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Legge di Bilancio e piano per il Recovery: “Così non va”, dice un report Luiss

“La Legge di Bilancio per il 2021 non appare in grado di fungere da ponte tra l’emergenza di oggi e lo sviluppo dei prossimi anni” e “non efficaci” risultano le scelte della bozza di piano per l’uso del Recovery Fund: è quanto sostiene un report di autorevoli economisti della Luiss School of European Political Economy, tra cui figurano l’ex ministro Padoan, nonché Bini Smaghi, Micossi, Messori e Toniolo

Legge di Bilancio e piano per il Recovery: “Così non va”, dice un report Luiss

La Legge di bilancio per il 2021 è inadeguata ad affrontare l’emergenza di oggi e le sfide di domani, mentre le bozze del piano su come usare i fondi del Recovery Fund “non appaiono efficaci né sul piano della governance né su quello della predisposizione di un numero limitato di progetti strategici”. La bocciatura arriva dalla School of European Political Economy (Sep), il think tank di economisti raccolto attorno all’università Luiss e di cui fanno parte, tra gli altri, Stefano Micossi, Marcello Messori, Carlo Bastasin, Marcello Clarich, Pier Carlo Padoan, Pier Paolo Benigno, Francesco Saraceno e Gianni Toniolo.

Manovra e piano per il Recovery Fund sono interventi fra loro collegati, perché gran parte delle risorse messe a disposizione dello stato per il prossimo anno provengono appunto dai 209 miliardi concessi da Bruxelles al nostro Paese. Ma quali sono, nel dettaglio, le principali criticità individuate dagli economisti della Luiss?

LA LEGGE DI BILANCIO

“Innanzitutto – segnala il report della Sep – la legge di bilancio si fonda sul Documento programmatico di Bilancio (DPB) inviato a Bruxelles prima dell’emergere della seconda ondata pandemica”, che “ha cambiato nuovamente le carte in tavola della finanza pubblica”.

Ma soprattutto, secondo gli studiosi dell’Università romana, il punto debole della manovra è “l’indeterminatezza dei contenuti delle due voci di gran lunga più consistenti e qualificanti”: gli interventi per la crescita le misure di carattere redistributivo. In particolare, “nulla ancora è stabilito riguardo alla configurazione che assumerà la riforma fiscale (profilo di aliquote e detrazioni, assegno famiglia), cosicché restano indefiniti i suoi reali effetti redistributivi”, si legge ancora nel rapporto.

Inoltre, nei documenti di bilancio finora disponibili la Sep individua un “pericolo” ed un “errore grave”. Il pericolo è la mancata indicazione della copertura prospettica di alcune importanti misure che implicano effetti permanenti e non temporanei sulla finanza pubblica e, tra queste, in primis la decontribuzione al Sud e il fondo per la riforma fiscale”.

L’errore riguarda invece “il modo con cui è stata impostata la fiscalità di vantaggio per il Sud”, perché “le risorse vengono concentrate sulla decontribuzione, ben 16 miliardi in tre anni e altri 24-25 nel periodo successivo (in tendenza), invece che sul credito d’imposta per gli investimenti al Sud, cui vengono assegnati due miliardi e per due soli anni. Ora, la decontribuzione è uno strumento che non assicura che all’esborso di risorse pubbliche rispondano investimenti da parte delle imprese, al contrario del credito d’imposta, che può essere utilizzato solo a fronte di investimenti reali”.

IL PIANO PER IL RECOVERY FUND

Quanto al piano per il Recovery Fund, gli economisti della Luiss sottolineano che su questo fronte “persiste fittissima nebbia” e soprattutto manca “una seria discussione” sulle riforme per correggere le debolezze strutturali che da sempre caratterizzano il sistema Italia. Le indicazioni, al momento, sono generiche e gli interventi si proiettano “in un futuro non solo indefinito ma velleitario”.

Nel merito, “il governo si balocca con l’idea di affidare la formulazione dei progetti alle grandi aziende partecipate – prosegue il documento – Queste hanno certamente capacità di progettazione e d’investimento e potrebbero anche, in taluni casi, giocare un ruolo diretto importante (l’idrogeno, le reti intelligenti, il 5G). Tuttavia, non può che appartenere al governo la scelta delle grandi infrastrutture sulle quali puntare o il modello di sistema sanitario sul quale investire per correggere le debolezze fatte emergere dalla crisi pandemica”.

In sostanza, rimarca la Sep, “la discussione politica sulle riforme non è mai cominciata”.

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