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E-commerce: Amazon & Co. risponderanno dei prodotti guasti

Si applicherà anche in Europa la decisione di un giudice americano in base alla quale le piattaforme di e-commerce sono direttamente responsabili di ciò che vendono sui propri siti

E-commerce: Amazon & Co. risponderanno dei prodotti guasti

La notizia è che la pacchia per le piattaforme digitali dell’e-commerce sta per finire. Altro che elusione ed evasione fiscale difficili da combattere. Qui si tratta di problemi di enorme portata e di abbastanza rapida individuazione, perché un giudice americano, in piena estate, in California, ha stabilito che le piattaforme tipo Amazon (sarà dura solo con la cinese Alibaba) sono da considerare direttamente responsabili di ciò che i prodotti da loro venduti possono causare. E questa è di per sé già una notizia bomba, della quale il blog lacasadipaola.it ha di recente dato un’anteprima.

Ciò significa che in America, in nome di un proverbio antichissimo ma equo, chi sbaglia paga. Cosa che per i giganti dell’e-commerce non era mai accaduto, almeno fino a questa estate, perché – affermava lo sterminato esercito dei loro avvocati e consulenti – il loro ruolo sarebbe quello di meri intermediari. Principio dichiarato falso dalla corte d’Appello californiana.

Ma la notizia nuova, ancora più clamorosa, è che questo principio fondamentale di difesa del consumatore varca l’oceano e sarà applicato anche in Europa, ma senza tempi burocratici eterni. Questo grazie ad Aires, l’Associazione che riunisce in Italia le catene del retail dell’elettronica di consumo e degli elettrodomestici, e allo European Consumer Electronics Retail Council (EuCER), un’associazione senza scopo di lucro fondata da Aires, E-Square, Euronics International, Expert International e Unieuro. Il merito, in realtà, va ascritto all’italiano Davide Rossi che da anni, quale direttore generale di Aires e presidente di Optime, l’Osservatorio per la Tutela del Mercato dell’Elettronica in Italia, si batte, a nome di EuCER e in Europa, con straordinaria competenza e tenacia, contro le distorsioni provocate sul retail “fisico” dalla concorrenza praticata in molti modi e con società di comodo dalle piattaforme online di intermediazione commerciale.

Per rendere più comprensibile il fatto anche a chi non si intende di diritto internazionale e tutela dei consumatori, la sentenza californiana era stata originata da indagini effettuate su un laptop comprato su Amazon che sarebbe scoppiato in faccia all’utente. La decisione finale è stata questa: Amazon e le altre piattaforme non sono solo intermediari, ma rivenditori-produttori di ciò che vendono direttamente, con conoscenza precisa e approfondita della merce da loro proposta online.

Le piattaforme digitali – innanzitutto Amazon, per intenderci – forniscono per la gigantesca massa di merce asiatica dei numeri di cellulare a cui non risponde nessuno oppure mail da cui non arriva mai alcuna risposta. Ora, in assenza di un intervento da parte di chi ha fornito alla piattaforma di e-commerce la merce, sarà la piattaforma a risponderne. Come si è arrivati a questo anche in Europa? Non c’è stato bisogno di una nuova direttiva al posto di quella sull’e-commerce ormai inadeguata (avrebbe richiesto decenni), bensì di un aggiornamento re-interpretativo della stessa.

Per ora si sa che a supportare l’iniziativa di EuCER (e di Aires) stanno lavorando i superesperti di Baker McKenzie, una società americana di studi legali, con 77 sedi in tutto il mondo e la terza al mondo per fatturato. Così se l’iPhone appena acquistato smette di funzionare, se la lavatrice esplode, se il tv smart non è smart, se il cuociuovo fonde uovo e cucina, si telefona al cellulare dell’importatore italiano o della fabbrica di Guangzhou. Se, come accade quasi sempre, non risponderanno, saranno le sedi nazionali della piattaforma a riparare i danni.

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