviene per una banca a rete, le cui decisioni vengono prese altrove.
  • Una banca del territorio inefficiente e non profittevole, che non  meriti la fiducia degli operatori locali, è giusto che venga acquisita da altre banche nazionali o internazionali. Il salvataggio è prioritario all’autonomia, se l’autonomia viene gestita male.
  • Nella prospettiva di una acquisizione dall’esterno bisogna chiedersi che cosa arriva e che cosa si perde. Certo arrivano nuove strategie e nuovi metodi organizzativi. È altrettanto certo che si perde in prossimità funzionale, in qualità e quantità di posti di lavoro. Nell’elenco dei portatori di interesse che ruotano attorno a una banca, un ruolo prioritario lo assumerà l’interesse di chi investe i propri capitali. Interesse esterno alla regione se il capitale viene dall’esterno. Come del resto è giusto. Una banca “salvatrice” lo farà nel proprio interesse e in base al proprio piano strategico che potrebbe non del tutto coincidere con le nostre esigenze

L’auspicio è che i marchigiani sappiano guardare avanti con fiducia e impegnarsi con pieno senso responsabilità per fare uscire dalla crisi la nostra economia e, di riflesso, anche la nostra BM.

Dobbiamo mostrare la stessa capacità di reazione e lo stesso orgoglio che hanno portati i nostri padri a far decollare lo sviluppo economico delle Marche: uno sviluppo endogeno, radicato nel territorio.

Sviluppo al quale hanno storicamente contribuito le banche che hanno dato origine alla Banca delle Marche.

Dobbiamo guardare al futuro e crederci.

L’alternativa è quella di accrescere la periferizzazione della nostra regione e, più in generale, dell’Italia.

Per evitare questo rischio dobbiamo continuare ad essere artefici del nostro sviluppo.

È un ulteriore esame di maturità che siamo chiamati a sostenere e a superare.

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