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Elezioni, Illy: “Da imprenditore punto sulla forza tranquilla del centrosinistra”

Intervista a RICCARDO ILLY, candidato indipendente del centrosinistra al Senato nel collegio di Trieste e Gorizia – “Renzi mi ricorda Blair mentre Gentiloni lo paragonerei a Mitterrand: tra i due adesso il miglior premier sarebbe il secondo” – “Nonostante qualche errore, il centrosinistra ha migliorato l’economia e ha fatto riforme importanti come il Jobs Act e Industria 4.0” – “Se eletto, proporrò di abrogare 10 leggi ogni nuova legge”.

Elezioni, Illy: “Da imprenditore punto sulla forza tranquilla del centrosinistra”

“Renzi mi ricorda Blair, mentre Gentiloni lo paragonerei a Mitterrand e alla sua ‘forza tranquilla’. Tra i due, adesso, il miglior premier sarebbe il secondo: Gentiloni è stato un ottimo ministro degli Esteri e ci ha sorpreso come capo del Governo. Ha la stessa fermezza di Renzi nel portare avanti le riforme, ma con toni più concilianti”. Riccardo Illy, imprenditore del caffè e con un passato in politica, sempre nel centrosinistra, tra Regione Friuli Venezia Giulia e Parlamento, torna alla vita pubblica dopo dieci anni di stop: “Avevo un vincolo etico che mi impediva di assumere incarichi pubblici: un conto aperto con la Corte dei Conti, che ho risolto a gennaio con la piena assoluzione. A quel punto il Pd, che stava facendo le liste, mi ha contattato. E ho detto di sì”. Illy è candidato al Senato con la coalizione di centrosinistra (Pd, Insieme, +Europa e Civica Popolare) nel collegio di Trieste e Gorizia e corre solo nell’uninominale: “Senza paracadute, senza tessera di partito, che non ho mai avuto, e senza vincoli di disciplina: sostengo convintamente il programma del Partito Democratico, ma sono indipendente”. Dall’economia all’Europa, dai migranti alle pensioni, la sua intervista a FIRSTonline alla vigilia del voto.

Presidente Illy: perchè è tornato, e perchè da candidato indipendente?

“Sono indipendente nel senso che non corro per nessun partito in particolare, ma sono il candidato nel mio collegio, al Senato, per tutta la coalizione di centrosinistra. Sono tornato perché vedo che mentre l’economia è migliorata, anche se rimangono alcune criticità come il tasso di disoccupazione che è troppo alto, è nel frattempo aumentata la sfiducia dei cittadini nei confronti di politica e istituzioni: da imprenditore e con un passato di 15 anni in politica, voglio provare a riavvicinare questi due mondi. Condivido pienamente il programma del Pd ma mi considero un battitore libero: una volta entrato in Parlamento, sosterrò la coalizione finché ne condividerò le proposte”.

Stando ai sondaggi, per il centrosinistra sarà difficile vincere le elezioni: ma se dovesse farcela, quale sarebbe il nome del premier da suggerire al Colle?

“Paolo Gentiloni. In lui vedo qualcosa di Mitterrand, la sua ‘forza tranquilla’ è preferibile soprattutto nella prospettiva, assai probabile, di un Governo di larghe intese. E’ stato eccellente alla Farnesina e ha stupito tutti a Palazzo Chigi: deciso sulle riforme ma conciliante nei toni. Matteo Renzi invece è più simile a Tony Blair: spregiudicato, meno diplomatico, ma lo definisco un’araba fenice. E’ ancora giovane, risorgerà dalle sue ceneri”.

A spingerla a tornare sono stati anche i risultati, che lei ritiene incoraggianti, conseguiti dal Governo uscente. In particolare lei ha sostenuto che non è vero che il Pil italiano sia cresciuto meno di altri. Può spiegare perché?

“Sulla base dei dati Ue relativi al 2017, anche se provvisori, il Pil pro capite italiano è cresciuto dell’1,52%, quello americano dell’1,45%, quello tedesco dell’1,32% e quello francese solo dell’1,07%. Questo perché la popolazione italiana è diminuita, il saldo tra nati e morti è fortemente negativo e dunque anche per questo abbiamo prodotto, in cifra assoluta, meno ricchezza. Ricchezza che però è aumentata di più che altrove, se considerata pro capite. E’ vero che il Pil pro capite interessa poco al mondo finanziario, ma è molto importante per la nostra consapevolezza: siamo in una fase di accelerazione”.

Tra le riforme dell’ultimo esecutivo, da imprenditore considera più importante il Jobs Act o l’Industria 4.0?

“Senza dubbio il Jobs Act, intanto perchè era rivolto a tutte le imprese e non solo a quelle industriali. Le do un dato: un anno dopo l’introduzione del Jobs Act, le imprese con più di 15 dipendenti (cioè tutte escluse le micro) sono cresciute numericamente del 50%, passando da 8.000 a 12.000. Comunque anche Industria 4.0 è stato un provvedimento molto positivo, assolutamente da rifinanziare e da allargare a tutte le imprese e alla Pubblica amministrazione: bisogna digitalizzare anche il rapporto tra cittadini e istituzioni, andare oltre l’Industria 4.0 e puntare alla Società 4.0”.

Nonostante le riforme, che hanno creato un clima economico che lei considera più favorevole, gli imprenditori stessi e in generale gli elettori non sembrano troppo orientati a ridare fiducia al centrosinistra, ma piuttosto a preferire le ricette di Berlusconi e Salvini. Perché, secondo lei?

