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Guerra dei dazi, Ue stretta tra Cina e Usa: cosa significano il passo indietro di Xi e le lettere di Trump

Ursula von der Leyen vorrebbe arrivare a un accordo di principio con gli Stati Uniti come ha fatto la Gran Bretagna. Ma da Pechino storcono il naso

Guerra dei dazi, Ue stretta tra Cina e Usa: cosa significano il passo indietro di Xi e le lettere di Trump

L’incubo maggiore che percorre i sonni di Ursula von der Leyen è di essere messa all’angolo da due colossi commerciali che vogliono imporre la loro visione sui dazi: da una parte la Cina, dall’altra gli Stati Uniti. Sul tavolo della presidente della Commissione è arrivata stamane la lettera di un funzionario cinese che avverte di voler cancellare un incontro programmato a fine luglio, mentre è attesa l’altra lettera, quella che il presidente Trump ha annunciato che invierà oggi, Festa dell’Indipendenza, dove verrà indicata la tariffa che dovrà essere applicata.

Da una parte von der Leyen vorrebbe arrivare a un accordo di principio con gli Stati Uniti, come ha ricordato ieri, come ha fatto la Gran Bretagna. Ma è proprio su questo punto che i funzionari cinesi storcono il naso, perchè temono che un accodo di quel tipo potrebbe danneggiare i loro interessi: includeva anche impegni in materia di sicurezza della catena di approvvigionamento, controlli sulle esportazioni e norme sulla proprietà in settori come quello siderurgico.

“Puntiamo a un accordo di principio, che è quello che ha fatto anche il Regno Unito” ha detto ieri Ursula von der Leyen, facendo riferimento agli Stati Uniti, in un punto stampa ad Aarhus, in Danimarca, con la premier danese Mette Frederiksen, per l’avvio della presidenza danese del Consiglio Ue. “È un compito enorme, perché abbiamo il più grande volume commerciale a livello mondiale tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, 1,5 trilioni di euro, una quantità molto complessa ed enorme”.

La Ue chiede agli Usa un’immediata riduzione delle tariffe nei settori chiave come parte di un eventuale accordo commerciale. “Se prendiamo in considerazione l’UE, ci sono tariffe del 25% su auto e componenti auto e del 50% su alluminio e acciaio e sembra che queste tariffe non verranno rimosse durante i negoziati e ciò rappresenterebbe un risultato traumaticamente negativo per l’Ue”, ha detto a Reuters Jochen Stanzl, analista capo di mercato presso CMC Markets.

Si inaspriscono i rapporti tra Pechino e Bruxelles, dalle terre rare al brandy

La risposta del governo cinese non si è fatta aspettare e stamane alcune fonti, riportate da Bloomberg, hanno detto che Pechino intende annullare uno dei due giorni di incontri con i leader dell’Unione europea previsto per la fine del mese. Inizialmente, la presidente della Commissione Europea Ursula e il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa avevano programmato di incontrare il presidente Xi Jinping e il Premier Li Qiang a Pechino il 24 luglio e poi recarsi a Hefei, nella Cina centrale, il 25 luglio per un vertice economico. L’incontro si svolgerà invece ora solo un giorno a Pechino.

I rapporti tra Bruxelles e Pechino sono diventati più tesi anche a causa di disaccordi di lunga data sulla guerra in Ucraina e sulla politica industriale cinese. Dopo i segnali di disgelo emersi all’inizio di quest’anno, i recenti controlli cinesi sulle esportazioni di magneti in terre rare hanno colpito duramente le industrie europee, aggravando un rapporto commerciale già sbilanciato. La nuova frattura si è verificata mentre il ministro degli Esteri cinese Wang Yi è in tournée in Europa per incontrare Bruxelles, Germania e Francia. Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha criticato la Cina per le recenti restrizioni all’esportazione di terre rare. “Purtroppo le nostre aziende si trovano attualmente ad affrontare restrizioni unilaterali e poco trasparenti all’esportazione di terre rare”, ha detto Wadephul giovedì sera. “Questa incertezza sta danneggiando le nostre relazioni commerciali e anche l’immagine della Cina in Germania come partner commerciale affidabile in generale”, ha aggiunto Wadephul, e ha auspicato relazioni commerciali “eque e reciproche” tra i due Paesi. Il ministro degli Esteri cinese Wang ha sottolineato del resto che le terre rare sono “beni a duplice uso” che devono essere controllati. “Questo fa parte della nostra sovranità”, ha aggiunto.

