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Battiston: “Lo sbarco sulla Luna ha cambiato il mondo. L’obiettivo è ritornarci”

A 50 anni dallo sbarco sulla Luna, gli Usa hanno intenzione di ritornarci entro il 2024. “Non è così facile” spiega l’ex numero uno dell’Asi, Roberto Battiston in quest’intervista. “Il programma Apollo ha portato una crescita tecnologica e industriale incredibile, con introiti pari a 6 volte gli investimenti”.

Battiston: “Lo sbarco sulla Luna ha cambiato il mondo. L’obiettivo è ritornarci”

“Il fato ha voluto che gli uomini che sono andati sulla Luna per esplorarla in pace, resteranno sulla Luna per riposare in pace”. Cominciava così il discorso mai pronunciato dal presidente americano Richard Nixon. Era stato scritto nell’eventualità in cui l’Apollo 11 avesse fallito. Era già tutto pronto per le lacrime, per la commemorazione di tre eroi americani morti mentre cercavano di realizzare una delle imprese più importanti di tutti i tempi. La realtà ha raccontato una storia diversa. Alle 20.17 del 20 luglio 1969, la navicella spaziale Apollo 11 toccò il suolo lunare. Neil Armstrong e Buzz Aldrin misero il primo piede sulla Luna sei ore dopo, mentre il pilota del modulo di comando Michael Collins rimase nell’orbita lunare.

Fu “un orgoglio comune, un obiettivo comune raggiunto per conto di tutta l’umanità”, spiega a FIRSTonline il fisico sperimentale Roberto Battiston, per quattro anni alla guida dell’Agenzia Spaziale Italiana.

Dalla prima passeggiata sulla Luna sono passati 50 anni esatti e adesso l’obiettivo è quello di ritornarci. Molto, forse troppo, presto. Abbiamo chiesto a Battiston di spiegarci cos’ha rappresentato quello sbarco dal punto di vista scientifico, ma soprattutto come sono il presente e il futuro delle scienze aerospaziali, tra vecchi rivali come Usa e Russia e nuovi attori come Cina e India. Senza dimenticare l’Italia, che con la sua filiera scientifico-industriale svolge un ruolo fondamentale nell’aerospazio europeo.

Siamo sbarcati sulla Luna il 20 luglio del 1969. Cinquant’anni dopo qual è il nuovo obiettivo? Ritornarci? Marte?

“In questo momento la discussione che anima il contesto internazionale riguarda il possibile ritorno sulla Luna con astronauti e astronaute. Un chiaro messaggio in questo senso è stato mandato negli ultimi mesi dall’amministrazione Trump e dalla Nasa. Tra l’altro questi input rappresentano una correzione di rotta rispetto alle intenzioni manifestate fino un anno e mezzo fa, quando invece si puntava insistentemente su una serie di missioni che portavano verso Marte da realizzare attraverso collaborazioni a livello internazionale. Oggi sono cambiate le condizioni di contorno e credo che, proprio in occasione dello sbarco sulla Luna, il tema sia quello di organizzare l’infrastruttura che ci consentirà di tornare sulla Luna addirittura entro 4-5 anni. Un obiettivo molto sfidante dato che si tratta di tempistiche molto rapide”.

È un traguardo sfidante anche dal punto di vista finanziario, immagino…

“Assolutamente sì. Ricordiamo che per la prima missione Apollo, secondo le stime, sarebbe stato necessario un investimento che, attualizzato ad oggi, è di circa 130 miliardi di dollari. Se vi vuole tornare sulla Luna entro il 2024 servono quindi investimenti importanti che la Nasa non può sostenere da sola. L’agenzia governativa americana ha un bilancio di circa 19 miliardi di dollari. Significa che per tornare sulla Luna bisognerebbe moltiplicare l’intero bilancio della Nasa per cinque–sei volte e utilizzarlo esclusivamente a questo scopo. Ma anche così non basterebbe perché arriveremmo a 100-120 miliardi”.

I conti non tornano.

“Per farcela è importante avere un bilancio adeguato e un aumento sostanziale di risorse per un periodo di parecchi anni, così come accadde alla Nasa dei tempi dell’Apollo. È vero che in questo caso l’agenzia ha annunciato di voler coinvolgere i privati, però questo non vuol dire che questi soggetti intendano mettere a disposizione risorse per andare sulla Luna. Come nel caso del supporto alla Stazione Spaziale Internazionale, i privati possono essere degli attori che realizzano per conto della Nasa servizi legati all’operatività della stazione e un domani, eventualmente, della base lunare. Un concetto ben diverso da quello che presuppone che i privati investano e ottengano un beneficio dagli investimenti effettuati per andare sulla Luna. Ad oggi penso che sia ancora prematuro parlare di ipotesi del genere”.

Torniamo al passato. Cos’ha cambiato lo sbarco sulla Luna nello sviluppo delle scienze aerospaziali e nella corsa dell’uomo verso lo spazio?

