E’ durato poco l’entusiamo per l’accordo tra Unione Europea a Stati Uniti, spacciato come un successo ma nei fatti risultato come una porta in faccia. Certo, poteva andare peggio se si considerano le minacce del tycoon che avevano gettato il panico sui mercati finanziari. Ma restano comunque per le aziende tariffe salate da pagare: il 15% di imposta per i prodotti europei è comunque un macigno se confrontato con l’1-2% in vigore prima dell’insediamento del presidente Donald Trump. Il quale, cercando di sviare l’attenzione dal caso Epstein che lo vede vicino al finanziere pedofilo, si porta a casa tariffe più elevate senza ritorsioni e con impegni per investimenti aggiuntivi: apparentemente una vittoria, ma con molti dubbi su come tutto ciò si calerà su consumi, lavoro e inflazione anche negli stessi Usa. I leader di Francia e Germania hanno lamentato l’esito come un freno alla crescita e ieri tutta l’Europa ha visto un calo di listini azionari e obbligazionari, danneggiando anche la moneta unica. Domani sarà la Fed a dipingere il quadro americano.
Stamane l’euro ha recuperato le perdite e le borse europee sono indicate dai futures in recupero, mentre gli investitori cercano di valutare quale sarà l’impatto complessivo dei nuovi dazi, in tutto il mondo tra il 15 e il 20%, su crescita e inflazione. Un ulteriore rischio per la crescita mondiale è visto da un possibile aumento dei prezzi del petrolio, dopo che Trump ha minacciato di fissare una nuova scadenza di 10 o 12 giorni alla Russia perchè compia progressi verso la fine della guerra in Ucraina, altrimenti dovrà affrontare sanzioni più severe sulle esportazioni di petrolio.
Wall Street a nuovi record in attesa di una raffica di dati aziendali
Al momento Wall Street resta su livelli record, sostenuta delle buone trimestrali dei Big Tech. Ma l’impatto a lungo termine dai dazi sull’economia e sulle entrate statunitensi resta da valutare, con a maggior parte degli osservatori concorda sul fatto che la crescita rallenterà e che l’inflazione e la disoccupazione aumenteranno nel breve termine.
Questa settimana è la più intensa della stagione degli utili del secondo trimestre, con oltre 150 aziende dell’indice S&P 500 in programma per la pubblicazione dei risultati, tra cui quattro dei “Magnifici Sette” giganti della tecnologia nel corso della settimana. Oggi l’attenzione sarà probabilmente concentrata su Visa, Proctor & Gamble e Boeing. Gli investitori attendono anche domani l’annuncio di politica monetaria della Federal Reserve. Si prevede che la banca centrale manterrà invariati i tassi statunitensi, nonostante Trump abbia aumentato la pressione sul presidente della Fed Jerome Powell affinché riduca i costi di finanziamento.
L’indice S&P 500 ha registrato un leggero rialzo (+0,02%), chiudendo a un livello record per la sesta sessione consecutiva, mentre il Nasdaq ha anch’esso chiuso a un livello record (+0,33%) tra scambi instabili. Dow Jones in calo dello 0,14%
Asia in calo. Attesa per gli accordi Usa-Cina
C’è aria di cautela in Asia e le borse sono per lo più in calo. La stessa tariffa del 15% è stata imposta anche al Giappone la scorsa settimana e percentuali simili anche a molti altri paesi asiatici. Resta ancora da definire l’accordo con la Cina, mentre sono in corso i negoziati a Stoccolma e molti scommettono in una proroga della scadenza di altri 90 giorni. Questi colloqui, che dovrebbero concludersi oggi, potrebbero anche aprire la strada a un incontro tra Trump e il presidente cinese Xi Jinping a fine ottobre o inizio novembre.
Il maggior indice azionario dell’Asia-Pacifico, al di fuori del Giappone, scivola dello 0,7%. Il Nikkei giapponese è sceso dello 0,8%, mentre le blue chip cinesi sono in calo dello 0,1%.
Sui mercati valutari, l’euro ha trovato una base a 1,1592 dollari, dopo essere sceso dell’1,3% durante la notte, nel calo più significativo da metà maggio. Ora ha un supporto grafico a 1,1556 dollari. L’indice del dollaro è salito a 98,674, dopo un balzo dell’1% durante la notte, mentre ha toccato il massimo di una settimana sullo yen a 148,63.
