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Carciofo di Niscemi: il “vagghiàrdu” Nostrale diventa presidio Slow Food

Salvato un ecotipo particolare, dal sapore delicato, che deve essere consumato entro due tre giorni dalla raccolta. Il Presidio Slow Food, un’opportunità di lavoro per i giovani per combattere lo spopolamento del territorio.

Carciofo di Niscemi: il “vagghiàrdu” Nostrale diventa presidio Slow Food

Il clima di natura mediterranea, con inverni miti ed estati calde, con medie invernali che si aggirano intorno ai 10 gradi, mentre quelle estive non raggiungono i 30, ha gettato in questa vasta area della Sicilia in provincia di Caltanissetta fra i Monti Erei e le pendici dei monti Iblei, le basi per una fiorente agricoltura di grano, pomodori, uva, olive e agrumi e, soprattutto, carciofi.

Al centro di un altopiano a 332 metri sul livello del mare la città di Niscemi, dalla grande storia e da più recenti turbolente vicende amministrative, domina la vasta piana di Gela, dove da sempre si coltivano carciofi di grande qualità al punto che spesso viene chiamata la “capitale dei carciofi” e l’annuale Sagra del Carciofo che si tiene ogni anno nel mese di aprile richiama numerosi appassionati animando un importante turismo gastronomico. Il cuore della festa è la grande area degustazione in cui vengono allestiti banchi di vendita e di degustazione dove si possono apprezzare tutte le varianti culinarie del carciofo protagonista della gastronomia locale.  

La caciucculata: antica specialità con mollica di pane, aglio, acciughe e pecorino

Un piatto in particolare molto amato dalla popolazione locale è e la “caciucculata” che si prepara cucinando i carciofi con mollica di pane aglio acciughe e pecorino, ma ci sono anche proposte di vecchia tradizione molto interessanti che vedono sposare i carciofi con le ricette di pesce perché se è vero che Niscemi è su un altopiano che si affaccia sulla piana del Sele è anche vero che a una ventina di chilometri c’è il mare e quindi mare e terra dialogano costantemente durante la sagra. Da quest’anno la città ora può mettere al suo occhiello un importante riconoscimento, il carciofo di Niscemi è entrato a far parte dei presidi Slow Food.

Un secolo fa portato a dorso di mulo fino a Caltagirone e poi via treno ai mercati generali di Roma

Merito del clima e della struttura geologica caratterizzata da colline argillose mioceniche, ricoperte da un ampio mantello di sabbie plioceniche, tufi calcarei e conglomerati, i carciofi di Niscemi sono da sempre apprezzati in tutta la Sicilia e già dal secolo scorso arrivavano ai mercati generali di Roma. viaggiando in treno da Caltagirone, una ventina di chilometri più a nord di Niscemi, dopo essere stati trasportati a dorso di mulo o nei carretti dai campi dove venivano coltivati.

Con l’attuale riconoscimento, la Sicilia si conferma la regione italiana con più progetti di tutela della biodiversità targati Slow Food: sono infatti 51.

Il carciofo di Niscemi, anticamente soprannominato vagghiàrdu (“gagliardo” in dialetto) per l’aspetto vigoroso della pianta, non presenta spine; i capolini hanno la forma di un calice, le brattee, cioè le “foglie”, sono di colore verde chiaro con sfumature violette. Il cuore del carciofo è compatto, dal sapore delicato e dolce, e la presenza di pappo o “barba” è scarsa, motivo per il quale gli scarti sono molto ridotti.

In cucina si può consumare crudo, in insalata, oppure bollito e poi intinto in un condimento di olio extravergine d’oliva, aceto e peperoncino, o ancora in risotti, ad esempio abbinato alla menta. La ricetta tradizionale, però, prevede di consumare i carciofi arrostiti: cotti sulla brace e poi conditi con olio e sale, eventualmente con l’aggiunta di pepe, aglio e prezzemolo. Una tradizione tramandata da decenni: i contadini erano soliti mangiare i carciofi arrostiti nei campi, cuocendoli sul carbone prodotto dai piccoli fuochi accesi per riscaldarsi nelle fredde mattine di lavoro. Diffusa, infine, la tradizione della ‘a carciofina, la tipica conserva siciliana ottenuta dai cuori dei piccoli carciofi di marzo e aprile, i più tardivi.

Un ecotipo particolare, dal sapore delicato, che deve essere consumato entro due tre giorni dalla raccolta

«Storicamente – racconta Valentina Maria Vacirca, fiduciaria della Condotta Slow Food Niscemi – Terre del Maroglio Niscemi è la capitale del carciofo, qui sono tantissimi i produttori che si dedicano a questa coltivazione». E allora perché avviare un Presidio Slow Food per difenderlo? Perché oggetto del Presidio è un ecotipo particolare, quello autoctono della città: lo chiamano nostrale per distinguerlo dalle varietà che negli ultimi decenni hanno preso il sopravvento nei campi della zona, come il violetto di Provenza e il carciofo romanesco.

«Il nostrale è un carciofo che non ha avuto la fortuna commerciale degli altri, semplicemente perché è delicato – prosegue Vacirca –. Quando viene raccolto dev’essere consumato entro due o tre giorni, altrimenti il suo aspetto tende a guastarsi». Di sapore rimane buonissimo, assicura la fiduciaria della Condotta Slow Food, ma diventa meno vigoroso e turgido, pagando quindi lo scotto di una concorrenza che spesso passa anche dall’apparenza. «È come un fiore che, una volta raccolto, appassisce nel giro di qualche giorno. Insomma, patisce questo problema estetico di conservazione, ma che non influisce sulle qualità organolettiche». Così, complice l’avanzata di varietà più resistenti, il nostrale è andato quasi perduto.

Presidio Slow Food: un’opportunità di lavoro per i giovani per combattere lo spopolamento del territorio

Il progetto che ha portato alla nascita del Presidio Slow Food del carciofo di Niscemi è stato lungo: «Ci lavoriamo da parecchi anni» ricorda Giuseppe Stimolo, ex fiduciario della Condotta Niscemi – Terre del Maroglio. I produttori coinvolti, al momento, sono due, ma la platea di coltivatori potenzialmente interessati è molto più ampia: «Niscemi è una città dalla tradizione fortemente agricola – aggiunge – non soltanto legata alla produzione di carciofi ma anche di primizie come pomodori e peperoni» e i primi due produttori del Presidio hanno già manifestato la disponibilità a fornire gratuitamente ad altri gli ovoli per allargare la produzione. La speranza, come sottolinea il presidente di Slow Food Sicilia, Fabio Di Francesco, è però anche un’altra: coinvolgere ragazze e ragazzi, offrendo loro la possibilità di lavorare la terra nei luoghi in cui sono nati, invece di migrare altrove in cerca di fortuna: «Oltre a mettere in sicurezza un prodotto dal punto di vista agronomico, i Presìdi che nascono nei piccoli borghi e nelle aree interne della Sicilia sono preziosissimi perché possono rappresentare un’occasione dal punto di vista economico. Spero che quello del carciofo di Niscemi abbia un forte impatto sociale sul territorio, che aiuti cioè a combattere lo spopolamento che in quest’area si fa sentire in modo particolare».

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