L’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel, scrive una lettera ai dipendenti della banca d’affari per spiegare le motivazioni alla base del rinvio a sorpresa dell’assemblea chiamata a deliberare sull’ops su Banca Generali e confermare che l’offerta partirà entro ottobre. Rassicurazioni che però potrebbero restare solo su carta, considerando che il destino di Piazzetta Cuccia non è più nelle mani dei suoi vertici, ma dipenderà da altre due incognite: l’esito dell’offerta di Monte dei Paschi su Mediobanca e gli sviluppi dell’indagine della Procura di Milano sulla vendita del 15% del capitale di Mps da parte del ministero dell’Economia a Delfin, Caltagirone, Banco Bpm e Anima sgr.
La lettera di Nagel ai dipendenti
“Care colleghe e cari colleghi, desideriamo aggiornarvi sugli ultimi sviluppi riguardanti il nostro gruppo, emersi in seguito alla riunione tenutasi oggi del cda”, si legge nella lettera indirizzata ai dipendenti di Mediobanca e firmata dall’amministratore delegato Alberto Nagel e dal direttore generale Francesco Saverio Vinci.
“Il consiglio ha deliberato di rinviare la data dell’assemblea ordinaria degli azionisti, originariamente prevista per il 16 giugno, al 25 settembre 2025. La decisione è motivata dall’esigenza di acquisire ulteriori valutazioni da Assicurazioni Generali in merito alla proposta di Mediobanca per l’offerta pubblica volontaria di scambio su Banca Generali. L’attività di engagement pre-assembleare svolta con i nostri azionisti ha confermato un ampio supporto del mercato all’offerta, evidenziato anche dai pareri favorevoli unanimi dei proxy advisor”, prosegue il testo. “Tuttavia, alcuni soci, titolari di investimenti sia in Mediobanca sia in Generali, hanno sottolineato l’importanza di conoscere le valutazioni e l’orientamento di Generali per poter esprimere un voto informato nella nostra assemblea. Questo è particolarmente rilevante considerando che l’adesione di Generali è indispensabile per il perfezionamento dell’operazione, essendo fissata la soglia minima irrinunciabile del 50+1% per l’offerta”. “Continueremo quindi a lavorare per questo importante progetto e confermiamo l’obiettivo di arrivare sul mercato con l’offerta entro ottobre”, si conclude la missiva.
Nella lettera, i vertici di Mediobanca fanno riferimento alla richiesta di rinvio presentata il 3 giugno da Francesco Gaetano Caltagirone, con la quale l’imprenditore romano sottolineava la necessità di disporre di maggiori informazioni sull’operazione e sui possibili accordi tra Mediobanca, Banca Generali e Generali. All’epoca Nagel rispose a muso duro, sostenendo che la richiesta confermava “l’evidente conflitto di interessi del socio Caltagirone, presente sia nell’azionariato di Mediobanca che di Generali che di Mps”, avevano riferito fonti di Piazzetta Cuccia. Domenica, a sorpresa, ha cambiato idea. A pesare, oltre alle argomentazioni contenute nella lettera, anche il fatto che, con l’approssimarsi dell’assemblea, il fronte dei No all’operazione stava guadagnando sempre più vigore, con il rischio tangibile che oggi, lunedì 16 giugno, il progetto Banca Generali avrebbe potuto ricevere una sonora bocciatura. Tra voti contrari e astensioni (che equivalgono a un No), si sarebbe potuti arrivare a un 42-44% del capitale contrario, superando i voti favorevoli al via libera all’offerta.
Numeri alla mano, con un’affluenza record tra l’80 e l’82%, secondo le previsioni, oltre al voto contrario di Caltagirone (al 10%), sarebbero arrivate le astensioni di Delfin (19,8%), delle casse previdenziali (al 5,5% del capitale totale) di parte dei pattisti (Minozzi-Gavio con circa lo 0,5%). E ancora: nella compagine sarebbero entrati anche Amundi (gruppo Crédit Agricole) con lo 0,8%, Unicredit, con il suo 1,9% nuovo di zecca, Edizione di Benetton (2,2%) e JP Morgan e Jefferies, accreditate di un altro 2%. Totale: circa il 42%. Troppo per rischiare su un’operazione tanto importante grazie alla quale Piazzetta Cuccia mira a creare un campione del wealth management in Italia.
