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Pioggia di missili e droni sull’Ucraina, Kiev lascia il trattato sulle mine antiuomo

Attacco russo senza precedenti con 537 tra droni e missili. Zelensky rilancia la richiesta di sistemi Patriot e annuncia l’uscita dalla Convenzione sulle mine. Trump pronto a nuove sanzioni contro Mosca

Pioggia di missili e droni sull’Ucraina, Kiev lascia il trattato sulle mine antiuomo

Se in Medio Oriente si intravedono timide aperture di pace, con Donald Trump che ha persino ipotizzato una fine imminente del conflitto a Gaza (dove però i civili continuano a morire), in Ucraina la guerra non mostra segnali di allentamento. Anzi, si aggrava. Nella notte tra sabato e domenica, il Paese ha subito quello che le autorità ucraine hanno definito il più violento attacco aereo dall’inizio dell’invasione russa nel febbraio 2022.

Sirene antiaeree hanno risuonato in tutto il territorio, da Odessa fino a Leopoli e Ivano-Frankivsk, colpendo anche la capitale Kiev. Una vera e propria pioggia di droni e missili si è abbattuta sul Paese: 537 attacchi in totale, di cui 477 droni (per lo più Shahed di fabbricazione iraniana) e 60 missili, inclusi i micidiali ipersonici Kinzhal. Un attacco “combinato su vasta scala”, secondo le autorità, che ha mobilitato l’intero sistema di difesa del Paese.

Le forze ucraine sono riuscite ad abbattere 249 bersagli e a neutralizzarne altri 226 grazie alla guerra elettronica. È stato però colpito anche un caccia F-16 ucraino: il pilota è morto dopo aver intercettato sette bersagli. Cordoglio e dura condanna dell’attacco da parte del presidente Volodymyr Zelensky, che torna a chiedere con forza un rafforzamento della difesa aerea ucraina e la fornitura di sistemi Patriot dagli Stati Uniti.

“Mosca non si fermerà finché avrà la capacità di colpire,” ha dichiarato Zelensky. “Solo questa settimana sono stati lanciati oltre 1.270 droni e più di 1.100 bombe plananti. Servono protezioni più efficaci contro missili, droni e terrorismo aereo. L’Ucraina ha bisogno di rafforzare il proprio scudo antiaereo. Siamo pronti ad acquistare i sistemi necessari. Confidiamo nella leadership degli Stati Uniti, dell’Europa e di tutti i partner internazionali.”

Ma proprio mentre chiede maggiore supporto dall’Occidente, Zelensky prende una decisione destinata a far discutere: l’Ucraina abbandonerà la Convenzione di Ottawa contro le mine antiuomo.

La Russia rilancia sul fronte militare e diplomatico

Mosca ha giustificato l’attacco come risposta ai bombardamenti ucraini su infrastrutture civili in territorio russo. Il Ministero della Difesa ha parlato di raid mirati contro impianti industriali strategici e raffinerie.

Sul terreno, la situazione si fa sempre più critica. Secondo il Wall Street Journal, la Russia ha ammassato oltre 50mila soldati nei pressi di Sumy, nel nord dell’Ucraina, triplicando la presenza delle forze ucraine nella regione. Si delinea così una nuova possibile direttrice d’attacco, che alimenta i timori di un’escalation imminente.

Sul fronte diplomatico, non si registrano passi avanti. Il Cremlino ha fatto sapere, tramite il portavoce Dmitry Peskov, di attendere la definizione della data per un eventuale terzo round di colloqui con Kiev. Peskov ha chiarito che la Russia non accetterà pressioni: “Si può parlare con Mosca solo attraverso la logica e il dialogo. Le sanzioni non ci porteranno al tavolo negoziale.”

Malgrado le posizioni rigide, i canali tra Washington e Mosca restano aperti con il capo dei servizi segreti russi, Sergei Naryshkin, che ha confermato una recente telefonata con il direttore della Cia, John Ratcliffe. Per ora si tratta solo di contatti formali.

Zelensky si ritira dalla Convenzione di Ottawa

Crescono gli scontri e non si vedono spiragli di pace all’orizzonte, anzi il conflitto continua ad inasprirsi con Kiev che ha deciso di compiere un passo drastico anche sul piano giuridico. Zelensky ha firmato un decreto che avvia il processo formale per l’uscita dell’Ucraina dalla Convenzione di Ottawa, il trattato del 1997 che vieta l’uso, la produzione e lo stoccaggio delle mine antiuomo.

Secondo le autorità ucraine, la Russia utilizza sistematicamente mine sin dal 2014, ottenendo un vantaggio militare ingiusto proprio grazie alla mancata adesione al trattato. Per Kiev, oggi, il rispetto della Convenzione limita il diritto all’autodifesa. Il Ministero degli Esteri ha definito la scelta “dolorosa ma necessaria”: “Quando firmammo la Convenzione, le attuali condizioni non erano nemmeno immaginabili.”

Non si tratta di una scelta isolata. Anche Paesi confinanti con la Russia, come Polonia, Finlandia, Lituania, Estonia e Lettonia, stanno rivedendo la loro posizione. Segno evidente di un deterioramento strutturale della sicurezza regionale. La decisione ucraina dovrà ora essere ratificata dal Parlamento e notificata alle Nazioni Unite.

Il ritiro dalla Convenzione rappresenta un cambio di rotta profondo. L’Ucraina potrà ora utilizzare mine antiuomo sul proprio territorio, con conseguenze potenzialmente devastanti per la popolazione civile, anche a conflitto terminato.

La Convenzione di Ottawa è stata uno dei cardini del diritto umanitario degli ultimi decenni, sottoscritta da 165 Paesi, anche se potenze come Russia, Stati Uniti, Cina e India non vi hanno mai aderito. Il rischio è che la logica della sopravvivenza finisca per travolgere i principi della protezione dei civili, ripristinando l’uso di armi vietate che continuano a uccidere anche a conflitto concluso.

Trump accelera sulle sanzioni a Mosca

Nel frattempo, negli Stati Uniti, il presidente Donald Trump ha chiesto ai repubblicani di accelerare l’approvazione di una legge che imponga severe sanzioni ai Paesi che continuano a commerciare con la Russia senza sostenere Kiev. Il provvedimento prevede dazi fino al 500% sulle merci importate da Stati come India e Cina.

A riferirlo è stato il senatore Lindsey Graham, stretto alleato di Trump, che ha raccontato come la proposta sia stata discussa informalmente durante un incontro sul campo da golf. L’obiettivo dell’amministrazione americana è quello di aumentare la pressione su Mosca e isolarla economicamente.

Dal Cremlino, però, è arrivata l’ennesima risposta secca. “Le sanzioni sono un’arma a doppio taglio. Più saranno gravi, più dura sarà la risposta russa,” ha dichiarato Dmitry Peskov, tornando a escludere ogni trattativa imposta con la forza.

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