“Ha cambiato tantissime cose, non si può negare che quel 20 luglio del 1969 ci sia stato un pensiero comune, un orgoglio comune, un obiettivo comune raggiunto per conto di tutta l’umanità. Per riuscirci la Nasa e gli Stati Uniti hanno operato un incredibile sforzo di coordinamento, coinvolto centinaia di migliaia di persone, messo sul piatto un investimento notevolissimo destinato a un’applicazione del tutto pacifica. Bisogna sottolinearlo, perché il fatto che l’operazione non fosse legata a ottiche militari o di difesa l’ha resa ancora più eccezionale e difficile da realizzare.

Fatta questa premessa, ciò che è rimasto dopo il programma Apollo è stata una crescita tecnologica e industriale incredibile. Grazie a quel risultato ingegneri, fisici, matematici, geologi, chimici si sono formati alle scienze spaziali, contribuendo a creare le infrastrutture che hanno permesso di continuare a fare esplorazione. Ripercussioni importanti ci sono state anche nell’aeronautica e in tanti altri settori. Molti pensano solo all’importo notevole dell’investimento, ma non considerano il fatto che ogni dollaro investito nel programma ha prodotto 6-7 dollari di ricadute nel medio-lungo periodo”.

Le lancio una provocazione. Nonostante quello che ci ha appena raccontato c’è chi sostiene che sulla Luna non ci siamo mai arrivati…

“È già così difficile affrontare e risolvere le sfide della natura e della ricerca che non abbiamo tempo per confrontarci con la stupidità umana. Credo che la scuola, l’educazione, la formazione e la divulgazione debbano essere potenziate in modo tale da non lasciare spazio a queste teorie. Fortunatamente la scienza è un linguaggio internazionale che in molti riescono a capire, non cadendo in tranelli assurdi. La Nasa investe molte risorse per comunicare non solo con la stampa, ma anche con le scuole e con l’opinione pubblica in generale. Ha messo a disposizione pagine su pagine di documenti per cercare di far capire qual è la realtà e quali obiettivi sono stati raggiunti. Anche perché non dimentichiamoci che l’attività spaziale viene fatta con soldi pubblici e quindi abbiamo il dovere di rispondere alle domande e alle curiosità delle persone, fornendo loro tutte le evidenze necessarie dei risultati che sono stati ottenuti. In questo senso però non è mai abbastanza ciò che si può fare”.

Saremmo arrivati sulla Luna senza la guerra fredda e la rivalità tra Stati Uniti ed Unione Sovietica?

“È una bella domanda. Credo che effettivamente la concorrenza tra le due superpotenze abbia giocato un ruolo importantissimo nel consentire alla Nasa di arrivare sulla Luna. Penso che alla fine ci saremmo arrivati comunque, ma in tempi molto diversi”.

Adesso sulla scena aerospaziale si è affacciata la Cina. Cosa cambierà negli equilibri questo nuovo attore?

“La Cina ha un suo programma ambizioso, ha già portato sulla Luna dei rover. Addirittura recentemente è riuscita ad arrivare per la prima volta sulla faccia nascosta della Luna. Anche loro hanno come obiettivo quello di mandare astronauti sulla Luna, certamente non nel brevissimo periodo come invece prevede l’iniziativa degli Stati Uniti. La Cina è e rimarrà un attore importantissimo che ormai gioca alla pari con Stati Uniti, Unione Sovietica e India”.

In questo contesto dominato dalle superpotenze, anche l’Italia ha un ruolo di primo piano, giusto?

“Certamente. L’Italia ha una filiera industriale, scientifica e tecnologica completa. Ricordiamoci che è stato il terzo paese a mettere in orbita in modo autonomo un razzo dopo Unione Sovietica e Stati Uniti. La nostra filiera va dai componenti ai recettori come il Vega, ci lavorano circa 1.800 addetti e ha un fatturato di 2 miliardi l’anno. L’Italia gioca un ruolo importantissimo in Europa, non a caso siamo i terzi contributori dell’Esa”.

Proprio oggi, 20 luglio, parte la missione Beyond. L’astronauta Luca Parmitano sarà al comando. Quali sono gli obiettivi di questa nuova spedizione?

“È una casualità bellissima, molto simbolica. So che Luca realizzerà tanti esperimenti scientifici, ma tra le varie cose che ha il compito di fare c’è una serie di attività extraveicolari di estrema rilevanza per riparare un rivelatore esterno alla stazione aerospaziale. Si tratta dell’Alpha Magnetic Spectrometer, un rivelatore molto particolare per la ricerca dell’antimateria su cui io stesso ho lavorato per vent’anni insieme al premio Nobel per la fisica, Samuel Ting”.

Concludiamo con una domanda più personale. Si ricorda quel 20 luglio del 1969?

“Ero un adolescente, mi ricordo questa piccola televisione grigiastra, ricordo la diretta tv di Tito Stagno e la sua agitazione. Devo dire la verità, in quel momento non capii fino in fondo cosa stava succedendo, la portata storica e planetaria dell’evento. Negli anni successivi invece mi sono reso ben conto di cosa era veramente successo in quella famosa notte”.

Telecronaca dello sbarco sulla Luna – You Tube

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