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Il New York Times cede all’IA: accordo con Amazon per usare i contenuti editoriali

A sorpresa, dopo aver fatto causa a OpenAI, la testata americana apre all’intelligenza artificiale. E lo fa con un colosso come Amazon. Un segnale chiaro dei profondi cambiamenti in atto nell’editoria, sempre più intrecciata con l’IA

Il New York Times cede all’IA: accordo con Amazon per usare i contenuti editoriali

Fino a pochi mesi fa, il New York Times era il simbolo della resistenza dell’editoria tradizionale contro l’avanzata incontrollata dell’intelligenza artificiale. Oggi, però, arriva un clamoroso cambio di passo: la storica testata ha siglato un accordo pluriennale con Amazon, concedendo in licenza i propri contenuti per l’addestramento di modelli di IA.

Si tratta di una netta inversione di tendenza. Finora, il Times si era sempre opposto all’uso dei propri articoli da parte delle big tech impegnate nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Tanto che è ancora in corso una causa legale contro OpenAI, accusata di aver utilizzato milioni di articoli del giornale senza autorizzazione né compenso. Ora, invece, la linea cambia: apertura sì, ma solo se i contenuti vengono riconosciuti e pagati.

Alexa legge il Times (e lo impara)

L’accordo prevede che Amazon possa utilizzare articoli, ricette da NYT Cooking e contenuti sportivi da The Athletictestata acquisita dal gruppo nel 2022 – per due scopi principali: visualizzazioni in tempo reale, come brevi riassunti e frammenti testuali nei propri dispositivi (in primis Alexa), e addestramento dei modelli linguistici proprietari. In sostanza, Alexa potrà fornire risposte basate sui contenuti giornalistici del Times, corredate da link diretti agli articoli originali.

Una modalità che, secondo Amazon, “migliorerà l’esperienza utente e garantirà accuratezza e qualità delle informazioni”, ma che rappresenta anche un passo importante nella normalizzazione del rapporto tra media tradizionali e tecnologia AI. Non più scontro aperto, ma sinergia (commerciale).

Levien, ceo NYT: “Intesa coerente con i nostri principi”

A spiegare la logica dietro la scelta è Meredith Kopit Levien, ceo del New York Times: “Questo accordo è coerente con i nostri principi consolidati: il giornalismo di alta qualità merita di essere pagato. È una forma di tutela dei nostri diritti di proprietà intellettuale e un modo per garantire che il nostro lavoro sia adeguatamente valorizzato”. Quindi collaborare sì, ma alle proprie condizioni. E soprattutto, dietro compenso. La cifra pattuita non è stata resa pubblica, ma il fatto che il Times abbia scelto di rompere il fronte dell’opposizione per stringere un’alleanza commerciale suggerisce che la posta in gioco, economica e strategica, sia rilevante.

Un’editoria che cambia pelle

La mossa del New York Times si inserisce in una tendenza ormai sempre più evidente nel mondo dell’informazione: le grandi testate stanno passando dal muro contro muro con l’intelligenza artificiale a una fase di dialogo e accordi commerciali.

Diversi gruppi editoriali hanno già stretto partnership con i colossi del settore. News Corp, proprietaria del Wall Street Journal, ha firmato un’intesa con OpenAI, così come Le Monde in Francia, il Washington Post e il gruppo tedesco Axel Springer, editore di Bild e Politico. Anche in Italia qualcosa si muove: OpenAI ha annunciato una partnership strategica con GEDI, il gruppo editoriale che controlla la Repubblica e La Stampa, per integrare contenuti giornalistici in lingua italiana all’interno di ChatGPT.

Sul fronte tecnologico, Google collabora da tempo con l’agenzia di stampa Associated Press, mentre l’Agence France-Presse ha avviato una partnership con la startup francese Mistral, attiva nello sviluppo di modelli linguistici.

Il cambiamento è in corso. Dove un tempo c’erano diffidenze e battaglie legali, oggi si aprono tavoli di trattativa. L’editoria sta cambiando pelle: l’IA, da nemico percepito, si sta trasformando in potenziale alleato per costruire un nuovo modello di sostenibilità, economica, tecnologica e, forse, anche giornalistica. La vera domanda ora è chi saprà adattarsi. E chi, invece, resterà indietro.

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