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Unicredit e Mediobanca: ecco la grande svolta e ora corsa alle Generali

L’uscita improvvisa di Unicredit da Mediobanca cambia il cuore del capitalismo italiano e prepara la grande corsa al Leone di Trieste – La vendita di Mustier annunciata a mercati chiusi

Unicredit e Mediobanca: ecco la grande svolta e ora corsa alle Generali

La rivoluzione è scoppiata poco le 18, a Borse chiuse, al termine di una seduta piatta. Unicredit, alla vigilia dei conti, ha avviato la cessione dell’intera quota in Mediobanca, pari all’8,4%, attraverso un book building gestito da Bofa Securities Morgan Stanley e UniCredit Corporate & Investment Banking. L’operazione, che da cui Unicredit ricaverà 800 milioni circa, è avvenuta all’interno di una forchetta di prezzo di 10,53-10,78 euro, e consentirà all’istituto gestito da Alberto Nagel di ricavare una cospicua plusvalenza visto il valore di carici al di sotto dei 10 euro (9,89 euro). Mustier si è impegnata a non interferire con l’assegnazione delle azioni e a “sostenere le economie reali nei diversi mercati”: il ricavato della cessione sarà infatti reinvestito nello sviluppo delle attività dei clienti.

PER MUSTIER 25 PUNTI DI TIER ONE IN PIÙ, DEL VECCHIO LEADER

 La vendita dell’8,4% ai prezzi leggermente scontati dovrebbe rafforzare di circa 25 punti base il Common Equity Tier One (indice di solidità delle banche) di Unicredit. Il comunicato lascia intendere che le azioni non sono state cedute tutte a Leonardo Del Vecchio, che con il suo 7,5%, o forse di più, è il socio di riferimento della società.

Il caso ha voluto che la separazione tra piazzetta Cuccia ed Unicredit, che ridisegna i rapporti di forza in Generali, sia avvenuta nel giorno in cui Olaf Scholz, ministro tedesco delle Finanze, ha aperto ad una garanzia sui depositi in chiave europea, il tassello necessario per completare l’Unione Bancaria ed aprire, grazie a regole comuni, la strada alle fusioni cross-border. Per ora, però, si profila un cambio degli equilibri sia in Mediobanca, sempre più public company, che nella controllata Generali. In Piazzetta Cuccia oggi Leonardo del Vecchio, in attesa di salire oltre il 10%, conta sul 7,54% del capitale (più una quota di titoli rilevati nell’asta di ieri), davanti a Vincent Bolloré, sceso al 6,73%.

FRANCIA PIÙ VICINA PER IL LEONE

In Generali “mister Essilux” può contare sul 4,85% di Delfin oltre al 13% di Mediobanca nel Leone, forse avviato a convolare a nozze con Axa. In termini finanziari si apre una stagione di grande effervescenza che prevede tra l’altro la presentazione del piano industriale di Mediobanca e, il prossimo 3 dicembre, quello di Unicredit. In chiave politica, la fortezza Italia è sempre più sguarnita. Les Echos oggi pubblica un reportage dal titolo “La maledizione del capitalismo italiano”.

USA-CINA DIVISE SULLA SEDE DEL VERTICE. ASIA IN DISCESA

Poco mossa la scena finanziaria globale. I mercati registrano con un’ombra di fastidio il probabile rinvio a dicembre del vertice tra i due Grandi. Reuters ha scritto stanotte che Pechino ha rifiutato la proposta della Casa Bianca di far incontrare i due presidenti negli Stati Uniti, in Iowa o in Alaska. Pare che le parti stiano ragionando su un vertice in luogo neutro, probabilmente in Europa: Londra potrebbe essere in pole position. L’intoppo, più di forma che di sostanza (ma in politica la forma è sostanza) ha consentito ai mercati di incassare i frutti dei recenti allunghi sul fronte azionario mentre continua il riequilibrio dei bond.

Il Nikkei di Tokyo è sulla parità, in lieve calo il CSI 300 dei listini di Shanghai e Shenzhen (-0,3%). Hang Seng di Hong Kong -0,3%, Taiex di Taiwan -0,6%. La Borsa dell’Indonesia perde l’1,3%.

Il cambio dollaro yuan si apprezza a 7,02, dopo sette sedute consecutive di flessione. Lo yen guadagna terreno a 108,70 sul dollaro.

Poco mossi anche i listini Usa: Dow Jones -0,07%, S&P 500 +0,07%. Nasdaq +0,29%.

