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Africa: Ghana, Etiopia, Mozambico e Tanzania saranno le nuove gazzelle del 2013

Ghana, Etiopia, Tanzania e Mozambico sono i nuovi Paesi “emergenti” della regione sub-sahariana, stabili politicamente e con una crescita del Pil fino a oltre l’8% – Solo il Sudafrica ha risentito della crisi internazionale – Nel continente si giocano equilibri strategici per la geopolitica: nel 2012 la Cina ha investito il doppio della Banca mondiale.

Africa: Ghana, Etiopia, Mozambico e Tanzania saranno le nuove gazzelle del 2013

L’Africa è un cantiere a cielo aperto e già si parla di nuove economie emergenti. Il continente è stato solo sfiorato dalla crisi internazionale: secondo il Fondo Monetario internazionale l’area Sub-Sahariana, nel periodo 2012-2013, dovrebbe crescere a un ritmo superiore al 5,5%. Guadagnerebbe la medaglia d’argento come seconda reigone al mondo per aumento del Pil. Ed è infatti qui che si trovano le economie che crescono ai maggiori ritmi globali: il Ghana (8,3% nel 2012; 7,7% nel 2013), l’Etiopia (7%; 7,6%), la Tanzania (6,8%; 7,3%) e il Mozambico (7,5%; 7,9%). La classe media sta diventando sempre più numerosa e i mercati si estendono con ampi potenziali per gli investitori internazionali.

Ma a fare la fortuna dell’Africa sono soprattutto le sue terre ricche di commodities, dai diamanti al petrolio. E se il rallentamento globale avrebbe potuto intaccarne la domanda – soprattutto cinese – l’aumento dei prezzi ha comunque compensato i leggeri squilibri: solo il Sud-Africa ha seguito il trend di rallentamento mondiale segnando un +2,2% nel 2012. Vicino e fortemente legato alle sorti di Johannesburg è la Namibia, dove preoccupano la disparità sociale tra ricchi e poveri e l’alta disoccupazione: ad ogni modo fino al 2014 il Pil aumenterà in media poco più del 4%.

Da tenere d’occhio nel 2013 sono l’Angola, il Gabon e il Mozambico, ai cui debiti sovrani Fitch ha assegnato un outlook positivo grazie anche alla crescita superiore al 7% e ai recenti miglioramenti nella politica economica. Tuttavia i tre Paesi devono fronteggiare la doppia sfida di migliorare le infrastrutture sociali da una parte e mantenere una politica fiscale prudente dall’altra.

Gli altri 9 debiti sovrani valutati da Fitch nella regione sub-sahariana hanno outlook stabili. Tra questi c’è il Ghana, che nel 2011 è stato il Paese che nella regione aveva segnato il maggiore rialzo del continente con un +14% (dovuto principalmente alla recente produzione di petrolio), nel 2013 manterrà comunque una crescita solida, oltre il 7%. Con un aumento del Pil sostenuto e stabile dal 2004 e una crescita diversificata nei principali settori dell’economia, l’Etiopia si conferma uno dei Paesi non-produttori di petrolio che cresce maggiormente in Africa. Tuttavia l’alta inflazione, che dovrebbe scendere sotto il 20% nel 2013, sta ponendo un’importante sfida monetaria al Paese. In Tanzania i servizi, l’industria e la costruzione si confermano i settori trainanti di un’economia che sta sperimentando un piano strategico quinquiennale dagli obiettivi ambiziosi ma finora raggiunti.

Interessante il caso del Ruanda che, grazie anche alla dura politica anti-corruzione, ha visto il Pil volare fino all’8,6% nel 2011. Tuttavia per il 2012 e il 2013 ci si aspetta un rallentamento della crescita dovuto alle politiche di spesa pubblica che permetteranno al Paese di raggiungere tre Obiettivi del Millennio: educazione primaria universale, promozione dell’uguaglianza di genere e la riduzione della mortalità infantile. 

Non bisogna infatti dimenticare che la povertà rimane uno dei primi mali dell’Africa dove, secondo le Nazioni Unite e la Banca Mondiale, quasi 400 milioni di abitanti vivono sotto la soglia di 1,25 dollari al giorno. Per non parlare delle malattie: il 90% delle morti di malaria avviene in Africa e si contano più di 20 milioni di malati di HIV/AIDS. 

Eppure il continente negli ultimi anni ha iniziato a scintillare, soprattutto grazie agli ingenti capitali che arrivano dal gigante cinese. Nel 2011 infatti gli investimenti della Cina (circa 16 miliardi di dollari) hanno duplicato quelli della Banca Mondiale. E non sono i tassi di interesse della Exim Bank a far sì che gli stati africani preferiscano fare affari con la Cina, quanto piuttosto la flessibilità e le condizioni meno restrittive a cui vengono offerti i prestiti. Se per molti commentatori occidentali Pechino è solo un leone affamato di terre e risorse, c’è anche chi confida nella capacità dei singoli stati africani che, per la prima volta nella storia, sembrano avere la reale possibilità di scegliere autonomamente il proprio destino. La Savana lo sa, le gazzelle corrono più veloci dei leoni, devono solo riuscire a non farsi cogliere impreparate.  

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