L’Iran attacca basi americane in Qatar e risponde così agli Usa che sabato notte avevano colpito i suoi siti nucleari: una vendetta, quella degli ayatollah, che si è consumata meno di 48 ore dopo la pioggia di fuoco scatenata da Donald Trump. Dieci missili sono stati lanciati da Teheran su basi statunitensi in Qatar e Iraq. Colpi di mortaio sono stati sparati anche contro un’altra base in Siria. Secondo il New York Times, il regime iraniano ha coordinato gli attacchi con i funzionari del Qatar e anche gli Stati Uniti pare fossero a conoscenza di un potenziale attacco sulla base aerea di Al Udeid, la più grande degli Stati Uniti in Medio Oriente.
I missili, secondo Doha, sono stati tutti intercettati e non ci sono stati morti né feriti: la base, infatti, era stata evacuata. Dieci i militari dell’aeronautica italiana sono stati “preventivamente spostati in aree sicure”, afferma il ministro della Difesa Guido Crosetto. Immediata la reazione di Trump, che non intende rispondere all’attacco iraniano: “Grazie all’Iran per averci avvertiti, ora la pace”.
Pare che Trump ora punti a porre fine alla guerra con l’Iran esortando Benjamin Netanyahu a fare lo stesso. Lo riferisce Axios, citando un alto funzionario della Casa Bianca sottolineando che il presidente vuole “un accordo e non altre guerre”.
Iran attacca basi americane in Qatar: la replica di Trump
Trump, dunque, ha “ringraziato” Teheran per averlo “avvisato tempestivamente” della sua “reazione molto debole” ai raid Usa. “Questo ci ha permesso di non perdere vite e di non ferire nessuno. Forse l’Iran può ora procedere verso la pace e l’armonia nella regione. E incoraggerò con entusiasmo Israele a fare lo stesso”, ha detto il tycoon prima di fare le sue “congratulazioni al mondo: è tempo di pace!”
“Nessun americano è rimasto ferito e i danni sono stati pressoché inesistenti”, ha poi sottolineato Trump. L’allerta massima è scattata anche in Iraq, ma il lancio di un missile diretto verso una struttura americana nel Paese, annunciato in un primo momento, è stato in seguito smentito da Baghdad e dai militari statunitensi.
Con ore di anticipo si sono susseguiti annunci sui media americani di “un attacco imminente”, mentre Doha aveva già chiuso lo spazio aereo nazionale come misura “precauzionale”. E le ambasciate di Stati Uniti, Cina e Regno Unito avevano invitato i loro connazionali in Qatar a “restare a casa” per sicurezza. Tutto sembrava indicare la volontà di Teheran di chiudere lo scontro, almeno con Washington, in un’unica mossa: scegliere come bersaglio la base in Qatar “ha senso, soprattutto se gli americani vengono avvertiti in anticipo”, è stata la lettura dell’analista politico Ian Bremmer, che ha evidenziato come la base di Al Udeid “può offrire una risposta spettacolare al pubblico iraniano” correndo meno rischi di provocare un’altra escalation.
Malgrado tutto, e a uso interno, la tv di Stato iraniana ha annunciato urbi et orbi l’operazione “Benedizione della Vittoria”, con cui Teheran “ha lanciato una risposta potente all’aggressione americana” proprio mentre Trump riuniva il suo consiglio di sicurezza nella Situation Room. I pasdaran, nel frattempo, hanno esultato avvertendo che “il messaggio” per la Casa Bianca è che l’Iran “non lascerà che alcuna aggressione resti senza risposta”. Secondo fonti citate dai media Usa, il tycoon non vuole un maggior coinvolgimento militare in Medio Oriente dopo la ritorsione dell’Iran, e non risponderà agli attacchi alle basi. Ma non si può mai dire. La galassia delle milizie filo-Teheran disseminate in Medio Oriente, infatti, potrebbe essere meno propensa a chiuderla qui. E resta massima l’allerta per la possibilità di attacchi da parte delle “cellule dormienti” della Repubblica Islamica in territorio americano.
Iran, il ritorno di Khamenei
Da parte sua, l’Iran della propaganda proverà a massimizzare il profitto di una vendetta che ha soprattutto l’obiettivo di far respirare il regime, messo sotto scacco dall’offensiva israeliana e il malcontento popolare. Rintanato e sorvegliato H24 dalle forze speciali Vali-ye Amr delle Guardie Rivoluzionarie, Ali Khamenei è tornato a parlare sui social, prima promettendo che “continuerà la punizione” contro Israele – con cui intanto la guerra continua – e poi commentando i raid sulle basi Usa, assicurando che Teheran “non ha aggredito nessuno, non accetta l’aggressione di nessuno e non si sottometterà alle aggressioni di nessuno”, accompagnando il tutto con l’immagine di una bandiera Usa in fiamme.
Iran alla ricerca di un successore: chi sono i due papabili
Ma nel frattempo, il tempo stringe per la ricerca di un successore: stando alla Reuters online, che cita fonti a conoscenza dei colloqui, la commissione nominata dallo stesso ayatollah due anni fa per identificare il suo sostituto ha accelerato il suo lavoro. L’obiettivo è evitare l’instabilità e dare continuità al regime nel caso in cui Khamenei venisse ucciso, in un establishment iraniano più diviso che mai.
In questo quadro, a differenza di quanto emerso nei giorni scorsi, tra i due candidati principali in pole per la successione ci sarebbe anche il figlio 56enne di Khamenei, Mojtaba; il contendente sarebbe Hassan Khomeini, nipote del padre della Repubblica islamica. Stretto alleato della fazione riformista, Khomeini gode di rispetto anche tra gli alti prelati e le Guardie Rivoluzionarie per via della sua discendenza. E potrebbe rappresentare una scelta più conciliante a livello internazionale rispetto a Mojtaba Khamenei, fedele alle politiche intransigenti del padre.