“Per una serie di fattori. Innanzitutto perchè il centrosinistra ha commesso degli errori. Ingigantiti dai media, che in Italia hanno il vizio di essere troppo sensazionalistici, ma li ha commessi. Primo fra tutti, il referendum: non discuto i contenuti, ma non c’erano le condizioni per fare una riforma così importante dell’assetto istituzionale. Poi anche su qualche singola legge, come quella ad esempio del codice appalti: una norma che non risolverà il contrasto alla criminalità, finendo per penalizzare la Pa e le imprese serie. A portare l’elettorato lontano dal Pd c’è stato anche un difetto comunicativo: il Governo era impegnato a fare e non ha comunicato bene. Infine, c’è stata un’opposizione anti-sistemica e anti-europeista particolarmente virulenta”.

L’antieuropeismo si basa soprattutto sulla reticenza a rispettare i vincoli di bilancio e le regole del mercato. Da imprenditore e politico, cosa risponde?

“Che non dobbiamo osservare i vincoli solo perché siamo obbligati a farlo, ma perché è nel nostro interesse farlo. Attualmente l’Italia è ‘protetta’ dalla politica della Bce, ma cosa faremo quando i tassi torneranno a rialzarsi, e cioè già entro la fine del 2018? Ora Francoforte acquista il nostro debito a prezzi stracciati, ma dobbiamo essere pronti a tornare sul mercato, altrimenti sul nostro debito graveranno dei tassi d’interesse molto alti. Ricordiamoci che, ad oggi, abbiamo uno spread più alto di quello spagnolo”.

Europa significa anche Stati Uniti d’Europa: un punto forte del programma del Pd e di Emma Bonino, che lei condivide particolarmente.

“Sì. Con l’uscita del Regno Unito, che era un po’ un freno a una piena integrazione, la conferma di Angela Merkel come Cancelliera e l’elezione di Macron in Francia, si sono create delle condizioni uniche e forse irripetibili per rilanciare l’idea di una Confederazione di Stati. Secondo la nostra proposta la sovranità rimarrebbe ai singoli Paesi, ma con la possibilità di delegarla a Bruxelles per esempio in materia di Difesa e politica estera. Un asse Francia-Germania-Italia è davvero a portata di mano. Qualche Paese potrebbe non essere d’accordo? Pazienza, se è per questo non tutti i Paesi aderiscono a Schengen e non tutti i Paesi aderiscono all’euro”.

Tra i punti centrali del suo personale programma ci sono le pensioni. Ci può illustrare la sua proposta?

“Dal punto di vista della sostenibilità economica, l’ho già detto e lo ribadisco, l’attuale legge che abbiamo è la migliore del mondo. Siamo passati a un sistema totalmente contributivo e abbiamo introdotto l’indicizzazione dell’età pensionabile rispetto all’aspettativa di vita: il nostro, insieme a quello tedesco, è ora il sistema più sostenibile del mondo. Rimangono però aperti alcuni problemi, solo in parte risolti, legati agli esodati. Io propongo una soluzione flessibile: età mediana stabilita dalla legge Fornero confermata, ma sarà possibile andare in pensione prima, con uno sconto sull’assegno, oppure andarci dopo, con un premio. Dopo aver fatto la proposta, ho letto un sondaggio secondo il quale il 36% degli italiani è d’accordo con me”.

Sulle politiche ambientali, lei propone di andare avanti con gli incentivi per le energie rinnovabili.

“Penso che sarebbe positivo fare un’ultima tornata di incentivi, in modo da rinforzare la spirale virtuosa e da rendere le fonti rinnovabili sempre più convenienti, prima di lasciarle camminare da sole. Tra qualche decennio, in questo modo, l’energia sarà sempre più pulita e costerà sempre di meno: un’ottima notizia per l’ambiente e per l’economia”.

Per quanto riguarda la sua regione, lei ha avanzato una proposta sull’alta velocità, per completare il famoso Corridoio 5 e creare l’atteso collegamento Trieste-Budapest. Come intenderebbe finanziarlo?

“Dobbiamo costruire l’asse Trieste-Lubjana-Budapest, ma finora la Slovenia è reticente a fare la sua parte. Propongo dunque di fare un’opera europea, con un piccolo contributo della Slovenia e il resto finanziato con gli eurobond. Sarebbe un esperimento interessante e andremmo a colmare quel buco del Corridoio 5 (che collega Lisbona a Kiev, ndr) che c’è adesso tra Italia e Ungheria”.

Tornando alla politica nazionale, altro grande tema di questa campagna sono i migranti. Come giudica l’azione dell’ultimo Governo nel controllare il fenomeno?

“Ho apprezzato il ministro Minniti, ma il discorso va impostato diversamente. I migranti devono arrivare, il nostro saldo tra nascite e morti è troppo negativo e abbiamo bisogno di risorse umane e professionali per sostenere il sistema di welfare. Dobbiamo però gestire meglio il processo, scegliendo noi chi far venire e come, e mettendo in campo le dovute politiche di integrazione”.

Quale sarebbe la sua prima proposta da senatore, qualora dovesse essere eletto?

“Abrogare dieci leggi vecchie per ognuna delle nuove che il Parlamento approverà. Abbiamo 40.000 leggi, sono troppe, bisogna portarle a 10.000. E per questo proporrò anche l’approvazione di dieci testi unici sulle dieci più importanti materie, dalle banche al lavoro, che saranno scritti da dieci Università, le più ferrate nei vari ambiti, in modo da snellire l’ordinamento giuridico”.

Lei si definisce di sinistra?

“Io mi definisco progressista. Credo nei valori dell’impresa sensibile, dell’impresa etica. Da imprenditore ho sempre avuto cura dei miei dipendenti, di tutti gli stakholder, della società e dell’ambiente che fanno parte del territorio in cui vivo e in cui opera la mia azienda”.

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