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La rivoluzione dei paperbook come quella degli ebook

I libri tascabili hanno lasciato una traccia indelebile nella storia della letteratura del XX secolo, mettendo in crisi l’editoria tradizionale – E’quello che ora tentato di fare gli ebook – La nascita della pulp fiction e dei pocket books – Poi arrivarono Penguin e il boom dei tascabili

La rivoluzione dei paperbook come quella degli ebook

La rivoluzione dei paperback come quella degli ebook

1939-1945: La nascita della pulp fiction

Gli Stati Uniti da soli rappresentano un quarto dell’intero mercato mondiale del libro. Il loro mercato è 10 volte quello italiano in rapporto di 1 a 6 della popolazione. È in questo paese che si sperimentano e quindi si attuano, prima che altrove, le principali innovazioni sia sul piano dei contenuti che dei modelli commerciali. Con la tecnologia che tende a trasformare e rivoluzionare ogni attività economica e anche sociale, i modelli sperimentati e messi a punto negli Stati Uniti tendono a espandersi agli altri paesi e ai differenti mercati con la velocità con cui si diffonde un virus. L’idea che alcune realtà possano sottrarsi a questa contaminazione è illusoria.

Pertanto pensiamo che lo studio, la comprensione e la rielaborazione delle tendenze che si manifestano in questo mercato siano uno dei più utili investimenti di tempo e di risorse di qualsiasi persona abbia una qualche relazione con questa industria. Inoltre l’accesso istantaneo all’informazione, la condivisione delle esperienze e l’affermarsi dell’inglese come lingua globale sono tutte condizioni che stimolano la diffusione dei modelli praticati con successo negli USA, i quali divengono un modello operativo anche nelle altre aree del pianeta anche di differente tradizione culturale.

È per questo motivo che abbiamo voluto offrire ai lettori italiani questo importante contributo che ricostruisce la fortuna dei tascabili (paperbacks), il cui percorso richiama molto da vicino quello che oggi percorre gli ebook, in una rivoluzione paragonabile a quella effettuata dai tascabili dal 1940 al 1970. Di seguito offriamo ai nostri lettori la prima parte della rielaborazione e dell’adattamento, a cura di Ilaria Amurri, dell’articolo Pulp’s big moment. How Emily Brontë met Mickey Spillane di Luois pubblicato da “The New Yorker”.  In questa storia della nascita e dell’affermazione dei mas-market paperback (cioè dei tascabili per il mercato di massa) troviamo delle sorprendenti analogie con la rivoluzione che la nuova editoria sta attuando nell’industria del libro contemporanea. Non so è trattato allora come oggi solo di una rivoluzione distributiva e tecnologica, ma anche di contenuto.

Buona lettura!

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1939 arrivano i Pocket Books di Robert De Graff a 25 cents.

Prima della seconda guerra mondiale, quando l’unico modo per comprare un libro era uscire di casa, non c’erano abbastanza librerie. Erano tutte concentrate nelle grandi città e molte di esse erano di fatto negozi di souvenir che mettevano in vendita pochi volumi. La distribuzione era dunque assai problematica per le case editrici, che di solito spedivano i libri per posta o si appoggiavano ai book club, costringendo i clienti a selezionare le loro letture in modo del tutto casuale e istintivo.

All’epoca gli editori si concentravano più sulla promozione che sui libri in sé. Ogni anno selezionavano pochi titoli, li pubblicizzavano e cercavano di venderne il più possibile, per poi ricominciare da capo l’anno seguente. I libri di maggior successo erano ristampati e messi nuovamente in commercio, ma i profitti erano piuttosto modesti, poiché si stampavano solo poche copie per volta.

Poi, il 19 giugno del 1939, un uomo di nome Robert De Graff, rivoluzionò il mondo dell’editoria creando Pocket Books, la prima collana di libri tascabili. I mass-market paperback erano molto popolari, tanto nel prezzo, quanto nel contenuto, e c’è chi dice che abbiano cambiato la cultura americana, come suggerisce Paula Rabinowitz in American Pulp: How Paperbacks Brought Modernism to Main Street (edito dalla Princeton University Press). Il libro fa riferimento a diversi studi (fra cui i contributi di pionieri come Janice Radway e Lawrence Rainey, nonché di studiosi come Evan Brier, Gregory Barnhisel e Loren Glass) che dimostrano quanto la letteratura del XX secolo sia stata influenzata dai cambiamenti che investirono l’editoria dopo l’arrivo dei tascabili.

