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Pnrr e aiuti Ue: l’Italia ha 100 giorni per fare 42 riforme

Se non ci riusciremo, Bruxelles potrebbe decidere di non inviarci la rata di aiuti prevista per la prima parte del 2022 – Tra gli scogli più importanti, giustizia e concorrenza

Pnrr e aiuti Ue: l’Italia ha 100 giorni per fare 42 riforme

Per attuare il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che contiene gli impegni assunti dall’Italia in cambio di 191,5 miliardi di aiuti europei (quelli del programma Next Generation Eu, meglio noto in Italia come Recovery Fund), il nostro Paese dovrebbe varare qualcosa come 528 provvedimenti entro il 2026. Il percorso è diviso in tappe e, a quanto sembra, siamo già in ritardo. Come sottolinea Federico Fubini sul Corriere della Sera, per ricevere la rata di aiuti prevista per la prima parte del 2022, l’Italia ha circa 100 giorni di tempo per soddisfare 42 delle 51 condizioni previste per il 2021.

Per la maggior parte si tratta di misure normative: dalla legge delega sulla riforma della giustizia alla revisione delle politiche attive del lavoro, passando per la riforma delle università. Senza contare la delega fiscale, che il governo conta di portare in Consiglio dei ministri questa settimana (forse rinviando il capitolo politicamente più controverso, quello della riforma del catasto) e la legge annuale sulla concorrenza (che non verrà affrontata prima del ballottaggio delle amministrative).

Per quanto riguarda nel dettaglio la giustizia, la legge delega sulla riforma del processo penale è stata approvata dalla Camera, ma non ancora dal Senato, mentre quella sul civile deve ancora essere esaminata da entrambe le camere, con possibili (se non probabili) scontri in commissione. Dopo di che, toccherà al governo scrivere i decreti legislativi per dare attuazione ai provvedimenti, testi che sono attesi rispettivamente entro la fine del 2022 ed entro la metà del 2023 (prospettiva a dir poco ottimistica, considerando che in quel periodo dovrebbe svolgersi la campagna elettorale per le prossime elezioni politiche).  

Entro quest’anno dovrebbe arrivare poi la riforma delle politiche attive per il lavoro, con un budget di cinque miliardi di euro. Ma anche su questo fronte restano dei problemi da risolvere: “La nuova Garanzia occupabilità dei lavoratori (Gol) prevede solo nuove assunzioni nei centri per l’impiego – scrive Fubini – o un ripensamento di fondo di questa galassia di uffici che negli anni scorsi non ha funzionato?”.

Infine, almeno per ora, l’ultimo capitolo importante fra quelli più imminenti riguarda la riforma dell’università, che dovrebbe consistere in una revisione delle classi di laurea, delle lauree abilitanti e dei dottorati.

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