L’Alta rappresentante per la politica estera europea, Kaja Kallas, in precedenza aveva detto a Wang che era importante riequilibrare le relazioni economiche e porre fine alle “pratiche distorsive”, tra cui le restrizioni alle esportazioni di terre rare, secondo un comunicato di mercoledì. Ha inoltre esortato la Cina a porre fine al sostegno al complesso militare-industriale russo e a sostenere un cessate il fuoco completo e incondizionato in Ucraina.

Nel frattempo, il ministero del Commercio cinese ha emesso la sua sentenza definitiva su un’indagine sulle importazioni di brandy dall’Ue, la maggior parte del quale è cognac proveniente dalla Francia. A partire dal 5 luglio, la Cina imporrà dazi fino al 34,9% per cinque anni sui produttori di brandy dell’Ue che non hanno sottoscritto impegni sui prezzi minimi o violano i termini di prezzo concordati.

Le letterine tariffarie di Trump in volo

Sul fronte statunitense Trump ieri sera ha annunciato che Washington inizierà a inviare oggi lettere ai partner commerciali, specificando quali tariffe dovranno affrontare sulle importazioni negli Stati Uniti, un chiaro cambiamento rispetto alle precedenti promesse di raggiungere una serie di accordi individuali. Riconoscendo la complessità di negoziare con oltre 170 nazioni, Trump ha detto ai giornalisti che le lettere stabiliscono aliquote tariffarie che vanno dal 20% al 30%.

Il Segretario al Tesoro Scott Bessent ha dichiarato a Bloomberg Television che circa 100 Paesi vedranno verosimilmente un’aliquota tariffaria reciproca del 10% e ha previsto una “raffica” di accordi commerciali annunciati prima della scadenza del 9 luglio, quando le tariffe potrebbero aumentare drasticamente.
Se venissero applicati dazi del 10% a 100 Paesi, si tratterebbe di un numero inferiore a quello inizialmente previsto dall’amministrazione Trump. L’elenco originario delle tariffe reciproche indicava 123 giurisdizioni a cui sarebbe stata concessa un’aliquota tariffaria del 10%, per lo più piccoli paesi, insieme ad alcuni territori come le isole disabitate Heard e McDonald in Australia.

Il 2 aprile Trump ha mandato in tilt i mercati con tariffe doganali reciproche che vanno dal 10% al 50%, sebbene poi abbia temporaneamente ridotto le tariffe per la maggior parte dei paesi al 10% per dare tempo ai negoziati fino al 9 luglio.

Molti paesi con un’aliquota doganale iniziale del 10% non hanno avviato alcuna negoziazione con l’amministrazione Trump, ad eccezione della Gran Bretagna, che a maggio ha raggiunto un accordo per mantenere un’aliquota del 10% e ha ottenuto un trattamento preferenziale per alcuni settori, tra cui quello automobilistico e dei motori aeronautici.

I principali partner commerciali ora coinvolti nei negoziati sono stati colpiti da dazi doganali molto più elevati, tra cui il 20% per l’Unione europea, il 26% per l’India e il 24% per il Giappone. Altri paesi che non hanno avviato trattative commerciali con l’amministrazione Trump si trovano ad affrontare dazi reciproci ancora più elevati, tra cui il 50% per il piccolo regno montuoso del Lesotho, il 47% per il Madagascar e il 36% per la Thailandia. Questa settimana Trump ha annunciato un accordo con il Vietnam che, a suo dire, ridurrà i dazi statunitensi su molti prodotti vietnamiti dal 46% precedentemente minacciato al 20%. Molti prodotti statunitensi potranno entrare in Vietnam senza dazi doganali.

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