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Elezioni Romania: vola l’estrema destra di Simion, ballottaggio decisivo il 18 maggio

George Simion vince il primo turno delle presidenziali in Romania con il 40,5%. Il 18 maggio sfiderà il moderato europeista Nicușor Dan che ha raccolto il 20,7%. Il Paese diviso tra populismo filorusso e integrazione Ue

Elezioni Romania: vola l’estrema destra di Simion, ballottaggio decisivo il 18 maggio

È una Romania profondamente divisa quella che si appresta a scegliere il prossimo presidente. Se il primo turno delle elezioni presidenziali è un indicatore affidabile, una parte significativa dell’elettorato guarda oggi meno a Bruxelles e più a Mosca. George Simion, leader del partito nazionalista di estrema destra Aur (Alleanza per l’Unione dei Romeni), ha ottenuto il 40,5% dei voti, distanziando nettamente tutti gli altri candidati. Un risultato potente, costruito sull’onda lunga del malcontento popolare e alimentato da una campagna aggressiva, identitaria e abilmente orchestrata sui social. Ma la partita è tutt’altro che chiusa: al ballottaggio del 18 maggio se la vedrà con Nicușor Dan, sindaco indipendente di Bucarest, che ha raccolto il 20,7%, superando per pochi voti Crin Antonescu, candidato della coalizione governativa, fermatosi al 20,3%. L’ex premier Victor Ponta, anch’egli indipendente ma su posizioni nazionaliste, ha ottenuto il 14,6%.

Seconda elezioni presidenziale in sei mesi

Quella di domenica non è stata una tornata elettorale come le altre. È la seconda volta in pochi mesi che i cittadini rumeni sono chiamati al voto, dopo che la Corte Suprema aveva annullato le elezioni di novembre scorso per gravi irregolarità e sospette interferenze russe. A essere escluso dalla nuova competizione è stato Calin Georgescu, l’outsider ultranazionalista che aveva vinto al primo turno nel 2024 con l’appoggio esplicito di Mosca. Oggi Georgescu è sotto inchiesta e la sua ricandidatura è così stata respinta.

Un risultato atteso, ma con effetti dirompenti

Che Simion sarebbe arrivato primo era previsto. Ma la portata del suo successo – oltre il 60% tra i votanti della diaspora – ha sorpreso anche gli osservatori più cauti. Il suo partito, Aur, è già ben radicato in Parlamento e fa parte del gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, al fianco di Fratelli d’Italia. Il 38enne leader si è costruito un’immagine efficace: nazionalista, anti-élite, euroscettico. Con 1,3 milioni di follower su TikTok e una vasta rete su Telegram – dove abbondano gli account filorussi – è diventato il volto del risentimento popolare.

Durante la campagna ha leggermente ammorbidito i toni, cercando di attrarre anche l’elettorato centrista, ma ha mantenuto la sua narrazione: la Romania come vittima di forze straniere e di una classe politica “servile”.

“Miei cari fratelli e sorelle di qui e di ogni dove, insieme abbiamo scritto la storia oggi. Ci stiamo avvicinando a un risultato eccezionale, ben oltre ciò che ci presentano le televisioni del sistema, che finora hanno saputo solo fomentare divisione, spargere veleno e distorcere tutto ciò che abbiamo detto… Oggi il popolo rumeno ha parlato! È ora di farsi sentire!” ha detto sui social dopo la vittoria.

Nicușor Dan, la speranza moderata

Di tutt’altro tenore la campagna di Nicușor Dan. Sobria, razionale, sostenuta da scrittori, artisti e intellettuali preoccupati per l’ascesa dell’estremismo. Il suo programma, intitolato Romania onesta, punta su trasparenza amministrativa, riforme istituzionali e piena integrazione europea. Matematico di 55 anni, ex attivista anticorruzione, Dan dovrà ora convincere gli astenuti e mobilitare il campo moderato, europeista e civico, in vista del secondo turno.

Un paese spaccato: tra filorussi e filoatlantici

Anche se Calin Georgescu non era in corsa, il suo spirito ha aleggiato sul voto. Simion non solo ne ha raccolto l’eredità elettorale e ideologica, ma si è presentato al seggio proprio accanto a lui, come a suggellare un passaggio di consegne simbolico.

Il confronto tra Simion e Dan è emblematico di una frattura politica e culturale che attraversa la Romania e l’intera Europa dell’Est. Simion incarna il populismo identitario: no-vax, filorusso, ostile all’Ucraina, nostalgico di un ordine “tradizionale”. Dan rappresenta invece il volto riformista e filo-occidentale, europeista e civico. È la versione rumena dello scontro tra democrazie liberali e derive illiberali che si osserva da Budapest a Varsavia.

Una Romania in crisi profonda

Il successo dell’estrema destra non si spiega solo con la forza comunicativa o con la debolezza degli avversari. È il riflesso di una crisi sociale e istituzionale profonda: inflazione persistente, stagnazione economica, disuguaglianze crescenti, sfiducia nelle istituzioni. La narrativa anti-establishment ha trovato terreno fertile, come in Slovacchia, in Bulgaria e nella stessa Ungheria.

Il voto ha mostrato una Romania divisa tra passato e futuro, tra attrazione per modelli autoritari e desiderio di cambiamento democratico. Dopo il caso Georgescu, il successo di Simion segna un nuovo punto di rottura.

Il 18 maggio la battaglia decisiva

Le prossime due settimane saranno cruciali. Nicușor Dan dovrà compattare un fronte eterogeneo di europeisti, moderati, ambientalisti e liberali. Simion invece tenterà di consolidare il suo vantaggio, accreditandosi come unico interprete del “popolo tradito”.

Gli occhi dell’Europa sono puntati su Bucarest: l’esito del ballottaggio potrebbe ridisegnare i rapporti tra la Romania e l’Unione europea, con effetti a catena sull’intera regione.

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