Dopo 133 anni di storia e una prima bancarotta nel 2012, Eastman Kodak è di nuovo con le spalle al muro. L’azienda che ha inventato la fotografia per tutti ha avvertito gli investitori, non ha liquidità né finanziamenti garantiti per far fronte a 500 milioni di dollari di debiti in scadenza nei prossimi 12 mesi.
Nel secondo trimestre 2025 i conti hanno segnato una perdita di 26 milioni di dollari (36 centesimi per azione), contro un utile identico l’anno precedente. I ricavi sono scesi a 263 milioni di dollari, dai 267 del 2024.
La reazione di Wall Street è stata brutale. Dopo l’annuncio, il titolo ha perso oltre il 25% in un solo giorno, con un parziale rimbalzo nelle ore successive. Nel frattempo, Kodak ha congelato il piano pensionistico dei dipendenti per liberare cassa e tenta di negoziare una ristrutturazione del debito.
Kodak, una crisi annunciata
Il tracollo non è piovuto dal cielo. Negli ultimi anni, Kodak ha dovuto fare i conti con un crollo dei ricavi, costi in aumento e margini in calo. Il passaggio epocale dalla pellicola al digitale l’ha colta impreparata, nonostante fosse stata lei stessa, nel 1975, a sviluppare la prima fotocamera digitale della storia. Per timore di cannibalizzare il core business analogico, l’azienda scelse di non investire sul nuovo formato. Un errore strategico che, con l’arrivo degli smartphone e delle fotocamere digitali compatte, si è rivelato fatale.
Kodak, dal mito alla caduta
Fondata a Rochester, New York, nel 1880 da George Eastman, Kodak rivoluzionò la fotografia con un concetto semplice: “Tu premi il pulsante, al resto pensiamo noi”. Dal 1888 con la prima fotocamera portatile, alla leggendaria pellicola Kodachrome e alle fotocamere Brownie, il marchio ha accompagnato generazioni di fotografi e amatori. Fu proprio con una Kodachrome che Abraham Zapruder riprese il filmato storico dell’assassinio di John F. Kennedy.
Negli anni ’70 e ’80, Kodak era sinonimo stesso di fotografia. Ma la concorrenza giapponese, guidata da Fujifilm, iniziò a erodere quote di mercato. Con l’avvento del digitale, il dominio si sgretolò fino alla bancarotta del 2012 con debiti per 6,75 miliardi di dollari e oltre 100mila creditori.
La prima resurrezione
Nel 2013, dopo un doloroso passaggio sotto il Capitolo 11 della legge fallimentare Usa, Kodak uscì dal tribunale come un’azienda molto più piccola. Addio fotocamere e pellicole, benvenuto business-to-business: tecnologie di stampa, packaging e persino materie prime farmaceutiche. Il piano prevedeva il taglio di 4,1 miliardi di dollari di debito e la riduzione drastica dell’organico: dai 17mila dipendenti dell’ingresso in bancarotta agli 8.500 dell’uscita. Un tentativo di reinventarsi, pur sapendo che il Kodak moment non sarebbe più stato lo stesso.
Poi un colpo di teatro. In piena pandemia Kodak improvvisamente torna sotto i riflettori. Con l’appoggio di Donald Trump, ottiene un prestito federale da 765 milioni di dollari nell’ambito del Defense Production Act per riconvertirsi alla produzione di farmaci generici, compresa l’idrossiclorochina, un modo per ridurre la dipendenza Usa da India e Cina per le forniture mediche. La notizia scatena l’euforia a Wall Street: in tre giorni il titolo vola del +1.481%, passando da 2,10 a oltre 33 dollari, e oltre 117mila piccoli investitori si lanciano sul titolo via Robinhood. Kodak, da relitto industriale, diventa improvvisamente il simbolo di una riscossa industriale a stelle e strisce.
L’idillio dura poco. Ad agosto 2020, la Casa Bianca sospende il prestito: la Sec apre un’inchiesta per insider trading – la società avrebbe assegnato stock option a dirigenti poco prima dell’annuncio – e per attività di lobbying giudicate borderline. Le accuse, alimentate anche da pressioni politiche, travolgono l’immagine della “nuova Kodak”. Il titolo precipita sotto i 9 dollari, la riconversione farmaceutica si sgonfia e l’azienda torna al suo core business di nicchia: stampa industriale e packaging.
La nuova scommessa su chimica e farmaceutica
Negli ultimi anni, Kodak ha comunque puntato forte sull’Advanced Materials & Chemicals. Il ceo Jim Continenza sottolinea che lo stabilimento farmaceutico cGMP dell’azienda è ora registrato presso la FDA e autorizzato a produrre e vendere farmaci regolamentati. La produzione inizierà con phosphate buffered saline (PBS) per uso di laboratorio, con l’obiettivo di passare a soluzioni saline per uso endovenoso e altri prodotti farmaceutici più sofisticati.
Oggi: il bivio finale
Oggi, Kodak dispone di 155 milioni di dollari di liquidità (70 milioni negli USA), troppo pochi per affrontare la scadenza imminente dei debiti. La dirigenza si dice fiduciosa di riuscire a rimborsarne una parte e rifinanziare il resto, ma gli analisti temono che la nuova crisi possa essere l’ultimo scatto della sua lunga storia.
Se il primo crac del 2012 era stato un colpo durissimo ma non fatale, questa volta la pellicola sembra essere quasi del tutto srotolata. E il finale rischia di essere quello di un’icona che ha inventato il futuro, ma non ha saputo viverci.