Il Brent è salito dello 0,1% a 70,10 dollari al barile, dopo essere salito del 2,3% lunedì, mentre il greggio statunitense si è mantenuto a 66,73 dollari.
Borse europee viste recuperare in apertura. A Milano occhi a Stellantis, risiko bancario, Webuild
Le azioni europee si sono stabilizzate dopo le vendite di ieri e oggi tentano il rimbalzo secondo quanto indicano i futures sull’Eurostoxx 50 in rialzo dello 0,5%, mentre gli analisti cercano di quantificare l’impatto dei dazi sulle imprese. Per le imprese italiane l’impatto dei dazi al 15% è pari a 22,6 miliardi, secondo quanto ha detto il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, al Tg1. Oggi in agenda i conti di Terna, Amplifon, Recordati, Banca Generali, Brembo e Inwit.
Stellantis ha annunciato oggi un aumento dei ricavi netti e un margine operativo a una sola cifra nella seconda metà dell’anno, nonostante i crescenti venti contrari, mentre la casa automobilistica punta a una graduale ripresa dopo un primo semestre difficile. Il gruppo ha inoltre previsto un miglioramento delle performance del flusso di cassa libero industriale nella seconda metà dell’anno rispetto ai primi sei mesi dell’anno, quando ha bruciato liquidità per 3 miliardi di euro. Dai dazi un impatto di 1,5 miliardi, di cui 0,3 miliardi di euro registrati nel primo semestre.
EssilorLuxottica. L’utile operativo è aumentato del 4,1% nel primo semestre nonostante l’impatto dei dazi statunitensi. L’utile operativo adjusted è risultato pari a 2,53 miliardi di euro nel primo semestre, leggermente al di sotto del consensus degli analisti di Visible Alpha pari a 2,55 miliardi. I ricavi del gruppo franco-italiano sono aumentati del 3,2% ai tassi di cambio correnti nel secondo trimestre, penalizzati dall’indebolimento del dollaro statunitense ma sostenuti dall’acquisizione di Supreme e Heidelberg Engineering. Escludendo l’effetto cambio, l’aumento è stato del 7,3%. Il gruppo ha confermato il proprio outlook a lungo termine.
Unicredit, pronta a rafforzare la propria posizione in Commerzbank. Secondo quanto ricostruito da MF-Milano Finanza i consulenti della banca tedesca, Goldman Sachs e Ubs, sarebbero in allerta in vista di una possibile mossa da parte del gruppo guidato da Andrea Orcel: la conversione in azioni dell’ultimo pacchetto di derivati detenuto dal gruppo italiano, pari a circa l’8% del capitale. L’operazione, costruita a fine 2024 attraverso total return swap con controparti bancarie come Barclays e Citi, segnerebbe un passaggio decisivo nella strategia di avvicinamento al gruppo tedesco
Webuild. I lavori per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina dovrebbero ricevere il via libera del governo la prossima settimana.
Bialetti lascerà Piazza Affari dal 7 agosto dopo l’opa di Octagon Bidco che ha raggiunto il 96,4% del capitale.
Mps-Mediobanca. Il presidente di Delfin, Francesco Milleri dice, in una intervista a Il Corriere della Sera, che l’offerta del Monte dei Paschi su Mediobanca, “è molto interessante, continueremo a valutarla. Un eventuale adeguamento che rifletta l’andamento dei corsi di borsa renderebbe l’offerta più appetibile per gli investitori”. Delfin detiene il 19,8% del capitale di Mediobanca e il 9,866% di Mps. Alla domanda se Delfin intenda arrotondare la quota in Generali, Milleri ha così risposto: “No, abbiamo tuttavia consolidato la nostra posizione completando nelle due giurisdizioni Ue che mancavano all’iter autorizzativo per poter restare sopra il 10% della compagnia, quota che abbiamo superato a seguito delle operazioni di buyback. Non credo ci siano molte società non bancarie o finanziarie ad aver raggiunto un simile risultato”. Quanto alla partecipazione detenuta in Unicredit, “continueremo a monitorare i valori e a ponderare plusvalenze e opportunità, come ogni buon gestore”, ha concluso Milleri.