L’incognita Mps
Il cda di Mediobanca capitanato da Nagel ha dunque deciso di prendere tempo, rinviando l’assemblea della banca al 25 settembre. Quest’assemblea però potrebbe non vedere mai la luce. Due i motivi: se l’ops di Monte dei Paschi su Mediobanca che dovrebbe partire a luglio andrà a buon fine, sarà Siena a decidere se procedere o no con l’ops su Banca Generali. In secondo luogo, se l’esito dell’offerta della banca toscana fosse negativo, Mediobanca non sarebbe più sotto passivity rule e dunque non avrebbe più bisogno di compiere il passaggio assembleare per decidere il suo destino.
In entrambi i casi, il futuro di Mediobanca non si deciderà più a Piazzetta Cuccia ma a Rocca Salimbeni, nel cuore di Siena. Anzi si può dire che il rinvio dell’assemblea rappresenti un assist per l’ad di Mps Luigi Lovaglio, considerando che l’operazione su Banca Generali aveva fatto impennare in borsa il titolo Mediobanca, ampliando il divario borsistico – già di per sé molto esteso – esistente con Mps (la prima ha una capitalizzazione di mercato superiore ai 16 miliardi, la seconda non arriva a 9 miliardi). L’offerta, inoltre, ancora è a sconto di circa il 7,5%, pari a oltre 1,2 miliardi di controvalore.
Nel frattempo, Siena aspetta le autorizzazioni necessarie per far partire l’ops. La Bce avrebbe chiesto alla banca toscana diverse informazioni, necessarie secondo l’Eurotower per essere sicuri che l’acquisizione non determini un aumento dei rischi di sistema. Secondo Repubblica, inoltre, difficilmente la Bce autorizzerà l’integrazione di Mediobanca da parte di Mps con una soglia di adesioni all’ops inferiore al 51% (oggi la soglia minima ufficiale è al 66,67%). Ma il fatto che il dossier Mediobanca-Banca Generali “si allontani di almeno tre mesi, a fine settembre, potrebbe aiutare a tenere più bassa la soglia minima, e più alte le chance dell’ops di Lovaglio”, spiega il quotidiano romano. Il responso della Banca Centrale Europea e dell’Antitrust Ue è atteso per fine giugno e, in caso di via libera, l’ops partirà a luglio.
L’indagine della Procura
Ma oltre ai calcoli finanziari, il risiko è caratterizzato anche da risvolti giudiziari da non sottovalutare: come emerso venerdì scorso, la Procura di Milano ha aperto un’indagine sulla vendita realizzata a novembre del 15% del capitale di Mps da parte del ministero dell’Economia a Delfin, Caltagirone, Banco Bpm e Anima sgr. Acquisti avvenuti tutti ad un prezzo a premio del 5% e quasi in contemporanea. Due aspetti su cui la Procura potrebbe decidere di fare alcune verifiche. Inoltre le indagini dovranno far chiarezza sull’esistenza di una presunta attività di “concerto” tra i vari attori in campo. Gli inquirenti, secondo le indiscrezioni, vorrebbero effettuare tutti gli accertamenti nel più breve tempo possibile, ma è lecito pensare che, a prescindere dal risultato, l’indagine porterà l’autorità di Borsa e la stessa Bce ad optare per un approccio molto – molto – prudente su Mps e sugli altri M&A sul tavolo.
Alla luce di tutte le incognite esistenti, settembre appare dunque sempre più lontano. Tanto che il destino di Mediobanca e dei suoi vertici potrebbe decidersi nella calda estate che sta per aprirsi, ben prima che i soci si riuniscano (se si riuniranno) in quella sede che per decenni è stata il tempio della finanza italiana. D’altronde, è stato proprio Enrico Cuccia ad insegnare a banchieri e imprenditori che ad agosto si chiudono gli affari migliori.