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I dazi di Trump al 15% non dureranno e rischiano di essere rivisti al rialzo perché Donald fallirà i suoi obiettivi: l’analisi di De Romanis fa riflettere

Se i dazi previsti da Trump per l’Europa si attesteranno sul 15% c’è poco da festeggiare perché tutto lascia pensare che si tratti solo di una prima tappa: è quanto sostiene l’economista Veronica De Romanis, secondo cui però l’Europa ha gli strumenti per fronteggiare i rischi. A condizione che si muova come un unico Paese e che sappia come farlo

I dazi di Trump al 15% non dureranno e rischiano di essere rivisti al rialzo perché Donald fallirà i suoi obiettivi: l’analisi di De Romanis fa riflettere

Non facciamo troppe illusioni in Italia e in Europa: l’aumento dei dazi di Trump al 15%, un livello già quattro volte superiore a quello che c’era prima dell’arrivo di Donald, non è il male minore rispetto alle minacce di aumenti del 30% perché non durerà e il rischio che sia solo la premessa del peggio è dietro l’angolo. Il perché l’ha spiegato benissimo su “La Stampa” di ieri Veronica De Romanis, economista spesso controcorrente e autrice di libri fortunati come “Il pasto gratis“: Secondo lei un aumento dei dazi al 15% “non è credibile nel medio periodo perché non permetteranno al presidente statunitense di conseguire simultaneamente i tre obiettivi che si è posto: aumentare le entrate, rilanciare la manifattura e riequilibrare i deficit sia di bilancio che commerciale”. Ecco perché “ogni cifra concordata verrà inevitabilmente rivista al rialzo”. Cosa dovrebbe fare allora l’Europa se questo scenario dovesse avverarsi? “Spostare la trattativa su un piano politico a lungo termine che comprenda anche la tutela dei nostri valori fondamentali, a partire dalla sicurezza alimentare e sanitaria e dal rispetto della privacy” e che abbia come obiettivo l'”indipendenza” dell’Europa “sul piano della difesa, della sicurezza, della tecnologia, del commercio e dell’energia”. De Romanis riconosce che si tratta di un programma “ambizioso” ma “non rinviabile”. Per realizzarlo è indispensabile però che l’Europa si muova come “one country” e cioè che l’integrazione politica non resti una pura illusione. Ha ragione. Sveglia, Europa.

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