GUERRA SUL DATING A WALL STREET

Da segnalare, come curiosità, la discesa di Match Group, casa madre di Tinder, leader dei siti di appuntamento per cuori solitari, sotto il tiro dei dumping dei concorrenti.

Oro in rialzo dello 0,1%, a 1.492 dollari, dal +0,5% di ieri in chiusura.

Petrolio Brent in calo dello 0,2%, a 61,7 dollari il barile, dopo il -2% di ieri. Pare che i paesi leader dell’Opec si presenteranno all’assemblea di dicembre con una proposta di mantenimento dei livelli attuali di produzione. A Milano Eni invariato, Saipem -0,3%, Tenaris -1,3%.

FMI: IN EUROPA A RISCHIO ANCHE LA CRESCITA DEI SERVIZI

Banche italiane a parte, anche la giornata finanziaria europea è stata ieri avara di spunti di rilievo. Le Borse del Vecchio Continente hanno archiviato una seduta di modesta volatilità. Intanto il Fondo Monetario lancia l’allarme: la crisi che ha colpito il manifatturiero potrebbe estendersi anche ai servizi sulla scia delle tensioni commerciali, frenando la crescita del blocco all’1,2%, in calo rispetto alle stime di aprile quando era data all’1,3%.

Piazza Affari rallenta ma chiude con un segno più per la quarta volta di fila: +0,04% a 23.373 punti.

Francoforte sale dello 0,24%; Parigi +0,34%; Madrid -0,07%; Londra +0,1%; Zurigo +0,47%.

BTP OLTRE L’1%, L’OAT TORNA SOPRA LO ZERO

La maggior propensione al rischio penalizza la carta italiana e il rendimento del Btp 10 anni risale a 1,03% (massimo di giornata a 1,08%), mentre lo spread con il Bund si rafforza e 135 punti base (+2,69%).

Variazioni più sensibili per l’Europa “core”: il rendimento del Bund decennale sale a -0,3%, così come l’analogo titolo austriaco, ai massimi da tre mesi.

Il decennale francese per la prima volta da luglio ha visto il rendimento tornare a zero.

POSTE IN FRENATA NONOSTANTE L’UTILE

Banche superstar nel corso della seduta ancor prima del collocamento di Mediobanca. In grande evidenza Unicredit, +1,04% in attesa dei risultati e dopo aver completato la cessione di un portafoglio Npl di mutui residenziali da un valore lordo di 4,1 miliardi di euro (6,1 miliardi di creditoria complessiva) a un veicolo di cartolarizzazione vendendo a un’istituzione non appartenente al gruppo il 95% delle note mezzanine e junior emesse.

Poste italiane (-2,2%) ha chiuso il terzo trimestre con 459 milioni di euro di utile operativo, in linea con il risultato del terzo trimestre del 2018, ma meglio delle aspettative, grazie al segmento assicurativo, mentre è stato debole quello dell’area finanza. Ricavi della divisione recapito corrispondenza in calo del 5%, in linea con le aspettative.

TRIMESTRALI: GIÙ CNH, SALE DIASORIN

Asset management in evidenza. Banca Generali +2,5%. FinecoBank +1% grazie alla promozione di Hsbc e MainFirst. Azimut +0,5% all’indomani del massimo degli ultimi due anni: Kepler ha tagliato la raccomandazione da Buy a Hold.

Tra gli industriali scivola Cnh Industrial (-5%). I ricavi di vendita netti delle Attività Industriali nel terzo trimestre sono stati pari a 5,9 miliardi di dollari, in calo del 6% rispetto al terzo trimestre del 2018.

I conti in crescita invece hanno dato la carica a Diasorin (+3,3%). I dati dei primi nove mesi dell’anno sono stati superiori alle attese del consenso su ricavi, Ebitda e utile netto (126,7 milioni di euro contro i 124 milioni attesi dagli analisti).

AFFONDA FINCANTIERI, PROVE DI PACE IN MEDIASET

Fincantieri -5%: la Guardia di finanza di Venezia sta eseguendo 80 perquisizioni nell’ambito di un’indagine per reati di sfruttamento della manodopera, corruzione tra privati, dichiarazione fraudolenta ed emissione di fatture false su 19 società di cantieristica navale che lavorano per conto di Fincantieri. 

Mediaset (-0,1%) ha avviato con Vivendi i primi colloqui per tentare di risolvere la disputa sul sistema di governance di MediaforEurope, la holding olandese in cui dovrebbero fondersi le attività italiane e spagnole del gruppo di Cologno, nell’ambito di un progetto di espansione pan-europea.

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