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Accadde Oggi – 8 settembre 1943: l’armistizio di Cassibile e il caos che spezzò l’Italia in due

L’8 settembre 1943 l’Italia ascolta alla radio l’annuncio di Badoglio: è l’armistizio con gli Alleati. La fine delle ostilità con anglo-americani apre però il caos, l’occupazione tedesca, la guerra civile e la divisione del Paese tra Regno del Sud e Repubblica di Salò

Accadde Oggi – 8 settembre 1943: l’armistizio di Cassibile e il caos che spezzò l’Italia in due

Ottantadue anni fa, l’Italia si ferma davanti alla radio per ascoltare una notizia che ne cambierà il destino. È il tardo pomeriggio dell’8 settembre 1943 quando, alle 18.30, Dwight D. Eisenhower parla da Radio Algeri. Alle 19.42, invece, l’Eiar (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) manda in onda il proclama registrato di Pietro Badoglio. È ufficiale: l’Italia ha firmato un armistizio con gli Alleati. La firma risale a cinque giorni prima, il 3 settembre, a Cassibile, tra gli ulivi di contrada Santa Teresa Longarini, dove il generale Giuseppe Castellano sigla con Walter Bedell Smith la resa italiana. Fine delle ostilità contro anglo-americani. Ma non fine della guerra.

Armistizio 8 settembre 1943
La stretta di mano tra il Generale Castellano e Dwight D. Eisenhower, dietro Badell Smith osserva

Il regime in frantumi

La caduta di Mussolini, il 25 luglio, aveva già aperto la voragine. L’ordine del giorno Grandi in Gran Consiglio e le manovre dei vertici militari avevano spianato la strada a Badoglio. Roma cercava vie di fuga, tra Quirinale, Santa Sede e Lisbona. Gli Alleati però chiedono resa incondizionata, niente trattative. Le esitazioni italiane, l’attesa, la paura della reazione tedesca, spingono Eisenhower ad anticipare tutti, obbligando il governo a uscire allo scoperto.

Il proclama e il caos post annuncio

“Cessate ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane; reagite ad attacchi da qualsiasi altra provenienza”. Con queste parole Badoglio annuncia l’armistizio. Ma il proclama è vago, ambiguo, insufficiente. I tedeschi, invece capiscono subito: scatta l’Operazione Achse. In poche ore la Wehrmacht occupa aeroporti, caserme, snodi strategici, disarma intere divisioni italiane. Roma resta senza guida, il Re e Badoglio fuggono a Brindisi, lasciando la capitale in balia degli eventi. Eisenhower, in quelle stesse ore, blocca all’ultimo una missione di 500 bombardieri diretta su Roma. Una minaccia concreta, usata per piegare la resistenza di Badoglio. Oltre 800.000 militari italiani vengono catturati e deportati in Germania come Internati Militari Italiani. Altri si danno alla macchia, altri scelgono o Resistenza o Repubblica Sociale.

La sera stessa dell’8 settembre la Regia Marina riceve l’ordine di consegnarsi a Malta. Tra esitazioni e ammutinamenti sfiorati, la flotta lascia gli ormeggi. Ma il giorno dopo, 9 settembre, al largo dell’Asinara, la tragedia si compie. Bombardieri tedeschi sganciano bombe radioguidate Ruhrstahl SD 1400. Una di queste centra la corazzata Roma, che esplode e affonda. Muoiono 1.393 uomini, compreso l’ammiraglio Carlo Bergamini. Sul ponte restano i dischi neri e i pennelli scuri richiesti dalle clausole dell’armistizio: segni tecnici di resa, trasformati in simbolo di un’umiliazione che diventa lutto nazionale.

L’Italia divisa in due

La penisola si spezza in due. A Sud lo sbarco alleato a Salerno apre la strada alla liberazione e al cosiddetto Regno del Sud. Al Nord, dopo la liberazione di Mussolini, nasce la Repubblica Sociale Italiana a Salò. È l’inizio della guerra civile.

Per i civili l’arrivo degli americani significa cioccolata, sigarette, scatolame, la promessa di un dopoguerra diverso. Per i comandi militari, invece, pesa la consapevolezza che l’Italia è un teatro secondario, mentre la strategia alleata guarda già al Nord Europa.

Le città sopravvivono tra razioni, surrogati e borsa nera. A novembre arrivano le tessere per il tabacco: tre sigarette o un sigaro al giorno, spesso introvabili. Le famiglie sfollano nelle campagne, più sicure e ricche di cibo. Le famiglie sfollano in campagna, dove il cibo è più accessibile. Ma intanto cresce una rete silenziosa di solidarietà con civili che nascondono soldati sbandati, partigiani, ebrei in fuga.

Dove passa la Wehrmacht la legge è brutale. E per gli ebrei italiani l’8 settembre è solo l’inizio del precipizio. Da quel giorno le persecuzioni sono maggiori. Il 16 ottobre 1943 il ghetto di Roma viene rastrellato: circa mille persone deportate, pochissime faranno ritorno. Pochi mesi dopo, ecco l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Fame, violenza, requisizioni segnano la quotidianità. Eppure, in questa Italia ferita, nascono le scelte. A Sud si ricostruisce un esercito cobelligerante, al Nord e al Centro si formano le bande partigiane. Napoli indica la via con le Quattro giornate. La Linea Gotica diventa una ferita che taglia in due il Paese.

Cassibile e la memoria

La tenda dell’armistizio stava in un uliveto privato. La “Pietra della pace” che ne ricordava il punto fu rubata nel 1955. Solo nel 2016 una nuova lapide ha riportato lì la memoria. Oggi Cassibile è una frazione di Siracusa, poco più di seimila abitanti, con un museo temporaneo che ogni estate rievoca la firma. Una memoria fragile, affidata a foto, uniformi e giornali d’epoca.

8 settembre 1943, tradimento o rinascita?

L’8 settembre non è una semplice ricorrenza, ma una domanda sospesa. Fu tradimento o salvezza? Vergogna o riscatto? Per alcuni fu la “morte della patria”, per altri l’alba della cittadinanza democratica. La resa era inevitabile, il caos no. Da quel bivio l’Italia uscì fragile ma ostinata.

La Liberazione arriverà solo due anni dopo, con le città insorte e le brigate sciolte. Ma l’8 settembre resta il punto di rottura che taglia in due il Novecento italiano: da una parte occupazione e paura, dall’altra la promessa – lenta e costosa – di diventare una democrazia.

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