Il governo statunitense acquisirà il 10% di Intel. Nella serata di venerdì il presidente Donald Trump ha annunciato che il gigante dei semiconduttori ha “detto sì” all’ingresso dell’amministrazione nel suo capitale. L’operazione prevede un investimento federale di 8,9 miliardi di dollari, 20,47 dollari per azione, finanziato con i fondi stanziati dal Chips and Science Act del 2022 non ancora erogati. Dopo l’annuncio di Trump il titolo Intel è salito di oltre il 7% (+20% ad agosto).
Un investimento geopolitico
È “un grande affare per l’America e anche per Intel. I semiconduttori sono fondamentali per il futuro del nostro Paese”, ha spiegato Trump, che più volte nel recente passato ha espresso la volontà di riportare negli Usa la produzione tecnologica, eliminando la dipendenza da Taiwan e dalla Corea del Sud. “Non regaliamo più miliardi a fondo perduto, ma li convertiamo in azioni, così i contribuenti hanno un ritorno”, ha aggiunto la Casa Bianca.
L’ingresso di Washington nel capitale di Intel rappresenta una mossa storica, nonostante ci siano dei precedenti. Era successo, ad esempio, durante la crisi del 2008-2009, quando il Tesoro intervenne per salvare diverse banche, tra cui Citigroup, e case automobilistiche, General Motors su tutte. Stavolta però non si tratta di un salvataggio per evitare l’ormai celebre “too big to fail”, ma di un investimento effettuato in chiave geopolitica su un gigante del settore che negli ultimi anni ha perso terreno rispetto agli altri colossi come Nvidia e Amd.
L’annuncio di Trump arriva a pochi giorni da quello di Softbank che lo scorso 19 agosto ha reso noto un investimento di 2 miliardi di dollari in Intel. In base all’accordo, SoftBank pagherà 23 dollari per azione, con un piccolo sconto rispetto all’ultima chiusura di Intel, pari a 23,66 dollari. L’operazione consentirà alla società giapponese di salire al 2% del gruppo Usa.