Brusco risveglio oggi per Piazza Affari, che da Regina passa a Cenerentola in Europa chiudendo l’ultima seduta del mese con una perdita dell’1,56%, che riporta il Ftse Mib sotto i 41 mila punti base. A trasformarsi in zucca, sull’indice principale, è stata in giornata una prestigiosa carrozza come Ferrari, blue chip che lascia sul terreno l’11,65% dopo una brillante trimestrale (ricavi +4,4%). I numeri del cavallino rampante non hanno sorpreso il mercato, che è rimasto deluso inoltre da consegne in calo dell’1% nei secondi tre mesi dell’anno.
Il quadro Ue è del resto prevalentemente debole, sotto una pioggia di risultati aziendali e in attesa che si chiarisca se l’accordo con la Casa Bianca sui dazi è in vigore oppure se domani scatarrano le temute tariffe. La Commissione Europea si aspetta che gli Stati Uniti daranno attuazione all’intesa al 15%, anche se alcuni dettagli sono ancora in definizione e, per ora, manca una dichiarazione congiunta tra Usa e Ue.
Così Francoforte cede lo 0,74%, Parigi lo 0,99%, Amsterdam lo 0,72%. Madrid compie invece un passettino avanti (+0,25%) in scia ai risultati di BBVA (+7,38%), che hanno incoraggiato il settore bancario. Fuori dal blocco è poco più che piatta Londra +0,08%.
Wall Street mista, con Meta e Microsoft
Al contrario l’andamento di Wall Street nella mattina americana appare positivo per S&P e Nasdaq, al traino di megacap come Meta Platforms (+11,43%) e Microsoft (+4,94%), che nella notte hanno sfoderato conti superiori a ogni aspettativa. Il colosso di Bill Gates in avvio ha superato anche i 4000 miliardi di capitalizzazione, un traguardo toccato finora solo da Nvidia. Si tratta di una situazione assai favorevole alla propensione al rischio, con il mercato che stasera attende anche i risultati di altri due pesi massimi come Apple e Amazon.
Trump a Powell “sei troppo stupido”, ma l’inflazione sale
La massa di utili aziendali Usa sta facendo dimenticare agli investitori l’atteggiamento da falco visto ieri in Jerome Powell, al termine della riunione di politica monetaria, occasione in cui i tassi sono rimasti invariati (ma con due voti contrari). La linea attendista scelta dal presidente della Federal Reserve ha ridimensionato le stime di un primo taglio del costo del denaro a settembre e ha fatto infuriare per l’ennesima volta il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che oggi, oltre a definire Powell come “troppo tardi”, gli dà pure del “troppo stupido” per guidare la banca centrale statunitense. Il tycoon minaccia inoltre il “rivale” (visto come “politico”) ribadendo che i costi per la ristrutturazione della sede della Fed a Washington sono stati troppo alti.
Eppure l’inflazione di giugno a stelle e strisce oggi sembra avallare la prudenza del banchiere centrale. il dato Pce, monitorato con particolare attenzione dalla Fed, è salito dello 0,3% su base mensile e del 2,6% su base annua, contro il 2,5% atteso. Le richieste settimanali alla disoccupazione sono invece apparse stabili.
Dollaro, verso il primo guadagno mensile dell’anno. In picchiata il rame
In questo contesto il dollaro si avvia a chiudere con il primo guadagno mensile del 2025, anche se al momento il biglietto verde perde leggermente terreno contro l’euro. La moneta unica nelle ultime sedute ha ceduto circa il 3%, ma al momento recupera lo 0,4%, per un crosso di 1,144.
La divisa statunitense si apprezza invece contro lo yen, dopo che la BoJ ha mantenuto i tassi di interesse a breve termine fermi allo 0,5% con un voto unanime, ma ha aggiornato le previsioni di inflazione per il triennio al 2027, affermando che i rischi per le prospettive dei prezzi sono “grosso modo bilanciati”.
Tra le materie prime sprofondano i prezzi del rame (-21,73 il future di settembre) dopo che Trump ieri ha annunciato dazi del 50% sui prodotti di rame semilavorati e sui prodotti derivati ad alta concentrazione di rame.
L’oro spot è ben intonato, ma tratta sotto 3300 dollari, mentre il petrolio è in ribasso e perde quasi il 2%: il contratto Brent di ottobre prezza 71,22 dollari al barile.
Piazza Affari, realizzi su Iveco, tonica Prysmian
In Piazza Affari i realizzi pesano su Iveco, -4,5%, all’indomani dei conti, del taglio delle stime e soprattutto dell’accordo per la cessione per 3,8 miliardi della divisione veicoli commerciali all’indiana Tata Motors e della divisione Defense a Leonardo (-1,06%) per 1,7 miliardi.
In vetta al listino campeggia invece Prysmian (+2,74%), favorita, secondo alcuni osservatori, dal vantaggio competitivo dato dalla presenza di stabilimenti del gruppo negli Stati Uniti e dal crollo dei prezzi del rame.
Le banche sono contrastate: salgono Banco Bpm +2,24%, Banca Mediolanum +1,17% e Unicredit +0,73%, mentre arretrano Pop di Sondrio (-3,45%) e Intesa (-2,41%), su realizzi dopo il balzo della vigilia. Scende modestamente anche Mediobanca (-0,31%), nonostante un semestre record. Piazzetta Cuccia inoltre non demorde e cerca di tenere alte le barricate contro Mps (-0,85%). L’ipotesi è di anticipare l’assemblea per il via libera all’offerta su Banca Generali. “La nostra offerta può arrivare sul mercato prima della fine dell’offerta di Mps – ha detto l’ad Alberto Nagel – Dipenderà dal calendario, dalle discussioni con Consob, ma può succedere”.
Appare diviso il settore oil: Saipem +1,87%, Tenaris -6,2% dopo i conti.
Il timore dei dazi zavorra Cucinelli, -4,4% e Campari -2,04%.
Spread, calma piatta
Le bufere commerciali non contagiano il secondario che procede solido sulla sua strada. Lo spread tra Btp decennale e Bund di pari durata si consolida oggi inoltro a 84 punti base, con rendimenti leggermente in calo rispettivamente al 3,54% e 2,69%.
Dal fronte inflazione non ha prodotto effetti apprezzabili il rincaro del cosiddetto carrello italiano della spesa, vale a dire del paniere dei beni più acquistati e necessari per la vita delle famiglie, che sale a luglio al 3,4%. L’inflazione però si ferma all’1,7% (come a giugno), con un rialzo su base mensile dello 0,4%.
Buone notizie dal mondo del lavoro nel Belpaese, con il tasso di disoccupazione che, per l’Istat, scende al 6,3%.