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Tasse, piano Renzi: senza la Tasi si risparmiano 180 euro, ma con picchi di 403 euro Torino

Secondo l’analisi del servizio politiche territoriali della UIL, l’abolizione delle tasse sulla casa comporterebbe un risparmio medio di 180 euro al mese, con picchi di 403 a Torino e 393 a Roma. – Ecco la tabella dei risparmi citta per città

Tasse, piano Renzi: senza la Tasi si risparmiano 180 euro, ma con picchi di 403 euro Torino

180 euro all’anno. Questo sarà il risparmio medio per 25,7 milioni di proprietari se il presidente del Consiglio Matteo Renzi manterrà la promessa di eliminare la Tasi a partire dal 2016.

Lo scopo, secondo quanto dichiarato dal Premier sabato scorso in conferenza stampa, è quello di aiutare con una sola mossa sia il ceto medio che il settore edilizio, cancellando l’imposta sulla prima casa che da due anni a questa parte sembra essere diventata ufficialmente la tassa più odiata dagli italiani.

Ogni proprietario pagherebbe in media 15 euro in meno al mese (180 euro l’anno come detto in precedenza). Ma la cifra sale ancora nelle città capoluogo di Provincia, dove si risparmierebbero circa 203 euro al mese, fino ad arrivare ai picchi di Torino (risparmio di 403 euro al mese) e  Roma (391 euro).

Queste le cifre riportate dal servizio politiche territoriali della UIL che oltre a calcolare le città in cui i proprietari risparmierebbero di più, riporta anche quelle  che beneficierebbero meno del taglio: Asti (19 euro), Ascoli Piceno (46 euro) e Crotone (51 euro).

 A confermare le stime riportate dal sindacato sono le cifre elaborate da Nomisma, secondo cui ogni ogni famiglia risparmierebbe mediamente 17 euro al mese. Secondo i calcoli della società bolognese, la riforma fiscale promessa da Renzi garantirebbe uno sgravio corrispondente a poco più di un quinto del bonus di 80 euro lavoratori dipendenti e assimilati che guadagnano fino a 26mila euro.

Nomisma denuncia però che, la cancellazioen della Tasi, per effetto delle sperequazioni delle basi imponibili, andrebbe incontro non solo alle esigenze delle famiglie a basso reddito, ma “anche paradossalmente nuclei con disponibilità nient’affatto modeste e propensioni alla spesa rispetto alle variazioni del reddito più contenute rispetto alle famiglie meno abbienti”.

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