Nasce Penguin

Tuttavia, l’introduzione del nuovo formato non va attribuita a De Graff, bensì all’inglese Allan Lane, il fondatore di Penguin Books.

Secondo la leggenda, raccontata da Kenneth Davis in Two-Bit Culture: The Paperbacking of America (“la cultura del quarto di dollaro”), un interessante excursus nella storia delle edizioni tascabili, Lane ebbe un’illuminazione mentre si trovava alla stazione di Devon, in Inghilterra, dove aveva passato il fine settimana con Agatha Christie e suo marito. Avrebbe voluto comprare qualcosa da leggere durante il viaggio di ritorno a Londra, ma non trovò niente di adatto e fu così che gli venne in mente l’idea dei tascabili. Nell’estate del 1935 inaugurò Penguin Books con dieci titoli, fra cui Aiuto, Poirot!, di Agatha Christie. Le vendite andarono bene fin dall’inizio, anche perché i libri erano distribuiti in tutti i paesi del Commonwealth, che all’epoca coprivano una grossa fetta del pianeta e del mercato librario. Il 30 luglio 1935 il traguardo di un milione di libri venduti e superato tra lo stupore dello stesso Lane.

Innovazioni decisive

In realtà, le copertine di cartoncino (non cartonate per intenderci)  sono vecchie quasi quanto la stampa, infatti furono inventate nel XVI secolo e in Francia sono impiegate da secoli, come nel caso dell’Ulisse di Joyce, pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1922. Negli Stati Uniti il tascabile fu sperimentato su larga scala almeno due volte nel corso del XIX secolo: prima negli anni Quaranta, con la collana American Library of Useful Knowledge, poi dopo la Guerra di secessione, quando gli editori americani, liberi dalle restrizioni internazionali sul diritto d’autore, iniziarono a pubblicare edizioni economiche dei più famosi romanzi europei.

A differenza dei loro predecessori, Lane e De Graff non modificarono soltanto il formato dei libri, ma anche le modalità di distribuzione. Nel 1939, anno in cui De Graff introdusse i tascabili, negli Stati Uniti furono stampati 180 milioni di libri. Il problema era che esistevano appena 2800 librerie, ma De Graff si rese conto che c’erano anche 7000 edicole, 18.000 tabaccai, 58.000 farmacie e 62.000 ristoranti, senza contare le stazioni dei treni e degli autobus, tutti luoghi che si adattavano particolarmente alla vendita dei tascabili.

I nuovi libri furono quindi progettati per poter essere esposti in qualunque tipo di negozio, su semplici scaffali, dove i clienti avrebbero potuto curiosare con comodo stando in farmacia o aspettando di prendere il treno, in mancanza di librerie facilmente accessibili.

La diversificazione dei punti vendita non fu poi così complicata. Invece di affidarsi ai grossisti, i principali fornitori di librerie, De Graff decise di collaborare con i giornalai, i quali mettevano in mostra libri sempre nuovi accanto agli ultimi numeri di giornali e riviste.

Un tascabile costava 25 centesimi, cioè un quarto di dollaro, e pare che la cifra sia venuta in mente a De Graff mentre pagava il pedaggio a un casello autostradale: nessuno avrebbe resistito a una tale convenienza! La Penguin, invece, li vendeva a sei penny, perché secondo Lane dovevano costare non più di un pacchetto di sigarette, consentendo ai clienti di procurarsi libri interessanti e accattivanti a un buon prezzo.

Non trovate qui qualche analogia con la fissazione sui prezzi di Amazon secondo cui gli ebook devono costare tra 2,99 e 9,99? Io sì.

De Graff sperimentò la sua idea presso le edicole della metropolitana e in altri piccoli negozi di New York ed ebbe la conferma di essere sulla strada giusta quando in un solo giorno un tabaccaio riuscì a vendere centodieci copie. Dopo otto settimane, a metà agosto, quando la distribuzione era stata estesa a tutto il Nordest degli Stati Uniti, erano già state vendute 325.000 copie: stava nascendo un nuovo mercato. Nello stesso periodo fu inaugurata la prima sede americana della Penguin, a cui fecero seguito diversi esponenti della concorrenza: Avon (1941), Popular Library (1942), Dell (1943), Bantam (1945) e dopo la guerra ne arrivarono molti altri, fra cui New American Library (N.A.L.), nel 1948, che pubblicò le collane tascabili Signet e Mentor, rispettivamente di narrativa e saggistica.

