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Meloni e altri 20 Paesi attaccano Netanyahu e i nuovi insediamenti di Israele in Cisgiordania: “Così pace impossibile”

La premier italiana e altri 20 Paesi condannano la scelta di Israele: “Contraria al diritto internazionale, mina la pace e la soluzione dei due Stati”

Meloni e altri 20 Paesi attaccano Netanyahu e i nuovi insediamenti di Israele in Cisgiordania: “Così pace impossibile”

Giorgia Meloni rompe il silenzio e attacca il governo Netanyahu. La presidente del Consiglio italiano ha espresso una dura condanna nei confronti della decisione di Israele di autorizzare nuovi insediamenti in Cisgiordania, definendola “contraria al diritto internazionale” e una seria minaccia per la prospettiva della soluzione a due Stati. Insieme a Francia, Gran Bretagna, Canada, Giappone e altri 16 Paesi, Meloni ha firmato una dichiarazione congiunta chiedendo la revoca immediata del piano.

La presa di posizione giunge alla vigilia di una giornata particolarmente delicata: da una parte l’avvio delle operazioni militari israeliane a Gaza City, dall’altra il via libera al controverso piano urbanistico E1, progettato per collegare Gerusalemme all’insediamento di Ma’ale Adumim. Secondo numerosi osservatori internazionali, questa mossa rischia di spezzare definitivamente la continuità territoriale palestinese e complicare ulteriormente il percorso verso una pace duratura.

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Meloni: “Scelte che aggravano la crisi e allontanano la pace”

In una dichiarazione ufficiale, la presidente del Consiglio ha espresso “profonda preoccupazione” per l’escalation militare e per le conseguenze sulla popolazione civile palestinese. “Si tratta di decisioni contrarie al diritto internazionale – ha sottolineato – che non potranno che aggravare la già drammatica situazione umanitaria e allontanare la prospettiva della soluzione a due Stati”.

La premier ha poi chiesto un impegno internazionale per un cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas e la creazione di corridoi umanitari stabili per portare aiuti a Gaza: “L’Italia continuerà a sostenere gli sforzi dei mediatori ed è pronta a fare la sua parte in uno scenario post-conflitto”.

La comunità internazionale dice no al piano E1 di Israele

Il piano E1, approvato dal governo Netanyahu, prevede la costruzione di 3.400 unità abitative tra Gerusalemme e Ma’ale Adumim, con l’obiettivo di consolidare insediamenti israeliani e interrompere la continuità territoriale palestinese. Ventuno Paesi, Italia inclusa, hanno firmato una dichiarazione congiunta per condannare la decisione: “La decisione è inaccettabile e costituisce una chiara violazione del diritto internazionale. Chiediamo con la massima fermezza che venga immediatamente revocata”.

I firmatari hanno avvertito che il piano E1 rischia di rendere impossibile la soluzione dei due Stati, dividendo il futuro Stato palestinese e limitando l’accesso dei palestinesi a Gerusalemme:

“Non apporta alcun beneficio al popolo israeliano, ma al contrario mina la sicurezza, alimenta nuove violenze e ci allontana ancora di più dalla pace”.

Netanyahu non molla: “Libereremo Gaza da Hamas”

In un’intervista a Sky News Australia, il premier israeliano ha ribadito che Gaza sarà liberata, anche se Hamas accetterà una tregua. “Non c’è mai stato dubbio che non lasceremo Hamas lì – ha detto – il nostro obiettivo non è occupare Gaza, ma liberarla dalla loro tirannia”.

Ha poi aggiunto un dettaglio che fa riflettere: “Questa guerra potrebbe finire oggi, se Hamas depone le armi e libera gli ultimi 50 ostaggi”.

Guterres: “Minaccia esistenziale alla soluzione dei due Stati”

Anche le Nazioni Unite hanno espresso forte preoccupazione. Il segretario generale Antonio Guterres ha definito l’insediamento E1 “una minaccia esistenziale alla soluzione dei due Stati”, sottolineando come il progetto violi il diritto internazionale e le risoluzioni dell’Onu.

Secondo il portavoce Stephane Dujarric, l’insediamento “taglierebbe il nord dal sud della Cisgiordania e avrebbe gravi conseguenze sulla contiguità territoriale del Territorio palestinese occupato”.

L’Idf e il bilancio delle vittime: dati record

Secondo un’inchiesta del Guardian in collaborazione con la rivista palestinese +972, i dati dell’intelligence militare israeliana indicano che cinque palestinesi su sei uccisi dalle forze israeliane erano civili. A maggio, 19 mesi dopo l’inizio della guerra, i funzionari israeliani avevano elencato 8.900 combattenti di Hamas e della Jihad Islamica palestinese come morti o “probabilmente morti”. A quel tempo, il totale dei palestinesi uccisi era di 53mila, inclusi civili e combattenti, il che significa che l’83% delle vittime erano civili.

Therése Pettersson dell’Uppsala Conflict Data Program ha commentato:”Si tratta di una percentuale di vittime civili fra le vittime complessive inusualmente alta, in modo particolare perché va avanti cosi’ da molto tempo”. Cifre così alte, ha precisato l’esperta, si ritrovano solo a Srebrenica, ma non quindi nell’intera guerra bosniaca, nel genocidio in Ruanda e nell’assedio di Mariupol nel 2022, secondo dati elaborati dal 1989.

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