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Elezioni Bolivia: la destra può vincere dopo 20 anni. E favorire Trump (su Putin) nella corsa al litio

Gli andini votano il primo turno delle presidenziali il 17 agosto. Il favorito è il milionario Samuel Doria Medina, proprietario di Burger King nel Paese. Potrebbe approfittare della frattura nel movimento socialista dell’ex presidente Evo Morales, legato a Mosca

Elezioni Bolivia: la destra può vincere dopo 20 anni. E favorire Trump (su Putin) nella corsa al litio

La Bolivia va alle urne domenica 17 agosto per eleggere il nuovo presidente e rinnovare il Parlamento, e non sarà una tornata banale. Prima di tutto, perché rischia di durare due mesi e di concludersi effettivamente solo il 19 ottobre, data fissata per il ballottaggio che sembra al momento più che probabile, dato che per spuntarla subito uno dei candidati dovrebbe raggiungere il 40% delle preferenze e anche distanziare di almeno 10 punti percentuali gli inseguitori. Poi, perché la campagna elettorale si è svolta in un clima quasi da guerra civile, con il tentativo di golpe fallito lo scorso anno e le continue tensioni interne al Movimiento al Socialismo dell’ex presidente Evo Morales, sfociate anche in episodi di guerriglia.

Morales ha guidato la Bolivia per tre mandati consecutivi dal 2006 al 2019, ma lo ha fatto violando la Costituzione e per questo è ora ineleggibile, oltre che implicato in guai giudiziari per l’accusa di violenza sessuale su minori. Il primo presidente indigeno del Paese però non ne ha mai voluto sapere di mollare e per questo nel 2019 aveva lanciato come successore alla presidenza il suo compagno di partito Luis Arce, senza però immaginare che proprio lui sarebbe diventato il suo primo avversario, spaccando il partito socialista.

Il presidente uscente Luis Arce, putiniano, non si ricandida

Oggi il mandato di Arce volge al termine e lui non si ricandiderà: approfittando della frattura insanabile all’interno del fronte socialista, sembra dunque che la destra sia favorita per tornare al potere dopo quasi 20 anni dall’ultima volta. E questo avrebbe un notevole impatto geopolitico, dato che prima Morales e poi Arce, seppur divisi e in perenne polemica, avevano allacciato legami più che solidi con la Russia di Vladimir Putin, al punto che su insistenza del Cremlino la Bolivia è recentemente entrata a far parte dei Brics e Luis Arce è stato tra i pochi leader sudamericani a non prendere apertamente posizione sull’invasione dell’Ucraina.

Al momento il 95% del litio boliviano è nelle mani di Russia e Cina

Sull’asse Mosca-La Paz ci sono tanti interessi strategici, legati soprattutto all’energia e alle materie prime critiche, soprattutto quel litio di cui la Bolivia detiene una delle maggiori riserve a livello mondiale con 23 milioni di tonnellate stimate ma ancora quasi del tutto inesplorate, tanto che ad oggi ne produce appena lo 0,1% del totale mondiale. Ecco perché ci si sono buttate, anticipando l’Occidente, prima la Russia e poi anche la Cina, che sta investendo tantissimo nell’area del Salar de Uyuni, la più proficua essendo la più estesa salina del pianeta. Oggi Mosca e Pechino sono i principali acquirenti dell’ “oro bianco” boliviano, con una quota del 95% in due.

La maggioranza uscente si presenta spaccata: chi sono i candidati

Ma dopo il voto le cose potrebbero cambiare. Il candidato favorito nei sondaggi è il milionario Samuel Doria Medina, che è dato intorno al 20%, mentre dietro di lui la sinistra spaccata propone ben tre candidati diversi: il fuoriuscito dal partito di governo Andronico Rodriguez, attuale presidente del Senato, il ministro uscente, e successore indicato da Arce, Eduardo Del Castillo, e la sindaca di El Alto, Eva Copa. Evo Morales aveva anche provato a ricandidarsi, ma i giudici glielo hanno proibito: dato che praticamente tutti i candidati della sua area politica gli sono ostili, l’ex presidente ha dato indicazione ai suoi sostenitori di annullare la scheda per in qualche modo “contarsi”. Morales, forte di un sostegno popolare ancora molto consistente, ha comunque promesso battaglia anche dopo l’esito del voto, tanto che gli esperti ipotizzano che manderà il Paese nel caos pur di mantenerne indirettamente il controllo.

Samuel Doria Medina: chi è il candidato della destra favorito nei sondaggi

Invece dal prossimo 8 novembre, data dell’insediamento, il nuovo presidente potrebbe dunque essere un alleato degli Stati Uniti di Trump, cambiando la storia degli ultimi anni. Doria Medina è proprietario di una catena di alberghi e delle attività in franchising di Burger King in Bolivia. Per convincere gli elettori sta puntando sulla confusione interna alla maggioranza uscente ma anche sulla crisi economica che in effetti affligge il Paese andino, che dopo un periodo di florida crescita nell’era Morales sta vedendo il proprio Pil rallentare e le disuguaglianze – oltre che il clima di violenza – invece aumentare.

In Bolivia, Paese da 12 milioni di abitanti, tornano a far paura l’inflazione e le scarse riserve di dollari, che negli ultimi anni hanno fatto esplodere il caro vita e in particolare il costo del carburante, tra continue proteste. Al punto che il governo Arce ha dovuto spendere miliardi di dollari di sussidi per evitare di paralizzare il Paese. “Noi non idealizzeremo le nostre alleanze internazionali – ha fatto capire l’antifona Doria Medina -, saremo più vicini agli Stati Uniti se questo ci può dare un beneficio”. Ed ecco che si riapre la corsa al litio.

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