Guerra e dopoguerra: l’esplosione dei tascabili

L’era dei tascabili era ufficialmente iniziata. L’universo dei libri attraversò una fase di forte espansione e persino la guerra si rivelò un’occasione per esprimere le potenzialità del nuovo formato. Pocket e Penguin, incoraggiate dal successo dei tascabili, collaborarono nella produzione della collana di classici Armed Services Editions, proponendo libri “usa e getta”, rivestiti di carta e con il testo disposto su due colonne, abbastanza piccoli da entrare agevolmente nelle tasche di un’uniforme. I volumi furono distribuiti gratuitamente a 16 milioni di persone, tra uomini e donne, che prestarono servizio militare durante la guerra, senza contare quelli che le due case editrici procuravano separatamente all’esercito americano. Paula Rabinowitz spiega come Armed Services Editions abbia pubblicato 1180 titoli, distribuendo ben 123.535.305 libri, che al governo venivano a costare poco più di sei centesimi a copia.

I soldati spediti Oltreoceano, oltre a rivelarsi avidi lettori, si abituarono fin troppo alla comodità dei tascabili e una volta rientrati in patria non seppero più farne a meno. Risultato: nel 1947, due anni dopo la fine della guerra, negli Stati Uniti furono venduti 95 milioni di tascabili. In sostanza, si può dire che il nuovo modello abbia rivoluzionato l’editoria nella stessa misura in cui i dischi in vinile a 45 giri (i “singoli”, introdotti nel 1949) e le radioline (in commercio dal 1954) hanno cambiato l’industria discografica, così come la commedia è stata trasformata dalla televisione e il giornalismo da Internet. In poche parole, i libri potevano finalmente arrivare a milioni di persone a prezzi accessibili.

La lettura come passatempo

In generale, a cambiare fu anche l’approccio delle persone nei confronti della letteratura. De Graff aveva abbandonato gli studi alle superiori (come Lane, che aveva lasciato la scuola a soli sedici anni) e non era neppure un lettore appassionato. “I tascabili di Pocket Books sono studiati appositamente per stare al passo coi tempi e con le necessità dei newyorchesi”, diceva. Secondo lui, la lettura non doveva essere intesa come un passatempo non paragonabile alla musica classica, sofisticata ed elitaria, ma doveva avvicinarsi piuttosto a una merenda a base di gelato, in poche parole doveva piacere a chiunque. Le storie piacciono a tutti e in tal senso i tascabili avevano il vantaggio di accontentare il grande pubblico in un periodo in cui la televisione non aveva ancora preso il sopravvento.

Paula Rabinowitz ritiene che il mass-market paperback sia stato rivoluzionario sotto diversi aspetti, in quanto veicolo di crescita e di sprovincializzazione culturale. Eppure, in origine l’editoria tradizionale considerava i tascabili come prodotti commerciali di basso livello, equiparabili ai pulp magazine e ai giornali a fumetti accanto ai quali erano esposti. La critica li ignorava o si limitava a denunciarne lo scarso livello culturale e l’impegno politico pressoché assente, per non parlare delle numerose organizzazioni religiose e civili che manifestavano pubblicamente pretendendone la regolamentazione o addirittura la repressione.

Non ci trovate qui un’analogia con l’atteggiamento della editoria maggiore nei confronti del fenomeno degli autopubblicati e della nuiova editoria?

Le ristampe, fra cui vi furono anche Cime tempestose (che riscosse un enorme successo con Pocket Books) e le tragedie di Shakespeare (che De Graff vendeva sottocosto), non rappresentavano di per sé un problema. Il punto è che la diffusione di grandi classici e di bestseller acclamati dalla critica, in versione economica, avrebbe reso la cultura più democratica, rispondendo a una necessità che gli americani avevano manifestato già dai tempi della Library of Useful Knowledge.

Oltre i classici, pulp fiction

Oltre ai classici, sugli scaffali dei negozi comparivano libri sempre nuovi, con titoli originali e copertine sgargianti: Hitch-Hike Hussy, di John B. Thompson e Jack Woordford (Beacon), I Wake Up Screaming (“Quando sarò impiccato”), di Steve Fisher (Popular Library), Scandals at a Nudist Colony, di William Vaneer (Croydon Books), The Daughter of Fu Manchu, di Sax Rohmer (Avon) (sottotitolato: “Colei che tramò una perfida congiura in nome del potere e dell’amore”).

