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Arte: afferrare barba e capelli come segno di potere e dominio

Viviamo sempre più in una società che nervosismo e aggressività, sembrano camminare al fianco dell’uomo moderno. Quante volte ci è capitato di dire di voler “afferrare barba e capelli” di un nostro interlocutore con il quale non c’era modo di instaurare un discorso costruttivo? Ma dove nasce questo modo di dire per essere rappresentato anche nell’iconografia dell’arte?

Arte: afferrare barba e capelli  come segno di potere e dominio

Si tratta di una evidente manifestazione di prepotenza, di attestazione della propria forza anche fisica, legata anche alla credenza che i peli della barba e della testa fossero la sede della vitalità – credenza ancora viva in certi popoli nomadi -, ma anche potere sovrannaturale e magico, al punto da affermare che la forza di Sansone sta nei capelli.

Nell’arte greca e romana, troviamo spesso figure che si prendono per i capelli, meglio negli altorilievi in pietra o marmo, ciò significava la lotta tra due nemici. Anche se la raffigurazione più frequente, descrive il guerriero che alza il viso del suo rivale prendendolo per la chioma, per poi tagliarli la testa. Mentre il demonio prende il dannato per i capelli o la barba. La connotazione di questa iconografia però, non è sempre negativa o drammatica; in alcune iconografie medievali troviamo un angelo che afferra la barba a san Giuseppe, gesto e simbolo della dissuasione a Maria. Mentre afferrare la barba a Cristo  annuncia l’affronto da parte dello sciocco, colui che rinnega la verità del figlio di Dio. nel medioevo i capelli lunghi sono però simbolo di lussuria e libidine, che troviamo nelle raffigurazioni delle sirene, delle peccatrici e della grande meretrice dell’Apocalisse, che vengono trascinate per i capelli. Mentre tirarsi reciprocamente la barba significa stupidità e stoltezza, dove il significato simbolico deriva dalla considerazione che l’età adulta, rappresentata dalla barba, è quella della saggezza, in cui dovrebbe trionfare la ragione sull’istinto e gli uomini dovrebbero superare i contrasti con la parola.

Nelle epoche successive questa iconografia muta e assume nuovi significati, ad esempio nell’opera di Giambattista Tiepolo “Minerva trattiene Achille dall’uccidere Agamennone”(1757) troviamo una scena quasi teatrale, incorniciata da colonne con capitelli ionici, posti sopra un palcoscenico, mentre sul fondo u esercito di greci assiste sorpreso e immobile. Il tutto nelle tinte settecentesche dell’Opera tipica di Tiepolo, dalle cromie di un affresco per una scena eroica. Minerva è raffigurata con l’elmo, con cui è nata, assieme alla lancia e allo scudo. Ella è la dea della guerra, ma che combatte per una causa giusta, ecco allora che afferra per i capelli Achille, del quale è la protettrice, impedendogli di scagliarsi contro Agamennone. Ecco che ricompare il significato come esplicito segno di forza, potere e dominio. Insomma, è sempre l’Ira di Achille che meglio dipinge e colora il temperamento umano!

L’opera nell’immagine appartiene al ciclo di opere del Tiepolo presenti nella Villa Valmarana di Vicenza.

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