Alla fine, il premier giapponese Shigeru Ishiba si è dimesso. Neanche il tempo di celebrare un anno come primo ministro: nominato il 1° ottobre 2024 per succedere a Fumio Kishida, travolto da uno scandalo sui finanziamenti al partito, Ishiba prometteva di riformare la mastodontica organizzazione che guida il Giappone quasi ininterrottamente da oltre 70 anni. Non ci è riuscito. La pesante sconfitta alle elezioni per la Camera Alta dello scorso luglio ha privato per la prima volta dal 1955 una coalizione di governo guidata dal Partito Liberal Democratico (PLD) della maggioranza in entrambe le Camere della Dieta.
Le cause della disfatta sono state molteplici: l’insoddisfazione verso le politiche economiche del governo – che aveva rifiutato di ridurre la tassa sui consumi nonostante alta inflazione e bassi salari – e l’impatto dei dazi del presidente Usa Donald Trump, che hanno indebolito l’immagine di Ishiba, nonostante i tentativi del premier di bilanciare interessi nazionali e rapporti con la Casa Bianca.
Perché il premier giapponese Ishiba si è dimesso?
La notizia era nell’aria: già a fine luglio si erano diffuse voci di dimissioni imminenti, poi smentite. Ishiba aveva provato a reggere, ma alla fine il PLD ha deciso per lui. Una parte consistente del partito ha considerato la sua debolezza determinante nella sconfitta elettorale e ha chiesto responsabilità: tradotto, dimissioni. L’ala conservatrice, erede della fazione di Shinzo Abe, ha spinto per primarie anticipate, mentre i moderati Yoshihide Suga e Kishida hanno tentato di frenare la spinta radicale. Alla fine, Ishiba ha ceduto, convocato dai due leader più influenti del partito: Suga e il ministro dell’Agricoltura Shinjiro Koizumi.
La settimana scorsa si era dimesso anche il segretario generale del partito Hiroshi Moriyama, chiaro segnale che la tregua interna era agli sgoccioli. Con la decisione di Ishiba, il PLD evita una spaccatura interna e apre la corsa al successore.
Chi è Shigeru Ishiba
Ishiba, 68 anni, ex banchiere, è diventato il 102esimo premier del Giappone grazie al sostegno dei moderati del partito. Nel corso della sua carriera ha ricoperto i ruoli di ministro della Difesa e dell’Agricoltura e si è sempre presentato come riformatore interno. Cristiano protestante, si è espresso più volte contro l’uso del nucleare nella transizione energetica e aveva in programma riforme sociali, come l’abolizione della legge che obbliga i coniugi a portare lo stesso cognome.
Politicamente, Ishiba ha sempre puntato su una linea pragmatica nei rapporti con la Cina, ha promosso l’idea di una “Nato asiatica” e intendeva rimodellare l’alleanza con gli Stati Uniti, ritenuta squilibrata. Tra le sue priorità anche la revisione della costituzione pacifista del dopoguerra, la gestione dei disastri climatici e dell’emergenza demografica. Nella sfida per la leadership del PLD, Ishiba aveva avuto la meglio su Takaichi, politica ultraconservatrice, e su Junichiro Koizumi, rampollo 43enne, grazie al sostegno della base moderata del partito.
La successione e le sfide future
Con le dimissioni di Ishiba, il partito dovrà eleggere un nuovo leader. Gli aspiranti candidati dovranno ottenere il sostegno di almeno 20 parlamentari; la scelta finale passerà attraverso un voto che coinvolgerà deputati e iscritti al partito. Storicamente, guidare il PLD significa quasi sempre diventare anche premier.
Tra i possibili successori, l’ala ultraconservatrice punta su Sanae Takaichi, ex batterista heavy metal e fedelissima di Shinzo Abe, nota per le posizioni da falco sulla Cina e la richiesta di maggiore autonomia strategica su commercio e difesa. Tra i moderati, invece, emerge il nome di Koizumi e si ipotizza perfino un ritorno di Kishida. La scelta del nuovo leader determinerà anche se e quando il parlamento verrà sciolto e se saranno necessarie elezioni anticipate.