Non mancavano inoltre i gialli, come la serie Perry Mason, di Erle Stanley Gardner (un altro grande successo di Pocket Books), che riproponeva incessantemente le avventure di un detective cinico e spietato. Furono pubblicati i polizieschi di Raymond Chandler e di Dashiell Hammett, ma anche Exit for a Dame, di Richard Ellington (Pocket), Benny Muscles In, di Peter Rabe (Gold Medal Books), Report for a Corpse, di Henry Kane (Dell), e Leave Her to Hell, di Fletcher Flora (Avon). In particolare, I, the Jury (“Ti ucciderò”), di Mickey Spillane, pubblicato nel 1948 con Signet, vendette milioni di copie, appassionando tutta l’America con le avventure dell’investigatore Mike Hammer.

Gli editori non cercavano di spacciare questo genere di storie per letteratura di alto livello, ma proponevano libri leggeri, molto simili ai fumetti per adulti, in una parola “pulp fiction”. Come osserva giustamente Paula Rabinowitz, nel mondo dei tascabili era difficile separare Emily Brontë da Mikey Spillane e in effetti lo stesso anno in cui uscì Ti ucciderò Signet ristampò le opere di James Joyce, William Faulkner Thomas Wolfe e Arthur Koestler. Gli editori non si sforzavano minimamente di distinguere i classici dalla spazzatura, al contrario, commissionavano le copertine di libri come Il mondo nuovo e Il giovane Holden  agli stessi artisti che realizzavano quelle di Strangler’s Serenade e The Case of the Careless Kitten.

Avon books, la casa editrice più determinata nel mantenere basso il livello culturale, utilizzò un ritratto di Shakespeare come logo per le sue collane tascabili, arrivando a dichiarare sulla fascetta esterna che “per milioni di lettori questo marchio è sinonimo di alta qualità letteraria”, come nel caso di The Amboy Dukes, di Irving Shulman. Il libro, che stando al sottotitolo era “un romanzo sulla gioventù ribelle di Brooklyn”, mostrava in copertina un ragazzo e una ragazza abbracciati appassionatamente sull’erba e fu uno dei pulp che fecero maggior scalpore. In ogni caso, Shakespeare non aveva alcuna possibilità di obiettare.

Il “peso civile “della letteratura pulp e le sue conseguenze

Da buona professoressa di inglese, Paula Rabinowitz si infastidisce molto di fronte all’incoerenza e all’imprecisione, ciò nonostante è assai difficile capacitarsi del caos che regnava nel Dopoguerra nel campo dei tascabili. Era facile trovare Native Son (“Paura”), Invisible man (“L’uomo invisibile”) e The Street sugli stessi scaffali che ospitavano Kiss Me, Deadly (“Bacio mortale”), sebbene tale tendenza non sia sufficiente per confermare la tesi della Rabinowitz secondo cui:

Servendosi di un formato standard e realizzando copertine dallo stile tipicamente pulp, la New American Library dava spazio non solo a Spillane, ma anche ad autori neri e comunisti, introducendo la questione dei diritti umani nel secondo Dopoguerra. La N.A.L. sembra aver contribuito alla lotta contro la segregazione razziale (coronata dalla sentenza Brown v. Board of Education of Topeka), aiutando l’ampia categoria dei proletari bianchi a dare un senso alle proteste che coinvolsero i mezzi pubblici a Montgomery e proponendo letture che descrivevano episodi di intimità tra persone di razze diverse.

In realtà, è alquanto improbabile che fosse questo il vero intento della N.A.L. Se i libri si somigliavano tutti era perché si cercava di vendere Ann Petry e Ralph Ellison a chi aspettava l’autobus o a chi non sapeva che altro leggere in un salone di bellezza, per non parlare dei rapporti sessuali tra bianchi e neri, che Spillane non intendeva certo incoraggiare (la stessa indifferenza era riservata, peraltro, al tema dell’omosessualità).

Tuttavia, la Rabinowitz non ha tutti torti nell’affermare che i tascabili abbiano avuto un certo peso nella liberalizzazione sociopolitica che ha investito gli Stati Uniti negli anni Cinquanta, ma nel senso che l’hanno ostacolata. Le vendite dei pulp più duri, infarciti di stereotipi razziali e di volgarità sessiste, superavano di gran lunga quelli di altri autori più o meno famosi. Quel che è certo è che i tascabili hanno lasciato un segno indelebile nella letteratura del XX secolo, in quanto hanno rappresentato un fattore di notevole disturbo all’interno del settore, mettendo in crisi l’editoria tradizionale e quindi l’intera legislazione relativa alla stampa.

Non si può dire la stessa cosa degli ebook? Certo che si può!

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