Société Générale, la storica banca francese, è la vera protagonista della Borsa di Parigi nel 2025. Dall’inizio dell’anno il suo titolo ha guadagnato il 115,51%, mentre su base annua è cresciuto di oltre il 184%, segnando una performance davvero eccezionale. Un exploit che spicca ancora di più se confrontato con l’andamento complessivo del mercato: il Cac 40 avanza appena del 4,86% da gennaio, a restando indietro rispetto a Madrid (+27,25%), a Milano (+ 22%), Francoforte (+20,1%) e Londra (+10,75%). A frenare l’indice parigino sono due settori chiave dell’economia francese, auto e lusso, entrambi alle prese con una fase di forte turbolenza.
Société Générale: è Bini Smaghi il presidente del titolo dell’anno
Fondata nel 1864 da un gruppo di industriali e dalla famiglia Rothschild per sostenere il commercio e l’industria francese, Société Générale è oggi la terza banca per capitalizzazione nella zona Euro e in Francia, alle spalle di giganti come Bnp Paribas e Crédit Agricole. Nel corso della sua lunga storia ha superato momenti difficili – dalla nazionalizzazione del 1945 alla privatizzazione del 1987, passando per la crisi del 2008 e la maxi-frode del trader Jérôme Kerviel – dimostrando grande capacità di adattamento e ripresa.
Oggi Société Générale è presieduta dall’italiano Lorenzo Bini Smaghi, ex board della Bce, e guarda al futuro con fiducia. Nel secondo trimestre 2025 ha stupito il mercato con un utile netto in crescita del 31%, toccando 1,45 miliardi di euro, spinto soprattutto dal robusto rimbalzo della banca al dettaglio in Francia. Di conseguenza, il gruppo ha rivisto al rialzo gli obiettivi per il 2025, puntando su maggiore efficienza e redditività, annunciando anche un acconto dividendi e un buyback azionario da 1 miliardo.
La banca è seguita a ruota da altri titoli del Cac 40 che stanno performando bene in questo 2025.
Borsa di Parigi: i migliori e i peggiori titoli sul Cac 40
Société Générale non è sola in questa corsa positiva. Sul listino francese brillano anche altri nomi importanti. Thales, leader nella difesa e sicurezza, ha guadagnato il 67,73% da inizio anno (+56,95% su anno), mentre il gigante delle telecomunicazioni Orange registra una crescita del 45,36% (+39,33%). Seguono Legrand, specializzata in infrastrutture elettriche per edifici, e Bnp Paribas, altro colosso bancario francese, entrambi con aumenti intorno al 38-40% (rispettivamente +40,87% e +37,97% su anno). Safran, attiva nell’aerospazio e nella difesa, e Eurofins Scientific, nel campo dei test di laboratorio, segnano guadagni superiori al 35%. Infine, Bouygues, gruppo multisettoriale attivo in costruzioni e telecomunicazioni, Crédit Agricole, altra grande banca, e ArcelorMittal, leader mondiale nell’acciaio, chiudono la top ten con performance comprese tra il 27% e il 33%.
Non tutti i settori però vivono una stagione d’oro. Stellantis, nato dalla fusione di Fca e Psa, segna un ribasso del 34,44% da inizio 2025, mentre Renault il 31,02%. Anche il colosso del lusso Lvmh registra un calo intorno al 28%. Questi dati riflettono le difficoltà di due pilastri dell’economia francese.
Auto e lusso in panne: la doppia zavorra del Cac 40
Nel settore automobilistico, il motore gira a vuoto: le immatricolazioni sono crollate del 28% rispetto ai livelli pre-pandemia e a luglio 2025 hanno segnato un -7,66% annuo, fermandosi a 116.377 vetture. A pesare sono le severe normative europee sulle emissioni che impongono investimenti massicci nell’elettrico. Intanto, la transizione verde avanza a passo lento, frenata da infrastrutture di ricarica insufficienti, costi ancora troppo alti e un sistema bonus-malus che, invece di stimolare la domanda, genera incertezza tra i consumatori. Nel frattempo, l’industria perde migliaia di posti di lavoro, con prospettive non certo rosee: dal 2019 si contano 38mila uscite e si temono altre 75mila entro il 2035.
Anche il lusso, storica bandiera del Made in France, perde smalto: colossi come Lvmh, Kering e Hermès risentono del rallentamento della domanda in Cina, della minore propensione all’acquisto della Generazione Z e della fine dell’effetto-rimbalzo post-Covid negli Stati Uniti. A ciò si aggiungono il dollaro debole, che riduce l’attrattiva turistica in Europa, e fattori globali come inflazione, aumento dei costi operativi e dazi, tutti elementi che comprimono i margini. Il risultato è un calo di vendite e valutazioni che pesa sul Cac 40, in un copione dove lusso e auto sembrano ancora alla ricerca dell’accessorio più raro: una vera ripresa.